domenica 17 novembre 2013

Nicole

La paura della profondità dà le vertigini per lo spazio immenso che ci sta sotto, oppure deriva da incubi che ci trasciniamo dall’infanzia e che materializziamo in strani mostri che spuntano dagli abissi per azzannarci.

Nicole torna verso casa con lo zainetto in spalla, cammina sul lato della strada e fa attenzione alle auto che passano. Abita poco fuori dal paese, a neppure un chilometro dall’edificio scolastico, e sei giorni su sette, nel periodo scolastico, si potrebbe regolare l’orologio al suo passaggio.
Martedì del primo di ottobre esce di scuola alla stessa ora, si incammina come tutte le altre volte verso casa, ma non ci arriva né alle 13 e12 e neppure un po’ più tardi. Non ci arriva per nulla.

La madre guarda la strada, stupida di non vederla, e aspetta. Poi esce sull’uscio, e aspetta fissando il percorso abituale della figlia. Rientra e dieci minuti dopo telefona a Miriam, ma madre della compagna di banco, per sapere se ci sono novità: nessuna, un giorno come un altro, Angelica è arrivata da poco.
Ancora quindici minuti e la cosa diventa tragicamente chiara per la madre. Nicole è sparita. Inizia ad agitarsi ed a telefonare, così tutta la macchina lentamente si mette in moto, prima senza crederci molto, ma poi con sempre maggior convinzione.

A sera, verso le venti, il rapimento è evidente a tutti, amici e polizia, e non è un rapimento per chiedere un riscatto, perché la madre di Nicole non è ricca, possiede solo la casa, e lavora come segretaria presso un avvocato del paese. no, è peggio, anche se nessuno ancora ha il coraggio di dirlo.

L’uomo passa in auto, si è perso cercando un cliente ed intanto pensa a quella puttana della moglie che lo tradisce e crede che lui non se ne sia accorto, ma a lui lei non interessa più da tanti anni, e la lascia fare, purché non lo infastidisca. E’ invecchiata ed ha perso quell’aria da bambina che tanto tempo prima l’aveva fatto innamorare. Lui ora pensa a fare un po’ di soldi e si foga con prostitute sempre più giovani, quando può.
Quella ragazzina sulla strada, da sola, gli fa scattare un’idea folle, improvvisa. Accosta, apre la portiera e con una scusa le chiede se quella è la strada giusta per xxx, aprendo una cartina. Quando lei si avvicina è rapidissimo a tirarla dentro ed a tapparle la bocca con la mano. Poi chiude la portiera e parte veloce, con la ragazzina terrorizzata a fianco, che non sa emettere un suono e non riesce a fuggire. È paralizzata.

Guida cercando di non correre. Si allontana, cerca un posto adatto, isolato ma non da dare nell’occhio. In poco tempo arriva ad una prima curva che la strada compie prima di iniziare a salire verso la montagna. Poco più su inizia il bosco, e forse troverà un posto adatto. Alla prima piazzola ferma l’auto, si guarda attorno, prende un rotolo di nastro adesivo da pacchi usato pochi giorni prima e fa cenno alla ragazzina ci scendere, portando il suo zainetto. È il posto adatto, anche se non sa ancora a cosa, ma è eccitato e non ragiona in modo cosciente. Il cuore batte veloce. Vede una baracca, che prima non si notava, e tenendo per la mano la bambina va in quella direzione. La porta e solo accostata, dentro c’è sporco, ma lì nessuno li potrà vedere. Il cellulare vibra. Risponde meccanicamente. Impossibile evitare l’impegno che gli viene comunicato, è urgente e non può sottrarsi.  Col rotolo di nastro adesivo che pensava di usare solo per chiuderle la bocca se avesse iniziato ad urlare ora la blocca, prima le mani, poi i piedi, poi la bocca. I suoi occhi sono aperti e terrorizzati, ma lei non riesce a piangere.  Lui controlla di nuovo che non possa muoversi. La blocca ad un palo con altro nastro adesivo, poi esce e la lascia lì, perché ora ha una cosa urgente da fare, ne va del suo lavoro per i prossimi anni.

Ritorna sulla strada percorsa evitando però il paese, e raggiunge il bivio al quale aveva sbagliato strada. Ora deve fare in fretta, ma si sbrigherà in poco tempo. Poi tornerà alla baracca. O almeno questo è quello che pensa. Accelerando oltre i limiti per fare prima il chiodo da carpentiere che si era infilato nello pneumatico anteriore sinistro durante la sua sosta in quella piazzola si sfila e spacca la gomma facendolo sbandare un po’ verso il centro della carreggiata. Sarebbe stata cosa da nulla, e avrebbe potuto accostare benissimo rallentando e frenando se in quel momento non fosse transitato sull’altra corsia di marcia un autocarro che non aveva potuto evitare l’impatto, visto che sulla sua destra c’èra un muro in cemento. L’uomo muore senza neppure capire esattamente cosa gli sta succedendo.

Verso le otto di sera è già buio, Marcel ferma la sua vecchia Citroen sulla piazzola e si dirige sicuro verso la baracca dove gli hanno nascosto la roba. Non crede ai suoi occhi quando trova la ragazzina, legata come un salame, e gli punta sul viso la luce della torcia. Lei chiude gli occhi, accecata, ma lui, superata la sorpresa, la libera poco a poco dal nastro adesivo, senza più puntarle in faccia la luce, e la fa alzare.
La consola, l’accompagna nella sua auto, le offre una coperta che tiene sul sedile posteriore, si dimentica della roba e si fa spiegare dove abita. Meno di venti minuti dopo Nicole scende dall’auto che riparte senza fermarsi, ma ora è a pochi passi da casa sua, ed anche se è buio sa trovare la porta.

La paura deriva da un nostro atavico istinto di sopravvivenza, e gli strani mostri non esistono. Esistono solo persone sbagliate e persone giuste. A volte poi anche le persone sbagliate fanno le cose giuste.

 Clausola vessatoria, volutamente scritta in caratteri minuscoli – Sono consapevole che la storia ha un certo lieto fine, come se una sorta di Divina Provvidenza Manzoniana Laica  (DPML) sorvegliasse e disponesse, organizzasse e facesse giustizia, attraverso le sue vie. Nella realtà il lieto fine è solo occasionale, e in molte storie parallele e più probabili Nicole sarebbe stata ritrovata senza vita giorni dopo, vittima di un uomo sconosciuto, impunito, e apparentemente del tutto normale nella sua meschinità e vigliaccheria assassina. Una madre avrebbe vissuto l’inferno e l’ingiustizia in Terra, e nessun tossico o spacciatore avrebbe fatto un gesto generoso, col rischio di farsi scoprire. Ma è solo una storia, non dargli importanza più di quella che ha, considerala solo un’occasione per riflettere sul tema conduttore e per fare in modo che si riducano, nella vita reale, questi delitti.

                                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

2 commenti:

  1. dicono che le favole a lieto fine siano utili ai ambini perchè li aiutano ad affrontare e superare le paure. Io nn sono più una bambina, ma preferisco cmq le storie a lieto fine. Forse perchè so che la realtà spesso è più crudele, almeno nelle storie mi piace leggere che il male nn sempre la fa da padrone ;-) annamaria (annadercole969)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Noi non possiamo controllare la vita, se non in minima parte, Annamaria. Un film, un racconto, un romanzo o una fantasia invece possono essere "guidati". Io ho sfruttato questa possibilità. Non sopporto la violenza, anche se so che esiste, quindi...
      Silvano C.

      Elimina

I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.

Post più popolari di sempre

Post più popolari nell'ultimo anno

Post più popolari nell'ultimo mese

Post più popolari nell'ultima settimana