Ricordi quel piccolo campeggio inerpicato in
collina, sulla costa dalmata, una vita fa? Ecco, il suo ricordo riaffiora, ogni
tanto, assieme a tanti altri. E come molti anni dopo ci piaceva ricordarlo assieme
ridendo, pure adesso mi procura un piacere triste ricascarci dentro, senza tuttavia
la possibilità di rivedere il tuo viso, la tua reazione a quelle immagini che
restano solo per noi.
Quindi tento di bloccarlo per sempre (il
sempre che mi è concesso, non l’eterno) e intendo raccontarmelo ancora una
volta, e fartene partecipe come quando…
Viaggiavamo nel tempo sospeso tra ma morte di
Tito e la tragedia che sarebbe arrivata dopo pochi anni, quando la Jugoslavia si
sarebbe disintegrata con troppi morti ed inutili crudeltà. Allora però ci sembrava
di vivere la libertà, ed avevamo la possibilità di scoprire un mondo che sino a
pochi anni prima, almeno per me, era irraggiungibile. Inoltre la scoperta
poteva avvenire finalmente a modo mio, senza essere condotto in avventure simili
da altre persone o amici coi quali sino a poco prima avevo condividevo sì molti
interessi, ma con i quali non c’era mai stata l’intesa calibrata e mediata che
noi stavamo raggiungendo. Quella è iniziata e finita con te. Neppure mi ci
metto ad illudermi di poterla ritrovare altrove o con altri. Sarebbe una
perdita di energie inutile ed una forma di tradimento nei tuoi confronti che
non sopporterei io per primo. Tradirti prima? Era possibile, avevi le armi per
difenderti o ricambiare. Tradirti ora sarebbe da vigliacco. Ma chiudo questo
discorso che mi infila pessimi pensieri in testa.
Viaggiavamo
nel tempo adatto per le scoperte, e percorrevamo molti chilometri ogni giorno,
spingendoci sempre più a sud, verso il confine ideale del mondo alla ricerca di
una frontiera ancora non valicabile per poter dire di essere arrivati sin dove
si poteva. Ed una sera, stanchi, sporchi ed affamati, siamo arrivati in quel
piccolo campeggio con pochi servizi e nessuna possibilità di comprare generi di
prima necessità. Anche l’acqua, se non ricordo male, dopo una cert’ora era
stata chiusa, e noi eravamo arrivati tardissimo. O forse questo capitava in un
altro posto, ma ora non fa alcuna differenza questo particolare.
Io
ero sempre insofferente di chi disturbava inutilmente gli altri, non sopportavo
la musica oltre un certo volume e ogni tanto, se capitava, smontavo la tenda da
una piazzola e poi la rimontavo in un posto diverso, allontanandomi da chi mi
infastidiva. Tu sopportavi, sorridevi e mi aiutavi pure. Anche tu eri
infastidita da alcuni comportamenti, me eri più disponibile ad osservarli invece
di rifiutarli. Avevi una atteggiamento più scientifico del mio, insomma, e
anche più umanamente filosofico.
Eravamo
arrivati tardi e stanchi, e dopo esserci sistemati come potevamo abbiamo
iniziato a prepararci per la cena. Mentre pensavamo di poterci rilassare prima
di ripartire il mattino dopo da quel posto che non ci offriva molto di più di
una sosta notturna, è arrivata un’auto-furgone, mi pare fosse un’R4 della
Renault, con la parte posteriore rialzata. Si è piazzata accanto a noi perché
il campeggio era pieno ormai, e subito ne sono scesi i due occupanti. Due ragazzi,
mi pare, due maschi, ma ora questo non lo ricordo bene. L’immagine che mi è
rimasta scolpita dentro indelebilmente è stata la visione del vano posteriore di
quell’auto quando è stato aperto. Sono apparse due enormi casse acustiche da concerto
in piazza, e subito dopo una musica adatta a tale impianto ha iniziato a
diffondersi in tutto il campeggio, assieme alle prime brezze della tarda sera.
Io
ho finito di cenare innervosito, imprigionato in quel posto da dove non si
poteva fuggire; al tempo era impossibile fare campeggio libero in Jugoslavia e
neppure potevamo spostarci altrove nello stesso campeggio, perché mentre il
vento sollevava foglie e polvere io avevo guardato in giro, e non avevo trovato
un solo posto adatto alla nostra auto ed alla nostra piccola canadese.
Ero
ormai rassegnato mentre mettevo in ordine dopo la cena, tu sistemavi la tenda e
la musica dell’auto stereo non
ci concedeva il silenzio che quel luogo avrebbe potuto darci. Ed intanto il
cielo diventava scuro, la notte si avvicinava velocemente. Il mattino dopo
saremmo partiti prestissimo.
Il vento ha iniziato ad alzarsi più forte ed
abbiamo controllato che ogni cosa fosse ben chiusa in auto o con noi dentro la
tenda, e che questa fosse piantata in modo sicuro. Ci siamo chiusi dentro,
mentre il vento aumentava ed iniziava a sovrastare anche la musica. Poi è
iniziato un piccolo urgano, una portiera ha sbattuto, i due dell’auto
amplificata hanno iniziato velocemente a sistemare le loro cose prima che il
vento le portasse in giro ed hanno spento l’impianto, chiudendo le portiere
dell’auto. La notte ha iniziato a scendere, da quel momento, con i rumori della
natura un po’ arrabbiata e che era intervenuta, con la sua capacità persuasiva,
a salvarci dall’inutile disturbo.
Alla fine la giornata si è conclusa nel migliore dei modi, lo ricordi? Sì che lo ricordi. Ora sorridi ancora.
Alla fine la giornata si è conclusa nel migliore dei modi, lo ricordi? Sì che lo ricordi. Ora sorridi ancora.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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