mercoledì 20 novembre 2013

Finire dall’inizio


Finire dall’inizio non è esattamente come iniziare dalla fine, è il suo opposto logico e non ha nulla a che fare con un ossimoro; semplicemente lo ricorda per la dissonanza di significato che esiste tra inizio e fine.
Eppure voglio cercare di capire uno dei possibili (ma impossibili) significati esistenziali di questa ipotesi fantastica, o da fantascienza.
Se fossimo stati presenti all’inizio, intendo il vero inizio di ogni cosa, ora avremmo in mano le risposte finali, ma così non è stato ed ora è tardi per tornare a quel momento, quindi ecco che si contrappongono le interpretazioni, le fedi, le scienze, i miti e le mistificazioni create ad arte per scopi che tutto possono essere tranne che onesti.

La filosofia e la teologia indagano nel profondo di noi, altre discipline più “esatte” indagano la fisica e la chimica della materia e del nostro vivere, della vita e della non vita, trovando che il confine si allontana sempre più dalle nostre possibilità di indagine.
Alla fine si vede esattamente quello che si vuole vedere, quello che si è programmati per vedere, quello che si è educati a vedere, e sicuramente non si vede tutto, ma una parte minima di quello che pure ci circonda. Per alcuni si è sensibili, perché si vede quello che loro vedono, per altri egoisti, cioè non percepiamo il loro mondo, quindi il loro dolore o la loro gioia. E poi si muta, come tutti, si cambia, ci si allarga o ci si rinchiude.
Noi non vediamo come tutti, ma scegliamo solo alcune immagini. E questo per restare tra gli umani. Immaginare come vede il mondo un cane, un gatto, un canarino o un criceto è impossibile, richiede sensi che non abbiamo o non abbiamo sviluppati allo stesso modo. Siamo diversi.
La neurobiologia è affascinante, trova alcune risposte e apre nuovi dubbi, quando studia i recettori di senso. Pare che l’occhio di un predatore non sia semplicemente una sorta di antenna passiva che riceve impulsi visivi, immagini cioè. No, le immagini se le sceglie. Il predatore proprio non vede ciò che non è preda o pericolo diretto, non vede ciò che non lo interessa. Il suo occhio cioè è selettivo, e da questa capacità di selezionare e di non distrarsi dipende la sopravvivenza dell’animale. 
Ti suggerisco un esercizio facile. Prova ad immaginare di essere un’altra persona, ed entrare nei panni (o nella mente e negli occhi) di un tifoso allo stadio, di una suora, di uno storico dell’arte, di un bambino che ha fame, di un ragazzo sotto tempesta ormonale, di una madre subito dopo il parto… e ovviamente puoi aggiungere qualsiasi altra situazione o persona. Potrebbe essere utile, non per arrivare all’inizio o alla fine di tutto, ma solo per riflettere un po’ sul presente e sul dove siamo arrivati.

                                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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