lunedì 28 maggio 2018

La storia la fanno i ricchi e la pagano i poveri



Battuta provocatoria per iniziare:
Oggi che l’ascensore sociale in Italia è fermo per manutenzione ordinaria rimane la scala mobile della politica. Alcuni si candidano e da nessuno che erano diventano improvvisamente persone con alto reddito.

Neppure questi nuovi pervenuti però, salvo doti che forse avranno occasione di mostrare, diventeranno veramente ricchi, e la storia la subiranno come tutti e verranno scordati come noi assieme al 99,99 % degli italiani.

La realtà è che se io passo per strada, ovunque mi trovi, vedo dimore storiche dove hanno vissuto duchi, conti, grandi industriali e funzionari, principi e benefattori che, avendo avuto molto dalla vita, hanno generosamente deciso di condividere parte delle loro ricchezze anche con altri. Oppure abitazioni di persone che hanno goduto egoisticamente di quanto poteva offrire loro una condizione da privilegiati ma poi la morte, che sa come trattare ogni umana ambizione, li ha costretti a lasciare in eredità ai posteri ciò che avevano avuto prima solo per sé stessi.
E poi trovo libri che parlano di grandi famiglie o di stupende opere d’arte commissionate o rese possibili da ingenti capitali, e trattano temi enciclopedici o culturali che raramente toccano le singole persone del popolo, e ancor più raramente ne fanno i nomi. Di questi testi sono piene le biblioteche, e ne rappresentano la struttura storica e fondante. Ed io? E tu? Che fine farà il nostro ricordo se pure io mi dedico a trovare informazioni su un ricco mercante di sete che assieme ad un nobile dotato di spirito pratico creò le condizioni per edificare un teatro che, ancora oggi, è un centro culturale della nostra città e dove, tempo fa, troppo tempo fa, vedemmo una rappresentazione di kathakali? Il tuo ricordo è affidato ai pochi che ti conobbero, a poche cose fragili e destinate a sparire, esattamente come il mio. Io di me non mi lamento, ma per chi desidero mi piacerebbe che restasse un segno, un nome scolpito, un ricordo non troppo veloce a scappare.
E mi scattano sentimenti poco nobili, sensi di inferiorità, insofferenza per chi ha più fortune materiali di me, per chi ha ancora accanto il compagno o la compagna di una vita, e mi fa tristezza il vedere chi, invece, distrugge questo piccolo e temporaneo tesoro. Vorrei non sentirmi inferiore a nessuno, e non chiedere mai nulla a nessuno, con orgoglio. Essere in grado di invitare invece di aspettare di essere invitato, ma questo comporta, anche senza esagerare, una certa disponibilità di mezzi economici, e non sempre le cose vanno come si vorrebbe, o si ha lo spirito giusto per spendere. Sono venale, in fondo, e lo sono sempre stato. Se chi mi legge non lo è può chiedermi in privato le mie coordinate bancarie, e dimostrami concretamente quanto poco venale sia giusto essere con un bonifico a me intestato. Ma, superata la battuta provocatoria, sono convinto che prima occorra star bene e solo dopo si possa pensare far star bene gli altri.
Tu eri diversa. Migliore di me. Io penso di non poter far nulla per cambiarmi a questo livello, o forse posso e non lo voglio fare, o forse, ancora, non sono tanto egoista come mi penso. Non so approfondire questo aspetto. Sento di appartenere ad una parte non molto fortunata e tuttavia infinitamente più fortunata di miliardi di altri esseri umani. Di loro sparirà il ricordo, sono e saranno solo numeri. Alcuni forse fortunati hanno lasciato a loro memoria castelli, statue, dipinti e ville stupende. Di noi due resterò poco, ed io tento di affidare all’aria queste parole. Ciao, Viz.

                                                                                       Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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