giovedì 14 novembre 2013

Il suggerimento di Ventinove


Duecentoquindici era preoccupato perché il raccolto di patate a Querciolano mica era andato bene. Lui ce lo aveva detto a loro, ma quelli nulla, niente, nisba. Quel gran spaccone di Quarantadue era convinto di sapere tutto, ma neanche lui aveva ricavato molto dal suo campo.
E la conferma gli arrivò il giorno dopo quando si recò col suo magro e rinsecchito sacco da quella vecchia arpia di Novanta per la pesa.
Quella aveva messo tutto sul bilancione ed aveva sentenziato: “chilogrammi: … due chilogrammi e quaranta!”
Poco, non sarebbe bastato per l’inverno, perlamìscopa, ed adesso?
Adesso c’era molto da fare, ma occorreva un’idea. La comunità era in fermento, Uno non aveva memoria di una uguale crisi in passato, e se non ricordava lui, nessun altro avrebbe potuto. Cosa doveva dire ai suoi?


Vivevano nella zona di Forlì da tempo immemorabile, sin dalla grande caduta del vecchio platano, e gli abitanti del luogo non avevano procurato loro mai nessuna noia, in verità anche per il fatto che non si erano mai accorti di quei loro minuscoli vicini. Ed ora? Senza una sufficiente scorta di patate non avrebbero potuto resistere che pochi mesi.
Ventinove chiese udienza al vecchio capo, e gli espose l’idea che aveva maturato in quelle notti. In breve, secondo lui, avevano davanti a loro solo una via: andarsene a cercare un nuovo luogo da colonizzare, adatto alla crescita delle patate, abbandonando per sempre la loro amata quercia di Querciolano. Prima avrebbero dovuto fare scorte per il viaggio, andando a prelevare le patate che a loro servivano dal verduraio locale. A capo della spedizione si sarebbe messo Seicento, un po’ teppista, è vero, ma pure abbastanza irresponsabile da buttarsi in ogni impresa rischiosa per il solo gusto di farsi notare dalla ragazze.  Ventinove infatti non ignorava i rischi della cosa, ma era sicuro che una volta prese le poche patate che a loro servivano nessun umano si sarebbe mai accorto del furto, oppure avrebbe pensato ai topi.
Subito dopo avrebbero dovuto mettersi in viaggio verso nord, dove le patate crescono abbondanti, da sole, o nella Val di Sole, ecco, questo particolare un po’ non gli era chiaro, ma comunque al nord dovevano andare.
Uno lo ascoltò sempre più perplesso e dubbioso, ma si rese conto che il giovane non diceva corbellerie, e gli chiese cosa suggeriva come meta, se si fosse arrivati alla decisione di partire. Ventinove spiegò che Querciolano in Corsica non andava bene. Il mare era un problema enorme da superare. La città di Leccio era in Toscana, verso sud insomma, non andava bene. Farnese, nel Lazio, ancora peggio, nulla da fare. Restavano Cerro Maggiore, a nord, in Lombardia e Rovereto, sempre a nord, ma in Trentino, la terra della mitica Val di Sole.
- E quindi cosa suggerisci?- gli fece sempre più incuriosito ma ormai quasi convinto Uno. La conclusione del ragionamento di Ventinove era chiara: Rovereto!  Lungo la strada avrebbero potuto anche far sosta a palazzo Roverella, a Ferrara, per poi riprendere il loro viaggio.
Uno ringraziò Ventinove, e gli disse che ci avrebbe pensato seriamente a quello che gli aveva detto, e che ne avrebbe parlato con i suoi consiglieri.

La sera stessa il vecchio capo convocò Novanta, la vecchia e saggia economa nonché pesatrice ufficiale, e Settantotto, la prostituta buona che cercava di alleviare come poteva le pene di vita di tutti quelli che la cercavano, e che aveva una conoscenza profonda dell’animo. A loro due, delle quali si fidava molto più che di se stesso, ritenendosi un po’ rincoglionito dagli anni, espose la questione e la possibile soluzione. Discussero a lungo, per ore, a volte demoralizzati, altre volte ottimisti sul successo finale, e poi votarono. Novanta e Settantotto erano a favore dell’idea di Ventinove, Uno contrario, anche se con dubbi. L’ultima parola spettava a Uno, ma lui decise che le sue consigliere avevano una testa che funzionava come si deve, e della sua non si fidava più, e la decisione fu quella, che divenne anche la sua. Tutti si sarebbero adeguati.

In pochissimo tempo Seicento organizzo e portò a termine con un gruppo selezionato di suoi amici la sortita nel negozio del verduraio, procurando scorte più che abbondanti. Il successo ottenuto gli fece ottenere l’ammirazione di tutte le donne e di non pochi uomini, e riuscì finalmente a calmare il suo spirito ribelle. Viste le capacità dimostrate gli venne affidato anche il lavoro di scavo della galleria (il popolo si spostava infatti solo in quel modo), dopo che Duecentoquindici ebbe portato a termine il calcolo esatto del percorso da tenere.

L’intero popolo si mise in marcia quindi, avanzando lentamente ma senza soste in direzione di Ferrara, passando sotto costruzioni e fiumi, ed arrivò in pochi mesi sotto palazzoRoverella. Qui finalmente si fece sosta, e qualcuno diede un’occhiata in giro dal cortile del palazzo la cui costruzione risaliva al periodo di maggior splendore storico di quella città, e poi tutti di nuovo in marcia, sempre via galleria, in direzione Rovereto. Passare sotto il Po fu molto esaltante per il vecchio Uno, che aveva solo sentito parlare del grande fiume, ma presto anche quella tappa del percorso venne dimenticata.
Passarono vari mesi, ma finalmente arrivarono a Rovereto. I calcoli di Duecentoquindici si rivelarono perfetti al millimetro. Spuntarono esattamente in via della Terra 15, di fronte alla chiesa di San Marco, la principale della città, in un negozio ora vuoto, ma prima occupato da artisti, o architetti, questo a dire il vero non era chiaro.
Erano finalmente arrivati. Risaliti in superficie si guardarono intorno mentre fuori, sulla strada e in piazza, nessuno si curava di loro. Si riposarono soddisfatti prima di decidere dove andare a sistemarsi definitivamente con i loro piccoli campi di patate.



(seguito della storia, che non finisce qui...)


Nota dell’autore - Per esigenze letterarie si dimenticano qui due Rovereto importanti: Rovereto sulla Secchia, in provincia di Modena (duramente colpito dal sisma del 20 e 29 maggio 2012), e Rovereto vicino ad Ostellato, in provincia di Ferrara.

                                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

2 commenti:

  1. Un popolo che deve emigrare, quante volte, quanti popoli son emigrati per soppravvivere, quanta nostalgia ma anche quanta speranza e entusiasmo:E' nel futuro sempre che guarda l'uomo.

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    1. emigrazione, vecchie streghe e giovani prostitute ugualmente rispettate perché portatrici di saggezza, località che ricordano i nomi di querce, luoghi di una vita, il presente, il terremoto ed un posto giusto da occupare per ciascuno. un piccolo furto per necessità, anche, perché chi ruba per poter vivere non è un ladro. e pure un pò di ottimismo... ne ho bisogno io per primo, ma servirebbe a tutti. Silvano C.

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