sabato 9 novembre 2013

Come avviene che infine Aristide Perineo smette di stupirsi


Un primo segnale di avvertimento lo ebbe moltissimi anni fa, ma lui non ci fece alcun caso, anzi, raccontò spesso quell’episodio come aneddoto della sua vita per molti versi normale e per nulla degna di nota, come episodio semplicemente farsesco e singolare al contempo, come argomento da leggerezza conviviale.
Avvenne in questo modo: Aristide guidava l’auto senza eccessiva fretta ma sicuramente un po’ distratto così, quando l’auto che lo precedeva frenò senza motivo apparente lui, come da manuale, la tamponò. Ma per la miseria, come mai ha frenato se non c’era motivo di farlo? La strada è libera, nessuno passa sulle strisce pedonali, solo un’edicola all’angolo, che ovviamente non deve attraversare, e sta bene dove sta.
Il tamponamento aveva provocato pochi danni, ma ovviamente la piccola ammaccatura si vedeva, e lui scese dall’auto per vedere cosa fare. Dall’altra vettura scesero il conducente ed uno dei passeggeri. Apparivano tranquilli, anche se un po’ contrariati. In breve fu chiarissimo che la colpa era solo di Aristide per due evidenti motivi: Primo - Lui aveva tamponato e quindi la sua guida non era sufficientemente prudente. Secondo – Sull’altra auto ci stavano 4 avvocati. L’autista, la moglie ed una coppia di amici. Anche escludendo la moglie del conducente c’erano sempre due testimoni a suo sfavore.

Un secondo avvertimento gli venne ancora dalla sua guida distratta. Senza fretta alcuna stava guidando in un quartiere periferico con suo padre e suo figlio a bordo, dirigendosi ad un ristorante che avrebbe aperto solo più tardi. Discuteva del più e del meno, e non fece caso alla segnaletica modificata. Quella che sino all’ultima volta era una strada con diritto di precedenza ora, a quell’incrocio, aveva un cartello triangolare bianco bordato di rosso.
Traffico quasi nullo, in quell’ora strana della giornata, ma un’auto, guidata da una donna con suo figlio a bordo, comparve all’improvviso davanti agli occhi di Aristide. Lui andava piano, e la frenata fu brevissima, ma tardiva. Alla fine la portiera e la fiancata dell’auto investita riportarono una leggerissima strisciata, roba da nulla, ma in ogni caso visibile. Armato di pazienza tentò di tranquillizzare la donna alla guida, compilò coscienziosamente la constatazione amichevole di sinistro, verificò che nessuno aveva subito alcun danno personale (a parte l’ovvio spavento, anche se un po’ esagerato da parte della ignora, forse timorosa per il figlio che in ogni caso stava bene) e, per scrupolo e prudenza, avendo la fotocamera, fece varie foto del danno. Intervenne pure il marito della donna, visto che loro abitavano poco distante, ma Aristide si assunse ogni responsabilità e si scusò del contrattempo, consegnando il modulo compilato correttamente in ogni sua parte a conferma della sua buona fede.
Il giorno dopo consegnò la dichiarazione di incidente alla sua assicurazione, pensò che burocraticamente la cosa fosse finita lì e che avrebbe solo avuto un aggravio del premio annuale da pagare. Errore. Alcuni giorni dopo ricevette una lettera di una agenzia recupero crediti o giù di lì abbastanza minacciosa nei toni che chiedeva, a nome del suo assistito, piena soddisfazione per i danni subiti. Ad Aristide la cosa sembrò decisamente esagerata ed offensiva. Si recò presso la sua agenzia e cercò di capire cosa stesse succedendo e poi, con iniziativa personale, scrisse al proprietario dell’auto investita che lui non era fuggito per non pagare il danno, che aveva seguito tutte le procedure per ammettere le sue responsabilità, che possedeva prove fotografiche del lieve sinistro provocato e che riteneva del tutto inutile e pure un po’ minacciosa la lettera dell’agenzia a difesa di un diritto che lui per primo aveva riconosciuto e sottofirmato. La cosa non ebbe ulteriori seguiti legali.

Il terzo avvertimento riguarda una situazione condominiale. Aristide si trova a vivere in un appartamento che appartiene ad un complesso oggetto di sequestro in seguito a fallimento. Situazione pesantissima, ovviamente. In questo difficile e lungo periodo uno degli appartamenti è occupato quasi semiabusivamente ma con copertura di un notaio coinvolto nel fallimento da un personaggio solare ed esuberante, dedito a vita spensierata, che organizza spesso feste e che ama le auto di grossa cilindrata, ma che non ama le spese condominiali comuni, e neppure ama pagare il consumo dell’acqua che parte da un contatore comune ma che poi ha singoli contatori per ogni unità immobiliare. Per farla breve, stanco di pagare per questo personaggio, l’ingenuo Aristide mette un avviso nell’ingresso invitando tutti a farsi carico delle loro spese individuali, e facendo il nome del refrattario a tali obblighi.
Errore gravissimo. Un avvocato di sinistra, esponente di spicco del partito a livello locale, spesso nelle cronache per le sue posizioni avanzate in difesa della verità e della giustizia, amico personale del simpatico evasore condominiale, manda una dura e laconica lettera su carta intestata del suo studio al malcapitato calunniatore signor Perineo, spiegando come il suo assistito non abbia alcuna intenzione di non pagare le spese e che pertanto, a scanso di ulteriori conseguenze, il Perineo debba scusarsi e sospendere da quel momento in poi qualsiasi azione atta a infangare il buon nome del signor xxx. Perineo capisce l’antifona, e il signor xxx, circa un anno dopo, si trasferirà senza aver mai pagato una sola volta le spese comuni o quelle legate al suo consumo personale.

L’ultimo avvertimento è di questi giorni. Aristide è un professore, conosciuto e tutto sommato abbastanza stimato, senza particolari meriti se non una certa dedizione al proprio lavoro, che è sottopagato e sicuramente non è una missione come alcuni pensano, ma resta oggettivamente un lavoro bello e gratificante, creativo e con un contatto costante con tanti giovani ragazzi e con le loro energie vitali. A volte pensa di essere non un insegnante che offre la propria capacità, ma un parassita che ricava forza dalla loro giovinezza, e che riceve spesso più di quello che da. È vero che recentemente i rapporti stanno mutando, che il ruolo dell’insegnante è sempre più oggetto di critiche, che il riconoscimento sociale è sempre più basso e che non di rado ha a che fare con genitori molto più problematici dei figli, ma ancora nutre illusioni e speranze.
Un mattino, visto che certe cose le sa vedere e non gli sfuggono, nota un ragazzo di una classe non sua che armeggia con un cellulare. Sa cosa potrebbe significare e quindi, appena iniziata la prima ora, lascia per pochi minuti la sua classe alla sorveglianza di un bidello e si reca nell’aula del ragazzo. Chiede scusa al collega, fa alzare l’alunno e gli chiede se per caso ha il cellulare acceso in classe, cosa vietata dal regolamento dell’Istituto. Prima il ragazzo nega, poi cede e mostra il cellulare, spegnendolo nel momento stesso in cui lo fa vedere. Aristide, senza perdere tempo, prende il cellulare e lo deposita sulla cattedra del collega, affidando a questo la composizione del caso, visto che i fatti non hanno bisogno di spiegazioni e che il regolamento è noto a tutti.
Non passa molto che il Dirigente convoca Aristide, gli spiega che c’è un reclamo pesante che lo coinvolge e che potrebbe comportare una denuncia, ma non gli offre alcuna spiegazione particolare, facendogli vivere diversi giorni decisamente poco rilassanti. Il giorno stabilito il Dirigente, assiso come giudice, a capotavola in biblioteca, tre docenti da una parte e alcuni genitori dall’altra, legge una lettera di un avvocato che, a nome di alcuni genitori, stigmatizza il comportamento di tre docenti uno dei quali è Aristide. Quest’ultimo avrebbe sequestrato un cellulare senza averne alcun diritto, perquisendo un alunno, cosa assolutamente proibita, e senza alcuna motivazione. Aristide alla fine capisce.
Quell’idiota di dirigente non ha neppure pensato di condurre un minino di indagine per stabilire come sono andati in realtà i fatti.
Quell’idiota di ragazzino, che è l'unico che si possa giustificare data la sua età e che dai genitori spesso le prende perché sono professionisti senza tempo da perdere, ha inventato una balla per motivare un'iniziativa della scuola e nascondere la sua responsabilità (in sostanza una normalissima ragazzata, neppure troppo grave).
Quegli idioti di genitori hanno pensato bene di rivolgersi ad un avvocato ancora prima di chiedere spiegazioni ad insegnanti o dirigente. 
Ora Aristide non si stupisce più se al mondo la banalità dell’idiozia ha tanto credito, e getta la spugna, sconfitto.
                                                                                    Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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