venerdì 22 novembre 2013

ritorno


Quanto spinge la sete di potere, la curiosità, il dolore sordo che cerca una via d’uscita, un interesse che neppure si conosce se onesto o dettato dalla solitudine. “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare…” cantava Luigi Tenco, distruggendo “castelli inargentati” e illusioni fantastiche, tragicamente, troppo sensibile per questa vita, che tuttavia è l’unica.
Mi sono sempre stupito di vedere gli altri come formichine spinte da piccole e scoperte pulsioni, anche i migliori, anche quelli che meritano ammirazione e rispetto. Toccato sul vivo, quasi nessuno resiste, e crolla come ogni cosa umana. E pure io, che osservatore non sono, ma attore e piccolo insetto come tutti, fingo nobiltà e nascondo miserie, e mi scopro piccolo, cedendo ruoli antichi che sembravano granitici.
Dovrei accettare umiltà ed “abbassarmi”, perché è il solo modo per rafforzarmi.

Si può proiettare al di fuori la propria forza, quella che resta, donarla agli altri, oppure cercare di conservarla perdendola, perché in ogni caso si perderà, prima o poi. Il cammino iniziato pochi o molti anni prima ha una sola meta conscia o inconscia, l’inizio di tutto, l’origine. Che sia la nostalgia, o forse l’innocenza perduta o ancora l’onnipotenza che pian piano, scelta dopo scelta, si è ridotta all’oggi non saprei dire. Non dovremmo mai interrompere nessun rapporto, non dovremmo star lontani da alcun luogo, né tornare sui nostri passi, pena il confronto tra quello che era e quello che è.
Io rimpiango, da stupido, un ristorante di Verona chiuso da anni per motivi di igiene credo, perché era veramente lurido, e la cucina ad alto rischio. Eppure quando non l’ho più visto aperto, ed ho visto quei portoni sbarrati, ho provato infantile scoramento.
Quella spiaggia pochi anni prima libera adesso è occupata da ombrelloni, col rumore del mare coperto da inutile musica, non è più quel luogo, non esiste più.
E quelle persone ora non sono come le ricordo ma sono invecchiate. Non le ho viste per un po’, ed è successo.
In realtà, poi, il discorso può riprendere, se non si sono commessi errori gravi, se si trova pietà in chi ci ascolta e ci perdona, e sembra di essere ancora quelli di allora. Ma non è più così.

Il ritorno all’inizio è negato a tutti, possiamo solo andare avanti, e forse allora i luoghi possono sempre essere nuovi, questo lo capisco, ma non le persone. Non si sostituiscono le persone. Anche se ci si allontana nessuno ha il diritto di trovare supplenti, magari più giovani e pieni di vita, portatori di nuove energie. Si rischia il patetico ed il ridicolo, perché solo le eccezioni in questo caso risultano vincenti, non certo la maggioranza delle scelte di questo tipo. Ma poi, in ogni caso, che ho da insegnare io che gli altri non abbiano già capito ben prima di me…

Foto da: Le fate ignoranti, di Ferzan Özpetek
                                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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