Jannacci
parlava con i limoni. Io parlo con chi capita, e non escludo assolutamente gli
stessi limoni.
Parlo
per dire quello che mi passa per la mente. Sommergo di emozioni, se posso, chi
mi dedica un po’ di tempo. Ma devo pure trattenermi, obbligarmi ad ascoltare.
All’inizio in realtà non me ne importa molto di quello che mi si dice, poi, se
ne vale la pena, capisco che il mondo fuori da me ha dignità e bisogni
superiori ai miei, o almeno pari. Ascoltando mi rendo conto del dolore diffuso,
della gioia di un ricordo, della condivisione di un ideale. E alla fine quello
che mi indispettiva come se fosse un’intrusione mi risulta benefico.
È
un po’ come l’elogio dell’ozio senza scordare che muoversi è vita.
Parlo
per capire se quello che penso ha un senso e non è invece una costruzione
mentale astrusa e del tutto fuori dalla realtà. Mi serve ascoltarmi (meglio se
ad ascoltare c’è qualcuno però).
Parlo
da solo, mi capita. Solitamente non esprimo parole udibili, le tengo trattenute
dentro, ma qualche volta effettivamente succede.
Parlo
con te, ultimamente. Forse è normale, forse no. Ne sento il bisogno. Quando sono
solo in casa ho sempre l’impressione che tu sia in un’altra stanza. A volte
apro la porta per vedere se ci sei.
Ogni
tanto qualcuno mi ferma mentre sono fuori, e mi chiede come va. Ora riesco a
dire cose con un senso, e parlo di te, di me, di nostro figlio. A volte sono
pure spiritoso, o faccio battute. Non avrei alcuna voglia di ridere, lo
ammetto, ma qualche volta mi succede. Forse da un po’ faccio meno paura rispetto
ad alcune settimane fa, perché ne avevo la netta impressione, magari sbagliata,
certo, ma forse anche no.
Non
so se è il sole che porta la primavera anzitempo ad iniziare a sciogliere il
grande gelo, quello destinato a conservarsi in parte per sempre, ben protetto
sotto strati di vita, di azioni, di parole e di apparenze. Ormai mi è chiaro che
non posso dimenticare, me lo hanno confermato in tanti. Avevo questo timore
assurdo, le parole prima servivano ad esorcizzare questa idea che mi ero costruito.
Semplicemente è impossibile. Ora parlo per altri motivi, non più per paura.
Ora
parlo con chi mi ascolta, perché devo farlo, perché è giusto, perché qualcuno
mi cerca, perché non posso essere orso sempre. Avevo fatto una scelta, in parte
obbligata, di chiusura. Avevo sigillato uno spazio ristretto e lo difendevo con
gelosia. Non tolleravo intrusioni. Sbagliavo, ovviamente, ma prima mi serviva. Parlavo
con te e mi bastava. Parlavo con te e pochissimi altri, e non cercavo nulla di diverso.
Domani compro quel
contagocce. Lo sgabello per il bagno lo metto vicino al termosifone sopra. Che preparo
per cena? Hanno telefonato? Mentre tu riposi io esco a fare due passi. Non spostare
quell’asciugamano. Cambiamo lo spazzolino? Non starmi davanti. Hai chiamato? Ha
telefonato tua sorella? Domani usciamo, senza storie. Sono tornato, ho preso
tutto, vieni a vedere? Io non ce la faccio più. O gli parli tu oppure mi
arrabbio sul serio. Buonanotte.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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