La paura della profondità
dà le vertigini per lo spazio immenso che ci sta sotto, oppure deriva da incubi
che ci trasciniamo dall’infanzia e che materializziamo in strani mostri che
spuntano dagli abissi per azzannarci.
Nicole torna verso casa con
lo zainetto in spalla, cammina sul lato della strada e fa attenzione alle auto
che passano. Abita poco fuori dal paese, a neppure un chilometro dall’edificio
scolastico, e sei giorni su sette, nel periodo scolastico, si potrebbe regolare
l’orologio al suo passaggio.
Martedì del primo di ottobre
esce di scuola alla stessa ora, si incammina come tutte le altre volte verso
casa, ma non ci arriva né alle 13 e12 e neppure un po’ più tardi. Non ci arriva
per nulla.
La madre guarda la strada,
stupida di non vederla, e aspetta. Poi esce sull’uscio, e aspetta fissando il
percorso abituale della figlia. Rientra e dieci minuti dopo telefona a Miriam,
ma madre della compagna di banco, per sapere se ci sono novità: nessuna, un
giorno come un altro, Angelica è arrivata da poco.
Ancora quindici minuti e la
cosa diventa tragicamente chiara per la madre. Nicole è sparita. Inizia ad
agitarsi ed a telefonare, così tutta la macchina lentamente si mette in moto,
prima senza crederci molto, ma poi con sempre maggior convinzione.
A sera, verso le venti, il
rapimento è evidente a tutti, amici e polizia, e non è un rapimento per
chiedere un riscatto, perché la madre di Nicole non è ricca, possiede solo la
casa, e lavora come segretaria presso un avvocato del paese. no, è peggio,
anche se nessuno ancora ha il coraggio di dirlo.
L’uomo passa in auto, si è
perso cercando un cliente ed intanto pensa a quella puttana della moglie che lo
tradisce e crede che lui non se ne sia accorto, ma a lui lei non interessa più
da tanti anni, e la lascia fare, purché non lo infastidisca. E’ invecchiata ed
ha perso quell’aria da bambina che tanto tempo prima l’aveva fatto innamorare.
Lui ora pensa a fare un po’ di soldi e si foga con prostitute sempre più
giovani, quando può.
Quella ragazzina sulla
strada, da sola, gli fa scattare un’idea folle, improvvisa. Accosta, apre la
portiera e con una scusa le chiede se quella è la strada giusta per xxx,
aprendo una cartina. Quando lei si avvicina è rapidissimo a tirarla dentro ed a
tapparle la bocca con la mano. Poi chiude la portiera e parte veloce, con la
ragazzina terrorizzata a fianco, che non sa emettere un suono e non riesce a
fuggire. È paralizzata.
Guida cercando di non
correre. Si allontana, cerca un posto adatto, isolato ma non da dare
nell’occhio. In poco tempo arriva ad una prima curva che la strada compie prima
di iniziare a salire verso la montagna. Poco più su inizia il bosco, e forse
troverà un posto adatto. Alla prima piazzola ferma l’auto, si guarda attorno,
prende un rotolo di nastro adesivo da pacchi usato pochi giorni prima e fa
cenno alla ragazzina ci scendere, portando il suo zainetto. È il posto adatto,
anche se non sa ancora a cosa, ma è eccitato e non ragiona in modo cosciente.
Il cuore batte veloce. Vede una baracca, che prima non si notava, e tenendo per
la mano la bambina va in quella direzione. La porta e solo accostata, dentro
c’è sporco, ma lì nessuno li potrà vedere. Il cellulare vibra. Risponde
meccanicamente. Impossibile evitare l’impegno che gli viene comunicato, è
urgente e non può sottrarsi. Col rotolo
di nastro adesivo che pensava di usare solo per chiuderle la bocca se avesse
iniziato ad urlare ora la blocca, prima le mani, poi i piedi, poi la bocca. I
suoi occhi sono aperti e terrorizzati, ma lei non riesce a piangere. Lui controlla di nuovo che non possa
muoversi. La blocca ad un palo con altro nastro adesivo, poi esce e la lascia
lì, perché ora ha una cosa urgente da fare, ne va del suo lavoro per i prossimi
anni.
Ritorna sulla strada
percorsa evitando però il paese, e raggiunge il bivio al quale aveva sbagliato
strada. Ora deve fare in fretta, ma si sbrigherà in poco tempo. Poi tornerà
alla baracca. O almeno questo è quello che pensa. Accelerando oltre i limiti
per fare prima il chiodo da carpentiere che si era infilato nello pneumatico
anteriore sinistro durante la sua sosta in quella piazzola si sfila e spacca la
gomma facendolo sbandare un po’ verso il centro della carreggiata. Sarebbe
stata cosa da nulla, e avrebbe potuto accostare benissimo rallentando e
frenando se in quel momento non fosse transitato sull’altra corsia di marcia un
autocarro che non aveva potuto evitare l’impatto, visto che sulla sua destra
c’èra un muro in cemento. L’uomo muore senza neppure capire esattamente cosa
gli sta succedendo.
Verso le otto di sera è già
buio, Marcel ferma la sua vecchia Citroen sulla piazzola e si dirige sicuro
verso la baracca dove gli hanno nascosto la roba. Non crede ai suoi occhi
quando trova la ragazzina, legata come un salame, e gli punta sul viso la luce
della torcia. Lei chiude gli occhi, accecata, ma lui, superata la sorpresa, la
libera poco a poco dal nastro adesivo, senza più puntarle in faccia la luce, e
la fa alzare.
La consola, l’accompagna
nella sua auto, le offre una coperta che tiene sul sedile posteriore, si
dimentica della roba e si fa spiegare dove abita. Meno di venti minuti dopo
Nicole scende dall’auto che riparte senza fermarsi, ma ora è a pochi passi da
casa sua, ed anche se è buio sa trovare la porta.
La paura deriva da un
nostro atavico istinto di sopravvivenza, e gli strani mostri non esistono. Esistono
solo persone sbagliate e persone giuste. A volte poi anche le persone sbagliate
fanno le cose giuste.
Clausola vessatoria, volutamente scritta in caratteri minuscoli – Sono consapevole che la storia ha un certo lieto fine, come se una sorta di Divina Provvidenza Manzoniana Laica (DPML) sorvegliasse e disponesse, organizzasse e facesse giustizia, attraverso le sue vie. Nella realtà il lieto fine è solo occasionale, e in molte storie parallele e più probabili Nicole sarebbe stata ritrovata senza vita giorni dopo, vittima di un uomo sconosciuto, impunito, e apparentemente del tutto normale nella sua meschinità e vigliaccheria assassina. Una madre avrebbe vissuto l’inferno e l’ingiustizia in Terra, e nessun tossico o spacciatore avrebbe fatto un gesto generoso, col rischio di farsi scoprire. Ma è solo una storia, non dargli importanza più di quella che ha, considerala solo un’occasione per riflettere sul tema conduttore e per fare in modo che si riducano, nella vita reale, questi delitti.
Clausola vessatoria, volutamente scritta in caratteri minuscoli – Sono consapevole che la storia ha un certo lieto fine, come se una sorta di Divina Provvidenza Manzoniana Laica (DPML) sorvegliasse e disponesse, organizzasse e facesse giustizia, attraverso le sue vie. Nella realtà il lieto fine è solo occasionale, e in molte storie parallele e più probabili Nicole sarebbe stata ritrovata senza vita giorni dopo, vittima di un uomo sconosciuto, impunito, e apparentemente del tutto normale nella sua meschinità e vigliaccheria assassina. Una madre avrebbe vissuto l’inferno e l’ingiustizia in Terra, e nessun tossico o spacciatore avrebbe fatto un gesto generoso, col rischio di farsi scoprire. Ma è solo una storia, non dargli importanza più di quella che ha, considerala solo un’occasione per riflettere sul tema conduttore e per fare in modo che si riducano, nella vita reale, questi delitti.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
dicono che le favole a lieto fine siano utili ai ambini perchè li aiutano ad affrontare e superare le paure. Io nn sono più una bambina, ma preferisco cmq le storie a lieto fine. Forse perchè so che la realtà spesso è più crudele, almeno nelle storie mi piace leggere che il male nn sempre la fa da padrone ;-) annamaria (annadercole969)
RispondiEliminaNoi non possiamo controllare la vita, se non in minima parte, Annamaria. Un film, un racconto, un romanzo o una fantasia invece possono essere "guidati". Io ho sfruttato questa possibilità. Non sopporto la violenza, anche se so che esiste, quindi...
EliminaSilvano C.