martedì 30 agosto 2011

non posso non dirmi femminista


Da bambino ho vissuto in un ambiente di campagna, con coetanee tutte femmine, mentre i maschi o erano più grandi, e non mi vedevano neppure, o erano molto più piccoli, ed allora ero io che non li vedevo. Ho imparato così ad apprezzare le bambine, e a trattarle alla pari, perché mi piacevano di più i giochi che facevano loro e perché se c’era da menare le mani non si tiravano indietro.
Poi ho vissuto gli anni dell’adolescenza più vicino ai maschi, tra  razzismi infantili ed idiozie, sentendomi un diverso, cercando di integrarmi ma senza mai riuscirci sino in fondo, senza capire nulla di calcio - che esulava ed esula ancora oggi dai miei interessi - senza avere passioni per sport estremi o per motori, senza saperci in fondo mai fare con le donne alla maniera di quelli che invece con loro avevano successo. 
A volte mi facevano pure leggermente schifo questi amici quando li sentivo parlare, eppure li invidiavo, consapevole tuttavia di non avere le capacità o la mentalità per un comportamento come il loro.
Praticamente ho avuto un solo vero amico maschio, in tutta la vita, col quale credo di essere stato me stesso e non un ragazzino,  ma alla fine forse non ho capito sino in fondo il nostro rapporto,  illudendomi un po’, o tradendo le sue aspettative. 
I legami più profondi li ho avuti con amiche, e non sono stati legati necessariamente ad attrazione fisica. È che trovavo e trovo le donne solitamente più aperte ed interessanti, non monocordi su alcuni temi pure importanti. In una parola, più intelligenti, di una intelligenza mirata in modo diverso, introspettiva e curiosa.

Storicamente è finalmente arrivato il momento della donna, dopo i danni che noi uomini abbiamo prodotto col nostro controllo della cultura economica e politica, dopo le guerre di dominio, dopo il prevalere delle violenza fisica e brutale che uccide, dopo un patriarcato diffuso a livello globale, e dopo il tentativo della donna di imitare l’uomo, per competere sul suo piano. Una guerra di retroguardia è in atto, e tutti ne possono vedere le vittime, ancora donne. E' tuttavia una guerra dettata dalla paura di perdere privilegi, condotta da singoli uomini o interi Paesi che vivono ancora nel medioevo, e che non potrà essere vinta dalla reazione integralista.

Da parte mia sono vicino al mondo femminista anche quando mi rifiuta, come è capitato alcune volte nella vita reale e anche in rete, e come capiterà ancora. È un mondo sfaccettato, vario, contraddittorio, talvolta in autodifesa, talvolta in attacco e del tutto chiuso ad ogni possibilità di incontro, talvolta pacato e riflessivo, pronto al dialogo con l’uomo. Talvolta è decisamente integralista, e non so da dove prenderlo, perché lo trovo esagerato, ma non mi sono mai trovato nelle vesti di una donna e quindi non sono in grado di giudicare. 
Sento mio dovere difendere, nel mondo dell’educazione, nella vita reale e dove posso arrivare, i diritti della donna. E questo perché sono anche i miei diritti. La legge 194, la legge sul divorzio, le pari opportunità, la tutela della maternità, l’integrazione piena e reale nel mondo del lavoro, la libertà di avere o non avere figli, la piena libertà sessuale, almeno al pari dell’uomo, il rispetto pieno della nostra Costituzione, in breve, sono valori che ritengo fondanti di una società civile avanzata, non confessionale, non etica. Non amorale, ovviamente, perché ognuno di noi ha una morale, ma non possiamo imporre agli altri la nostra visione del mondo, e pure quella degli altri la possiamo e dobbiamo accettare quando non limita le nostre libertà.

Non nego le contraddizioni presenti in un atteggiamento come il mio e sono consapevole di poter essere giudicato negativamente sia da uomini sia da donne. Mi piace tuttavia pensarmi femminista, anche se, mi è stato fatto osservare, tali possono essere solo le donne.  

                                                                                             Silvano C.©
             
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

sabato 27 agosto 2011

Anni '50

 

Ho trascorso gli anni della mia infanzia giocando libero, col fango e l'acqua, con gli animali da cortile, con l'orto. Poi ho iniziato ad usare  il pongo, le costruzioni di legno, il meccano.  Mi sono dedicato anche un pò al modellismo. 
Niente giochi preconfezionati, che allora non esistevano o quasi, ma sana competizione tra bambini, senza differenze tra maschi e femmine, perchè pure le ragazzine si facevano rispettare, e se serviva sapevano  menare le mani. 
Ho anche imparato a cucire vestitini per le bambole (salvo l'orlo che non mi veniva, troppo difficile), oltre a fare di un pezzetto di legno una automobilina, o di uno spago una gru, e del torso delle pannocchie un carro trainato da buoi.
Ora i bambini non hanno mai visto un pollo o un coniglio vivi, ma sono abilissimi con i videogiochi, con internet o coi cellulari.
Dimenticavo: da ragazzino il PCI era il partito dei lavoratori, senza incertezze. Togliatti era un mito indiscutibile. La Resistenza significava la rinascita dell'Italia dopo il ventennio. Sono finite tante cose, sono mutati i riferimenti, ma lo spirito è rimasto a quell'età, cerca ancora quegli ideali, magari adattandoli, senza riuscire a dimenticarli. E gli anni '50 sono passati da oltre mezzo secolo.

                                                                                          Silvano C.©


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venerdì 26 agosto 2011

Lo Stato in affitto. (20 agosto 2011)

Trovo sempre più stupide le ipotesi di tagli del governo. Svendere il patrimonio immobiliare dello Stato per fare cassa è assolutamente idiota, e sarà un regalo ai soliti noti. Un conto è vendere beni che allo Stato non servono, e non sono di interesse storico, artistico o altro. Altro conto invece è quello di vendere edifici come scuole, caserme, uffici pubblici e ospedali. Se i carabinieri o la polizia hanno bisogno di una caserma, la facciamo chiudere? Oppure la affittiamo da un privato, pagando cifre esorbitanti per poter avere un servizio sul territorio? Non c’è vantaggio a svendere le cose preziose di famiglia, la famiglia a quel punto sarà solo più povera. E lo diventerà sempre di più, se dovrà pagare per l’uso di una cosa che prima possedeva. Noi già spendiamo cifre folli per affittare gli uffici dei deputati, per i quali la Camera brucia 46 milioni l’anno, quando potrebbe benissimo averli come proprietà. (dati 2010)

                                                                                                   Silvano C.©


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La lotta di classe, oggi, è tra chi paga le tasse e chi le evade - Da una idea di Michele Serra (16 agosto 2011)

Il titolo potrebbe essere tutto, finito, perfetto, e non servirebbero commenti aggiuntivi. La realtà è nota a tutti, sia a chi le tasse le paga sia a quelli che non le pagano, ed è altresì chiaro che il far pagare le tasse agli evasori è sì un impegno di questo governo, ma solo sulla carta, nelle dichiarazioni, mai, o molto poco, nei fatti. Un prelievo fiscale equo, alla base di ogni democrazia compiuta, noi lo sogniamo nelle notti di plenilunio, quando anche la notte sembra più limpida e trasparente.

Un rappresentante autorevole di questo governo infatti ha avuto modo di dire, in tempi non lontanissimi, che è giusto non pagare le tasse se queste sono troppe. Un altro rappresentante, qualche tempo prima, aveva detto che non bisognava pagare le tasse che poi avrebbero permesso di dare gli stipendi ai dipendenti di “Roma ladrona”.

Oggi però, in momenti difficili dal punto di vista economico, la disparità sta diventando insostenibile, e più ancora dei benefici dei politici, che guadagnano cifre immeritate ma chiare (sotto gli occhi di tutti i critici della “Casta”), o dei redditi dei grandi manager (penso a Marchionne), io credo che sia molto più grave e diffuso, e quindi percentualmente più importante, il sommerso, il nero, ciò che non appare al fisco, e che permette a delinquenti finanziari di rubare risorse che dovrebbero essere destinate a chi ha bisogno, a ladri che trattengono per sé quello che dovrebbero dare allo Stato per pagare le forze di sicurezza, la scuola pubblica, la sanità, la giustizia. Si arriva all’assurdo che in alcune regioni, dove i libri scolastici vengono dati in uso gratuito nei primi anni di scuola, il fenomeno è talmente noto che non c’è alcun tetto di reddito per avere i libri, altrimenti gli impiegati, ricchi, dovrebbero pagarli, ed invece i gioiellieri, poveri, li avrebbero gratis.

Michele Serra, nell’articolo che mi ha ispirato, dice che una società iniqua è destinata a collassare. Io non so fare previsioni, in merito, ma constato, ad esempio, che la demagogia con la quale il governo Berlusconi ha eliminato l’ICI per la prima casa è stato accettato pure da coloro che comunque non pagavano questa imposta neppure con il provvedimento varato da Prodi, perché aveva messo un limite inferiore, sotto il quale nessuno pagava nulla. In pratica Berlusconi ha solo tolto una tassa ai ricchi.

                                                                                    Silvano C.© 

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Difendere la democrazia (15 agosto 2011)

Viviamo momenti pericolosi. Non tanto per i sacrifici ai quali siamo chiamati tutti noi comuni cittadini ed i rischi di default dell’Italia a livello internazionale, che non sono assolutamente superati e quindi non da trascurare. No, viviamo rischi peggiori, per la nostra democrazia e per l’integrità del nostro paese. Io appartengo alla sinistra, da quando ho iniziato ad avere una coscienza politica. Ho vissuto negli anni le accuse portate ai comunisti di fomentare il colpo di stato e la rivoluzione proletaria. Nessuna accusa si può definire più infondata. Sin dai tempi dell’attentato a Togliatti è chiaro che i comunisti sono stati per la democrazia, perché lo stesso segretario del PCI, sul letto di ospedale, ha fermato la guerra civile pronta a scoppiare. Da allora molti falsi maestri hanno stregato i giovani, hanno messo le basi del terrorismo di sinistra, hanno fondato partiti estremisti, che rifiutano il sistema parlamentare, e tutti li conoscono, esuli spesso in altri paesi per sfuggire alla giustizia in Italia, alcuni sono stati assassini di magistrati, di poliziotti e carabinieri, di sindacalisti. La sinistra del PCI invece ha percorso un lento allontanamento dall’imperialismo dell’URSS, e dai suoi metodi antidemocratici, anticipando, nei fatti, la svolta di Mikhail Gorbaciov. La mia sinistra è quella della democrazia e della solidarietà, dell’unione dei lavoratori e dei diritti per i più deboli, e quella dell’integrazione e della giustizia sociale, è laica e rifiuta ogni etica confessionale imposta alla politica.


Ora viviamo momenti difficili, di crisi, momenti pericolosi. Alcuni hanno nostalgia dell’Aventino, come se il ritirarsi sdegnosi dal confronto politico li salvasse dal baratro, come se tutti i politici fossero uguali, come se non votare fosse una soluzione. E sbagliano, tutti.

Altri soffiano in modo incosciente sull’onda della protesta popolare, fanno i capetti del loro piccolo spazio visibile, in lotta uno contro l’altro, spaccando la sinistra e annullando il senso della democrazia, che prevede si il dissenso, ma non l’immobilismo per le troppe voci discordanti e che urlano sempre più forte.

Altri ancora giocano col fuoco, in modo cosciente, come un noto leader odierno che dice, parole più o meno testuali: sono momenti favorevoli per noi, la crisi avvicina la realizzazione della Padania. Ecco svelato, dalla ingenua e cruda logica di un uomo politico che da sempre vuole distruggere l’unità italiana e manifesta la più pericolosa xenofobia il vero pericolo che corriamo.

Sono tempi difficili, nei quali dobbiamo partecipare, testimoniare, protestare, ma mai perdere la testa e superare quella linea invisibile che separa la democrazia dalla demagogia che porta alla dittatura. Non basta essere informati sul momento che viviamo, occorre studiare la storia. Il 25 aprile, pure se talvolta è stato strumentalizzato, ha un significato profondo per noi. I morti meritano tutti rispetto, specialmente i morti per un ideale, ma i morti per la repubblica di Salò non sono come i morti nella lotta partigiana. La destra non deve mai scordare gli orrori della persecuzione di ebrei, zingari, omosessuali, stranieri e malati. Dachau non era un campo di sterminio, eppure vi trovarono la morte oltre 30mila persone.

Tra i mie contatti su fb molti indulgono in lamentele e proteste, e molti non si rendono conto della difficoltà, oggi, di difendere le istituzioni democratiche. Più volte mi sono trovato a discutere sul ruolo di garante di Napolitano. E alcuni non hanno capito l’importanza che ha un uomo come lui in quel ruolo quasi senza poteri, testimone solo di una volontà di rispettare la correttezza dei rapporti istituzionali.
 
                                                                                             Silvano C.©


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Ne usciremo? Spero di si. (13 agosto 2011)

In una società profondamente ingiusta sul piano sociale, con differenze crescenti tra le fasce meno protette e povere, sempre più estese, e i ceti con grandi possibilità, sempre più esigui ma sempre più voraci, queste recenti manovre per salvarci in una situazione internazionale pericolosissima rischiano di innescare un odio sociale diffuso ed anche una guerra tra poveri. Qualcuno ha parlato di privilegi della casta, spesso in modo demagogico, facendo di tutti un fascio, come se i politici fossero tutti uguali, cose che non è vera, nel modo più assoluto. (Non sono uguali nelle idee che sostengono, non negli interessi che difendono e neppure nello stile di vita). Tuttavia serve, in momenti come questo, un segno forte di volontà di riequilibrare la situazione, di essere pronti agli stessi sacrifici chiesti agli italiani tutti. Se si parla di attaccare le pensioni di persone che hanno lavorato una vita, occorre anche parlare degli assurdi vitalizi, indegni di una repubblica moderna, ma più adatti ad una signoria settecentesca. Se si parla di ridurre in qualche modo stipendi, carriera, TFR, tredicesima e pensioni ai dipendenti statali, che sono servi dello stato, allo stesso modo i servi più pagati devo ridurre i loro guadagni. Servire lo stato è un onore ed un onere. Non è un privilegio. Attaccare poi gli enti locali significa mettere in ginocchio l’assistenza a chi ne ha bisogno, ridurre i servizi pubblici, e colpire ancora una volta i poveri, sempre più poveri. Provo una rabbia crescente, lo confesso, che non so controllare, se non a fatica, e rifiuto le cicale tipo Grillo, che predicano apparentemente bene ma possiedono capitali mostruosi, accumulati con il loro impegno nella politica-spettacolo. E che col fisco non hanno avuto sempre un comportamento trasparente. Vorrei una unione delle sinistre, ma so che è una utopia peggio dell’anarchia pacifica di alcuni in buona fede, che tanto non interessa a nessuno. La gente cerca rifugio nelle lotterie, nei programmi demenziali di mediaset, si interesse alle faccende extramusicali di vasco, ammira tronisti e veline, vende le figlie alla società del lato B, ammira chi sfonda con la furbizia, l’evasore nullatenente col 25 metri e la villa, circondato da giovani donne in cerca di fortuna. Ho detto che no ho bisogno di eroi, e lo confermo. Mi bastano persone oneste, che fanno il loro lavoro, senza mirare alla notorietà o a sfondare. Persone oneste ed in buona fede. Nulla di più serve all’Italia di oggi
                                                                                          Silvano C.©


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(ultimo aggiornamento: 2 giugno 2015) 

Chiare, fresche et dolci acque...

 
L’acqua copre per il 70% il nostro globo e, circa nella stessa percentuale compone il nostro corpo. E' un bene primario, appartiene tutti, come l'aria. Per il suo possesso e sfruttamento si sono fatte guerre. Di recente si sono svolti un paio di referendum in Italia sul suo controllo e gestione. E' un bene da non sprecare, un bene che non hanno tutti. 

Ora però mi pongo una domanda, da biologo e da persona che si interessa di problemi ambientali, che ha visitato e studiato discariche e depuratori, sorgenti ed acquedotti. L’acqua ha un suo ciclo, che studiano anche i ragazzini a scuola: il ciclo dell’acqua; precipitazioni, a volte nevose, strati permeabili e impermeabili della crosta terrestre, vegetazione, animali, usi da parte dell’uomo, laghi, fiumi, mari ed oceani, evaporazione da ogni superficie, condensa dell’umidità dell’aria, di nuovo precipitazioni...  
In tutto il ciclo non ha senso parlare di consumo, l’acqua scorre in ogni caso, non si può accumulare all’infinito, va verso il basso, arriva sempre e comunque al mare. Nessuno consuma veramente l’acqua.  Qualcuno ne fa scorrere più di altri, qualcuno ne inquina più di altri.  Ho visto come funziona un depuratore. Non è l'eccesso di acqua pulita che può arrivare a creare problemi, ma tutto ciò che viene portato dall'acqua. 
Ecco che arrivano sostanze oleose, detersivi, veleni, metalli pesanti, batteri patogeni in eccesso, e una quantità incredibile anche di piccoli oggetti.  
Se per fare una doccia si consumano 30 litri o se se consumano solo 5, ma si usa la stessa quantità di sapone o docciaschiuma, si produce lo stesso tipo di “carico” per il depuratore, anzi, se si usa più acqua questo carico è diluito, e quindi risulta più facile pure da trattare.  Se dove si vive l'accqua arriva da sorgenti  montane, quella non utilizzata dall’acquedotto arriverebbe comunque a valle, attraverso i torrenti ed i fiumi, ed in effetti il farla passare nei rubinetti privati o pubblici, o lasciarla percorrere la sua via naturale fa poca differenza. Se invece si abita in una città come Ferrara, allora depurazione e potabilizzazione dell’acqua del Po comporta una certa spesa dovuta a questa operazione, ma poi l’acqua torna comunque al Po, o al suo bacino idrico, e non la si consuma.  
Inoltre, per spostare il discorso, se in alcune regioni della Terra non c’è acqua, non esiste assolutamente alcun modo pratico ed economico per far arrivare in quelle regioni l’acqua che si risparmia in Italia, ma possiamo solo aiutare le persone che vivono in quelle aree a scavare pozzi, e fare in modo che i cambiamenti climatici non desertifichino sempre più la nostra Terra.
Non ha senso quindi risparmiare acqua. E' più corretto inquinare meno, indipendentemente dalla quantità di acqua che facciamo scorrere nei nostri rubinetti.

                                                                                               Silvano C.©

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Una riflessione sulle fonti energetiche rinnovabili (4 aprile 2011)

 
Una sola riflessione, in questi giorni di disastro nucleare giapponese gravissimo, con ripercussioni che ci coinvolgeranno tutti per lunghissimi anni. Mi riferisco ad una fonte energetica alternativa: le fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico.

Il fotovoltaico si presta benissimo all’utilizzo privato, in abitazioni singole o condominiali, e contribuisce a risolvere o risolve completamente, per quegli edifici, il problema dell’energia elettrica. Malgrado questo sono stati tolti gli incentivi statali, che stavano muovendo investimenti e applicavano sul campo le tecnologie più recenti. Sono spariti posti di lavoro e le imprese sono in difficoltà. Lo stato punta sul nucleare evidentemente, non vedo altre spiegazioni, malgrado a parole si dica di pausa di riflessione. L’autonomia del singolo cittadino che da solo si produce quanto serve, senza dipendere dai monopoli, non fa piacere. Resta irrisolto, è vero, il problema dell’industria, che consuma molta energia, ma il fatto che molti privati potrebbero risolvere il loro caso non mi sembra di poco conto.

In questa situazione non dimentico che per un normale cittadino investire nel fotovoltaico prevede forti investimenti oggi e recuperi lenti, nel corso di lunghi anni. Pochi hanno tanta disponibilità economica, ed ho paura che solo quelli con maggiori possibilità finaziarie potranno in futuro spendere meno, diventando pure più autonomi, mentre la massa dei comuni mortali, in abitazioni non di pregio, non indipendenti, e magari in cattivo stato di manutenzione, difficilmente potrà installare impianti sulla propria abitazione. Senza scordare i tanti in affitto, che non possono pensare a questa possibilità se non lo fa il proprietario.Qui mi fermo, perchè questa riflessione è piccola cosa, e non pretende di esaurire il tema.
                                                                                   Silvano C.©


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giovedì 25 agosto 2011

Discutere in modo corretto

 
Qui cerco di esplicitare alcuni principi fondamentali, a mio avviso, della corretta discussione su un tema qualsiasi con un’altra persona (o con altre persone). 
Nulla di nuovo ovviamente, tutte cose che sono state scritte migliaia di volte, quindi non pretendo originalità, ma solo di aggiungere una esposizione mia personale.
                                                         -------------------
1 Cercare sempre di essere corretti, educati ed ascoltare le argomentazioni dell’altro senza interrompere inutilmente.
2 Non alzare la voce (cioè, in rete, evitare di usare le maiuscole, perchè equivale ad urlare), non offendere in nessun modo, ed ammettere le ragioni dell’altro, quando ci sono, anche se sono ragioni parziali.
3 Cercare di capire i propri limiti ed ammettere che di un argomento non se ne conosce a sufficienza, se capita. Nessuno infatti conosce tutto, e riconoscerlo aiuta il dialogo. Ne consegue che le critiche corrette si devono accettare.
4 Esporre la propria posizione in modo chiaro ma completo, evitando abbreviazioni o sintesi che gli altri non possono capire, sforzandosi di usare una forma italiana semplice e non facendo uso di terminologia specifica (se non si è costretti).
5 Evitare comportamenti da troll, cioè fingere di non capire, insistere come se l’altro non avesse già risposto, ricominciare sempre dall’inizio, provocare solo per distogliere dal tema della discussione. Se si incappa in un troll l'unico modo per risolvere la discussione è interromperla e non rispondere più ai suoi messaggi o alle sue parole.
6 Cercare le fonti di quanto si dice, citarle, e possibilmente non citare solo le opinioni di una parte già schierata, come ad esempio un giornale di partito, una tv oggettivamente partigiana, la chiesa, gli atei, e così via. Eventualmente spiegare che certe fonti non sono obiettive. O spiegare che si pensa come quella particolare fonte. Questo aiuta a non perdere tempo.
7 Capire quando la discussione non porta a nulla, e lasciar perdere. Spesso nessuno dei due è disponibile a modificare le proprie idee su un certo tema. Una volta chiarite le posizioni reciproche ci si saluta in modo educato.
8 Conservare memoria di quanto si è detto. Alcuni argomenti citati sono ricorsivi, sono usati da molte persone, si prestano a utilizzi in più contesti. Sono esempi di comunicazione corretta o scorretta sempre utili al momento buono, quando capita una situazione simile.
9 Ricordare che quello che diciamo o scriviamo lascia tracce, quindi farlo sempre sapendo che, tra un anno o più, qualcuno potrebbe chiederci chiarimenti e magari noi potremmo trovarci nella situazione spiacevole di dover giustificare una frase pronunciata in un momento di alterazione.  
La rete, Facebook, Twitter, i blog, YouTube, ed ovviamente alcune persone, non dimenticano praticamente mai. Ed è inutile aggiungere che in questo caso i soggetti più a rischio sono i giovani.
                                                                                          Silvano C.©


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Astensionismo? Alle politiche preferisco perdere ma votare


Un astensionismo alto, ad esempio al 20%, riduce di molto il numero di persone che votano per l'elezione del Parlamento che poi dovrà sostenere il Governo, indicato dal Capo dello Stato dopo aver sentito le forze politiche.

Se la coalizione vincente ottiene ad esempio il 47 % dei voti significa che solo il 38 % degli italiani la sostiene, ben lontana dalla metà degli aventi diritto.
Chi appartenere al 62 % di italiani che vota i partiti di opposizione o che non vota si ritrova unito in un gruppo innaturale, formato da persone che credono nel diritto di voto e da altre che non ci credono, per vari motivi.
Quindi gli astenuti che criticano il governo non hanno diritto di farlo, perchè se avessero votato probabilmente avrebbero cambiato la situazione. 

Un discorso diverso, sempre sul tema astensionismo, si deve fare per i referendum. In questo caso infatti il voto riguarda un quesito specifico, e l'astenersi equivale, di fatto, al votare No. Molti infatti scelgono di non votare esattamente per opporsi alla vittoria dei Sì non facendo raggiungere così il quorum. Se votassero No probabilmente contribuirebbero solo a far vincere la posizione opposta alle loro idee.
                                                                               Silvano C.©


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qui ed ora


Prima di tutto credo nella morale, ma non accetto il moralismo interessato. La morale è il fondamento dei rapporti umani, ne regola le modalità, deve essere il più possibile condivisa, mai imposta dallo stato, che non può essere uno stato etico, cioè uno stato succube di una sola morale imperante di qualsiasi tipo: religioso, politico o altro. 
Un esempio. Per me è immorale sfruttare il lavoro altrui a proprio tornaconto oltre il normale e regolare rapporto imprenditore-dipendente. Cioè è immorale il lavoro nero, è immorale sfruttare il lavoro minorile, è immorale pagare 10 e guadagnare 100 perché si è più forti sul piano della contrattazione. E' poi del tutto inaccettabile che un manager di una azienda privata o pubblica guadagni tanto di più di un suo amministrato. 

Ai primi posti nei valori della vita ci sono i propri cari, il lavoro o una attività accettabile e se possibile gratificante, le condizioni di salute ed economiche.
Subito dopo viene il rispetto per tutti (dato e ricevuto), a partire da sè stessi e per quanto si realizza, il rispetto degli impegni, anche nelle piccole cose. Questo rispetto poi si allarga al mondo che ci accoglie, non sempre nel modo che preferiremmo, ma che dobbiamo cercare di lasciare un pò migliore, non di sfruttarlo solo per i nostri fini egoistici immediati. 

Poi vorrei eliminare Inferno e Paradiso, sono solo categorie mentali. 
Io vedo l'ora e il qui, sulla Terra, e non vorrei lasciare ad una premio o ad una punizione futura lo stimolo ad essere più umani. Tutti abbiamo il diritto di puntare alla felicità, vivendola nello sguardo di chi ci sta vicino.
Vivere alla giornata, oggi, senza pensare a ieri o a domani potrebbe essere una via? Apprezzare un caffè, una visita, una piantina che sboccia, una battuta o un sorriso, un momento di sesso o il manifestrasi di una amicizia. Avere affetti profondi e ricambiati, amare insomma. E ampliare così il nostro mondo, uscendo da noi stessi.

Il sogno è visitare ogni luogo che stimola la fantasia, una spiaggia incontaminata o una metropoli lontana, un luogo dell'infanzia ritrovato intatto come luogo dello spirito.
Odio l’opportunismo interessato, la negazione dell’altro, la falsità malevola ed il tradimento. Vorrei conservare ideali, saper riprendere da dove ho fallito, ricucire legami perduti, sentirmi vicino anche a chi non vedo o non sento da anni, anche se spesso sono io a fuggire. Il mondo non dovrebbe spaventarmi, è un'opportunità, un'occasione di essere, è la mia casa, ma è anche la casa di tutti gli altri, e devo tenerne conto.
                                                                               Silvano C.©


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