Un
paio di anni fa le cose non andavano bene, per nulla, ma c’eri. E costruivo
castelli immaginari per distrarmi. Ora li costruisco per altri motivi, ma
ancora un po’ per distrarmi.
Avevo
pronto un elenco di argomenti da evitare, che se appena li sfioravo...
Come stai tu, come sta
lei, ma come è successo, ma dai, e adesso che fate, ma non è possibile,
coraggio, bisogna aver pazienza, oggi si cura, ancora…Si è risolta la faccenda,
ancora, non ci credo, ma tu porti sfortuna, ma come mi dispiace, ed adesso come
fate, e tua figlia, e i tuoi…Ha trovato lavoro, non ancora, ma lo cerca, lo
sappiamo, è difficile, è così per tutti, mio figlio ora è in Germania, neppure
là è come prima, ma sono contenta che fa una cosa che gli piace…Te ne parlerei,
certo, hai ragione, bisogna guardare avanti, ma fatti vivo, e che vengo a fare,
ci ho provato una volta e non è servito a nulla, certo che vengo, ciao, tutto
bene…E se tornano, lo sai che è un quartiere pericoloso, ma che fate, non
fidarti, se vuoi passo a vedere ogni tanto, va bene, certo, io però te lo
dicevo…
Ora
penso a quando vedemmo assieme un uomo che camminava in mutande, in strada,
sotto le finestre di quella casa che allora era viva, sul marciapiede di fronte.
Tu hai capito al volo, sei scesa, ti sei avvicinata, gli hai chiesto dove
andava, ti sei fatta spiegare da dove veniva, dove abitava, e lo hai convinto a
seguirti. Non è stato difficile, sai convincere e sai usare le parole giuste,
quando servono. Dico sai ma dovrei dire sapevi. E se domani sarò io a camminare
in mutande con l’aria sperduta per strada pensando di essere in ritardo per un
appuntamento immaginario, di essere aspettato da chi neppure mi pensa o è
andato via da un pezzo, chi verrà per riportarmi a casa? Vorrei che fossi tu,
in qualche modo, e ritrovarti, almeno così.
E
rimpiango un mal di testa lancinante, alcuni decenni fa, molto prima di vedere
quell’uomo anziano in mutande camminare in strada. Quel mal di testa mi
tormentava da ore e stavo seduto nella sala di quella casa ormai abbandonata e
guardavo la televisione. Ora la casa è uno scheletro vuoto ma ancora troppo
pieno e trasmette tristezza e rabbia al solo vederlo. Ricordo il film che trasmettevano
in quel momento: Sul lago dorato. Della trama non ricordo quasi nulla, il mal
di testa mi impediva di seguirla. Forse
solo poche scene con quegli attori unici: la Hepburn, Henry e Jane Fonda. E il
lago, che tentava di tranquillizzarmi. Ed attorno i miei, ancora presenti, che
tentavano di non disturbarmi. Rimpiango quel mal di testa, lo vorrei di nuovo
ancora più forte per farli tornare come allora.
Quando
io camminerò in mutande per strada, se lo farò (mi auguro di no, ma non conosco
il futuro), spero nel frattempo di essere diventato una gatta, dentro di me e
con lo spirito.
Non
mi interessa quello che gli altri vedranno o penseranno. Voglio diventare una
gatta che cammina in strada e che non ha bisogno di mutande, sa accettare la
vita che viene, come viene. E vive sia le lunghe ore di noia sia l’eccitazione
di rincorrere una mosca e catturarla, alla fine.
Se non posso rivedere te voglio almeno diventare una gatta, al momento giusto.
Se non posso rivedere te voglio almeno diventare una gatta, al momento giusto.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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