Contemplando orgogliosamente ed un po’ egoisticamente
il mio ombelico non di rado mi sfugge quello che capita attorno ad esso, cioè
alla vita di tanti altri. Non posso sapere e capire di tutti, è ovvio, ma di
qualcuno in più certamente sì. Ho perso Vittoria oltre cinque mesi fa e il
mondo mi è cascato addosso. Prima vivevo in una bolla con lei, anche prima che
fosse chiaro ad entrambi che stava male e che lei combatteva la guerra fondamentale
per la sua vita. L’ha persa, quella guerra, dopo alcune battaglie che ci hanno
fatto sperare in un esito diverso.
La cosa mi è apparsa subito talmente enorme che a
lungo non ho parlato o pensato ad altro. Ancora oggi non ci credo e mi illudo che
sia un processo reversibile.
Ma non è così che funziona. Tutti gli altri,
invariabilmente, hanno sofferto come me, più di me, meno di me, ma per nessuno
è stata una passeggiata. Ed io penso al mio ombelico. Mi concentro sul mio
dolore e non vedo quello altrui. Eppure in alcuni casi l’ho toccato, l’ho
visto, l’ho conosciuto. Ho notato il viso tirato, senza speranze e duro di
queste persone. Il mio guaio è che poi vedo anche altri, quelli che sanno
dissimulare, minimizzare, tenere tutto o quasi dentro e non sbandierare ai
quattro venti quanto soffrono. Questo lo so benissimo, anche di questo ho
esperienze, tuttavia mi illudo che per loro tutto vada bene, mi convinco che è quella
la realtà oggettiva. Ma sono solo più saggi degli altri, non più fortunati.
Le mie scelte di vita, quando ho deciso di stare
con lei, di isolarmi molte volte dagli altri, di ingelosirmi quasi sempre a
sproposito, di evitare spesso i vecchi amici per supposti ostacoli insuperabili
si sono rivelate per quello che sono: sbagliate. Non era necessario scegliere,
bastava, o sarebbe bastato, essere un po’ più disponibili e meno rigidi. Con lei
non ne sentivo la necessità. Lei mi bastava. E quello che non mi bastava non mi
creava problemi, non a me almeno.
Ora le cose sono mutate. Non sono un esemplare di
una specie protetta, ma un comunissimo essere umano con pregi e difetti, un po’
miope e troppo orgoglioso. Un fatto recentissimo mi ha fatto capire molto bene
il concetto. Oltre alla mia elaborazione del lutto, insopportabile in certi
momenti, devo decidermi a cambiare modo di vedere il mondo e lasciare gli atteggiamenti
centripeti (se ne fossi capace, ma capace ancora non ne sono). Mi spiace per
tutti quanti negli anni ho deluso. Mi spiace per la mia ottusità. Vorrei salvare
tutto di lei, ed una parte di me, ma solo quella giusta.
Il mio blog, che uso ormai per capire a che punto
sono arrivato, che interessa sempre e solo i soliti, è mutato e forse muterà,
spero, certificando infine che ho raggiunto quell’apertura che mi convinco
sempre più che mi manchi.
Tu Viz so che te la stai ridendo. In parte mi
assecondavi, e alcune cose le approvavi pure. Altre invece le criticavi. Mi auguro
che ora, dove non sei, mi possa aiutare. Da solo ho la testa troppo dura per
cambiare in fretta.
E sicuramente ciò non avverrà domani. Anche per
questo serve tempo.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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