Duecentoquindici era
preoccupato perché il raccolto di patate a Querciolano mica era andato bene. Lui ce lo aveva
detto a loro, ma quelli nulla, niente, nisba. Quel gran spaccone di Quarantadue
era convinto di sapere tutto, ma neanche lui aveva ricavato molto dal suo
campo.
E
la conferma gli arrivò il giorno dopo quando si recò col suo magro e rinsecchito sacco da quella vecchia arpia di Novanta per la
pesa.
Quella
aveva messo tutto sul bilancione ed aveva sentenziato: “chilogrammi: … due
chilogrammi e quaranta!”
Poco,
non sarebbe bastato per l’inverno, perlamìscopa, ed adesso?
Adesso
c’era molto da fare, ma occorreva un’idea. La comunità era in fermento, Uno
non aveva memoria di una uguale crisi in passato, e se non ricordava lui,
nessun altro avrebbe potuto. Cosa doveva dire ai suoi?
Vivevano
nella zona di Forlì da tempo immemorabile, sin dalla grande caduta del vecchio
platano, e gli abitanti del luogo non avevano procurato loro mai nessuna noia,
in verità anche per il fatto che non si erano mai accorti di quei loro
minuscoli vicini. Ed ora? Senza una sufficiente scorta di patate non avrebbero
potuto resistere che pochi mesi.
Ventinove chiese udienza al
vecchio capo, e gli espose l’idea che aveva maturato in quelle notti. In breve,
secondo lui, avevano davanti a loro solo una via: andarsene a cercare un nuovo
luogo da colonizzare, adatto alla crescita delle patate, abbandonando per
sempre la loro amata quercia di Querciolano. Prima avrebbero dovuto fare scorte
per il viaggio, andando a prelevare le patate che a loro servivano dal
verduraio locale. A capo della spedizione si sarebbe messo Seicento,
un po’ teppista, è vero, ma pure abbastanza irresponsabile da buttarsi in ogni
impresa rischiosa per il solo gusto di farsi notare dalla ragazze. Ventinove infatti non ignorava i rischi
della cosa, ma era sicuro che una volta prese le poche patate che a loro
servivano nessun umano si sarebbe mai accorto del furto, oppure avrebbe
pensato ai topi.
Subito dopo avrebbero dovuto
mettersi in viaggio verso nord, dove le patate crescono abbondanti, da sole, o
nella Val di Sole, ecco, questo particolare un po’ non gli era chiaro, ma
comunque al nord dovevano andare.
Uno lo ascoltò sempre più
perplesso e dubbioso, ma si rese conto che il giovane non diceva corbellerie, e
gli chiese cosa suggeriva come meta, se si fosse arrivati alla decisione di
partire. Ventinove spiegò che Querciolano in Corsica non andava bene. Il mare
era un problema enorme da superare. La città di Leccio era in Toscana, verso
sud insomma, non andava bene. Farnese, nel Lazio, ancora peggio, nulla da fare.
Restavano Cerro
Maggiore, a nord, in Lombardia e Rovereto, sempre a nord, ma in Trentino, la
terra della mitica Val di Sole.
-
E quindi cosa suggerisci?- gli fece sempre più incuriosito ma ormai quasi
convinto Uno. La conclusione del ragionamento di Ventinove era chiara: Rovereto!
Lungo la strada avrebbero potuto anche far sosta a palazzo Roverella, a
Ferrara, per poi riprendere il loro viaggio.
Uno ringraziò Ventinove, e
gli disse che ci avrebbe pensato seriamente a quello che gli aveva detto, e che
ne avrebbe parlato con i suoi consiglieri.
La sera stessa il vecchio
capo convocò Novanta,
la vecchia e saggia economa nonché pesatrice ufficiale, e Settantotto, la prostituta buona che cercava di
alleviare come poteva le pene di vita di tutti quelli che la cercavano, e che
aveva una conoscenza profonda dell’animo. A loro due, delle quali si fidava
molto più che di se stesso, ritenendosi un po’ rincoglionito dagli anni, espose
la questione e la possibile soluzione. Discussero a lungo, per ore, a volte
demoralizzati, altre volte ottimisti sul successo finale, e poi votarono. Novanta e Settantotto erano a favore dell’idea di Ventinove,
Uno contrario, anche se con dubbi. L’ultima parola spettava a Uno, ma lui
decise che le sue consigliere avevano una testa che funzionava come si deve, e
della sua non si fidava più, e la decisione fu quella, che divenne anche la
sua. Tutti si sarebbero adeguati.
In
pochissimo tempo Seicento organizzo e
portò a termine con un gruppo selezionato di suoi amici la sortita nel negozio
del verduraio, procurando scorte più che abbondanti. Il successo ottenuto gli
fece ottenere l’ammirazione di tutte le donne e di non pochi uomini, e riuscì
finalmente a calmare il suo spirito ribelle. Viste le capacità dimostrate gli
venne affidato anche il lavoro di scavo della galleria (il popolo si spostava
infatti solo in quel modo), dopo che Duecentoquindici ebbe portato a termine il
calcolo esatto del percorso da tenere.
L’intero popolo si mise in
marcia quindi, avanzando lentamente ma senza soste in direzione di Ferrara,
passando sotto costruzioni e fiumi, ed arrivò in pochi mesi sotto palazzoRoverella. Qui finalmente si fece sosta, e qualcuno diede un’occhiata in giro
dal cortile del palazzo la cui costruzione risaliva al periodo di maggior splendore storico di
quella città, e poi tutti di nuovo in marcia, sempre via galleria, in direzione
Rovereto. Passare sotto il Po fu molto esaltante per il vecchio Uno, che aveva
solo sentito parlare del grande fiume, ma presto anche quella tappa del
percorso venne dimenticata.
Passarono vari mesi, ma
finalmente arrivarono a Rovereto. I calcoli di Duecentoquindici si rivelarono
perfetti al millimetro. Spuntarono esattamente in via della Terra 15, di fronte
alla chiesa di San Marco, la principale della città, in un negozio ora vuoto,
ma prima occupato da artisti, o architetti, questo a dire il vero non era chiaro.
Erano finalmente arrivati.
Risaliti in superficie si guardarono intorno mentre fuori, sulla strada e in piazza, nessuno si curava di loro. Si riposarono soddisfatti
prima di decidere dove andare a sistemarsi definitivamente con i loro piccoli
campi di patate.
Nota
dell’autore - Per esigenze
letterarie si dimenticano qui due Rovereto importanti: Rovereto sulla Secchia,
in provincia di Modena (duramente colpito dal sisma del 20 e 29 maggio 2012), e
Rovereto vicino ad Ostellato, in provincia di Ferrara.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
Un popolo che deve emigrare, quante volte, quanti popoli son emigrati per soppravvivere, quanta nostalgia ma anche quanta speranza e entusiasmo:E' nel futuro sempre che guarda l'uomo.
RispondiEliminaemigrazione, vecchie streghe e giovani prostitute ugualmente rispettate perché portatrici di saggezza, località che ricordano i nomi di querce, luoghi di una vita, il presente, il terremoto ed un posto giusto da occupare per ciascuno. un piccolo furto per necessità, anche, perché chi ruba per poter vivere non è un ladro. e pure un pò di ottimismo... ne ho bisogno io per primo, ma servirebbe a tutti. Silvano C.
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