Stavolta sono io che parlo, ti lascio in pace,
almeno per un po’, e ti racconto una cosa.
Stamattina mi intestardivo ancora una volta a
venire dove non sei. Perché che tu non sia più su questa terra è evidente ormai
anche alle pietre ed a tutti quelli coi quali mi capita di parlare (nessuna
similitudine tra le pietre e le persone, e ancor meno l’intenzione di
attribuire agli altri la testa dura ed a me una grande intelligenza ed ampiezza
di vedute) ho visto un’immagine che in parte già mi era venuta, legata alla Luna, e ad un gioco di bambino. Ma inizio da dove conviene, dal principio.
Al solito mi lamentavo, un po’ piangevo, poi mi
passava, poi riprendevo, poi evitavo le discussioni che mi stavano infastidendo
di alcune persone non lontane, ed insomma tentavo, al solito, di chiedere la
tua opinione, di dire le mie idee, di raggiungere un compromesso che almeno per
la giornata potesse bastarmi. Illusione, sempre, ma io ci riprovo, sempre.
Tu mi hai fatto capire che ti senti diversa. Questo
almeno ho inteso io. Mi hai confessato che oltre a non essere più qui non sai
neppure dove sei, e, difficile da spiegare, cosa sei. Non ho potuto far altro
che tentare di capire.
Mi hai confermato che non soffri, che le tue
giornate in ospedale non esistono più per te, che le ultime visite di amiche in
casa nostra sono un passato ormai remoto, appartengono ad un’altra dimensione. Io
stesso ti appaio un po’ sfocato, ma che, questo non so ripeterlo come mi hai
spiegato tu, sono presente, sempre, come nostro figlio, o come le poche persone
alle quali in vita eri legata. Anche noi siamo diversi insomma, per come ci
vedi ora. Ma ci vedi.
Tutto il resto sfocia nell’assurdo, nell’invenzione,
ben più di quello che ho detto sino ad ora. Mi hai fatto capire che ti senti
legata. Una sorta di filo partirebbe da me ed arriverebbe a te. Ed altri fili,
non tantissimi ma neppure pochi, ti legano, ti impediscono di volare via. Mi sfugge
se questo tu lo giudichi un fatto negativo, o se lo senti come un impaccio. Non
l’ho capito. Sono sicuro però che se i fili si allentassero tu voleresti più
alta. Se i fili, anche il mio filo, si slegassero, tu saresti libera. Tu vuoi
essere libera? Io ti trattengo dove non sei più? Forse. Forse non ancora. Forse
stamattina sognavo ad occhi aperti, allegramente camminando come un funambolo che
percorre un cavo di acciaio tra due cime lontane, tra due mondi diversi.
Silvano C.©
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