A volte capita. A volte capita che si senta il bisogno di un
nuovo inizio, per evitare l’evitabile, per osare l’osabile, per sbagliare di
meno o, pur non sbagliando, per poter trovare una via di fuga.
Ad anni di distanza si analizzano frasi o discorsi che hanno
innescato conseguenze inaspettate, semplicemente non previste perché le parole
sono state fraintese nel loro significato.
Come una slavina prodotta non da un fuori pista criminale ma
da un evento del tutto naturale, senza colpa alcuna di chi viene travolto,
dovuta a fatalità, conoscendo il rischio insito in ogni attività umana. Avere la possibilità di capire prima che
quella slavina sarebbe partita, di razionalizzare in modo inconcepibile i
mutamenti che si sarebbero prodotti ed evitarne le conseguenze.
Se fosse possibile tutto questo, ora, andando indietro,
magari in un numero limitato di circostanze, ripartendo “da prima”, chissà se
poi avremmo evitato gli eventi successivi. Forse quelli specifici e che
vorremmo eliminare sì, ma non altri pronti a prenderne il posto, come in un
gioco dove la probabilità che esca una certa carta è legata al numero di quelle
che sono rimaste ancora coperte, ma che alla fine tutte, 40 o 52, in ogni caso,
troveranno il modo di farsi vedere.
L’idea di ricominciare probabilmente è solo una fantasia
consolatoria per menti deboli, che cercano responsabilità esterne ed immaginano
una verginità ed una purezza ben lontane dall’essere reali.
Forse tuttavia è anche un esercizio utile per capire il
nostro posto nel mondo, per toglierci dal posto centrale nel quale la nostra
limitata esperienza soggettiva sembrerebbe porci. Mi convinco sempre più che
alcune delle scelte che ho fatto, in anni passati, sono state del tutto
inutili, e che gli eventi poi hanno preso un corso del tutto inatteso. In altri
casi invece sono state vitali, momenti di crescita reali, passaggi verso una
maggior consapevolezza e maturità.
Quando sono uscito dalla convinzione che molto mi fosse
dovuto e che comunque avrei solo dovuto aspettare perché capitasse sono passato
dall’altra parte del guado, sulla riva dove occorre chiedere, per avere, e
bisogna pure accettare i tanti no ed andare avanti. Quando mi sono messo in
gioco, ammettendo le mie debolezze, rischiando quello che pensavo il ridicolo, dichiarando
le mie enormi insoddisfazioni ed i desideri dei quali persino mi vergognavo, ho
finalmente capito che un rifiuto è mille volte meglio dell’inutile attesa
dell’evento miracoloso.
Ricomincio, quindi, ma forse no. Ricominciare non mi serve a
nulla, è preferibile andare avanti e lottare più che altro contro me stesso
e meno contro gli altri.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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