martedì 9 maggio 2017

paura

Oggi pomeriggio volevo muovermi. Il tempo variabile di questi giorni è un’incognita, ma ho deciso di rischiare, ed ho fatto bene. Alla fine ero soddisfatto. Non ho fatto nulla di trascendentale, e se lo raccontassi nei particolari credo che susciterei la pietà di chi è allenato ed è abituato a correre sul piano ed in montagna. Però mi sembra di star meglio, quindi non mi sembra il caso di farmene problemi.

La cosa nuova, che mi ha fatto paura, è che ad un certo momento avevo quasi voglia di canticchiare non so neppure più quale stupido motivetto, assolutamente slegato da qualsiasi ricordo.

Questo mi ha fatto paura, perché tu non eri con me. Non in giro, cosa di per sé abbastanza usuale, perché anche prima uscivo spesso da solo, mentre tu stavi a fare le cose tue in casa, oppure eri al lavoro.
Tu non eri con me e basta. Tu non ci sei più. Tu te ne sei andata non so dove, né in che tempo né in che spazio, non so se mi senti, se mi vedi, se pensi ancora a me. Non so più nulla ormai, solo quello che mi hai lasciato fissato per sempre dentro, solo quello. Solo le mille cose tue in giro, nelle stanze, e che tento di non spostare troppo. Solo i tuoi biglietti che ogni tanto trovo, scritti da te, per le nostre ricorrenze. Solo i biglietti che ti ho scritto io. Solo il biglietto di nostro figlio per la festa della mamma del 2016. E solo altre migliaia di cose. E, aggiungo, solo tutto quanto vorrei raccontarti, di nuovo.

C’è stato un periodo nel quale andavo in biblioteca quasi ad orari regolari, e tu mi chiedevi ridendo se per caso avevo appuntamento con l’amante. Io ovviamente annuivo, e pensavo: certo, con la Vipera*. Tu mi rispondevi di stare attento…Era un modo di stuzzicarci, che ci faceva ridere, ed era anche un tuo avvertimento. Non ho mai ignorato che era anche un avvertimento.

Ed ora, oggi, ho avuto paura. Ho avuto un attimo nel quale stavo per canticchiare, ed ero sorridente. E non è giusto. Anche tu ne avresti diritto. Ma ora la voglia di cantare mi è passata. Il senso di profonda ingiustizia me lo ha fatto passare. Forse è così che avviene. Che si ride, dopo un po’, anche delle tragedie. A me non piace, lo ammetto, ma credo che questo significhi vivere.
Ed ora? Ora sono più confuso di prima. Registro pensieri e non so neppure perché lo faccio. È la paura di perderti, credo.


*dicesi Vipera bibliotecaria molto brava ed efficiente ma con feeling col sottoscritto pari a zero. Se non ci ho ancora litigato è solo un puro caso.

                         Mi manchi da morire, Viz. Vorrei dirti della Vipera, non te ne ho mai raccontato abbastanza. Ma è un po’ che la vedo meno, per molti motivi. Forse quel tempo è finito.

                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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