Finire dall’inizio non è
esattamente come iniziare dalla fine, è il suo opposto logico e non ha nulla a
che fare con un ossimoro; semplicemente lo ricorda per la dissonanza di
significato che esiste tra inizio e fine.
Eppure voglio cercare di
capire uno dei possibili (ma impossibili) significati esistenziali di questa
ipotesi fantastica, o da fantascienza.
Se fossimo stati presenti
all’inizio, intendo il vero inizio di ogni cosa, ora avremmo in mano le
risposte finali, ma così non è stato ed ora è tardi per tornare a quel momento,
quindi ecco che si contrappongono le interpretazioni, le fedi, le scienze, i
miti e le mistificazioni create ad arte per scopi che tutto possono essere
tranne che onesti.
La filosofia e la teologia
indagano nel profondo di noi, altre discipline più “esatte” indagano la fisica e
la chimica della materia e del nostro vivere, della vita e della non vita,
trovando che il confine si allontana sempre più dalle nostre possibilità di
indagine.
Alla fine si vede
esattamente quello che si vuole vedere, quello che si è programmati per vedere,
quello che si è educati a vedere, e sicuramente non si vede tutto, ma una parte
minima di quello che pure ci circonda. Per alcuni si è sensibili, perché si
vede quello che loro vedono, per altri egoisti, cioè non percepiamo il loro
mondo, quindi il loro dolore o la loro gioia. E poi si muta, come tutti, si
cambia, ci si allarga o ci si rinchiude.
Noi non vediamo come tutti,
ma scegliamo solo alcune immagini. E questo per restare tra gli umani.
Immaginare come vede il mondo un cane, un gatto, un canarino o un criceto è
impossibile, richiede sensi che non abbiamo o non abbiamo sviluppati allo
stesso modo. Siamo diversi.
La neurobiologia è
affascinante, trova alcune risposte e apre nuovi dubbi, quando studia i
recettori di senso. Pare che l’occhio di un predatore non sia semplicemente una
sorta di antenna passiva che riceve impulsi visivi, immagini cioè. No, le
immagini se le sceglie. Il predatore proprio non vede ciò che non è preda o
pericolo diretto, non vede ciò che non lo interessa. Il suo occhio cioè è selettivo, e da questa capacità di
selezionare e di non distrarsi dipende la sopravvivenza dell’animale.
Ti suggerisco un esercizio
facile. Prova ad immaginare di essere un’altra persona, ed entrare nei panni (o
nella mente e negli occhi) di un tifoso allo stadio, di una suora, di uno
storico dell’arte, di un bambino che ha fame, di un ragazzo sotto tempesta
ormonale, di una madre subito dopo il parto… e ovviamente puoi aggiungere
qualsiasi altra situazione o persona. Potrebbe essere utile, non per arrivare
all’inizio o alla fine di tutto, ma solo per riflettere un po’ sul presente e
sul dove siamo arrivati.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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