Donato, come tutti, vive gli anni infantili senza far molto
caso al problema delle flatulenze, anzi, viene normalmente incoraggiato dai
genitori ad espletare con gioia tutte le sue funzioni fisiologiche comprendenti
cacca, pipì, ruttini, peti e quant’altro.
Un po’ più tardi, per quanto inizi a ricordare, certe sue
manifestazioni cominciano ad essere meno gradite, anche alle persone a lui più
care e vicine. Ricorda ancora con nostalgia il giorno nel quale la nonna,
passando nelle sue vicinanze ed annusando l’aria da lui decisamente ammorbata,
se ne esce con una frase che stampa nella memoria: “As sent c’at magni dla
sustanza!” (traduzione simultanea: “Si sente che ti nutri con alimenti
sostanziosi!”). In tal modo intendeva fargli notare come il benessere, che lei
in fondo non sapeva apprezzare rimanendo legata ai suoi piatti poveri della
tradizione contadina, lui invece lo sfruttava a suo vantaggio, mangiando bene e
di tutto.
Durante l’infanzia e l’adolescenza certe battute, in
particolare riguardanti le emissioni più rumorose ed odorose, tra maschi forti
ed abituati a tutto, diventano motivo di risate e di prese in giro, ma nulla di
più.
Solo qualche anno più tardi, con alcuni amici, andando in
giro in auto, ha luogo un piccolo salto di qualità. Quasi per gioco uno di
loro, un giorno, mentre il bel tempo permette di tenere i finestrini abbassati,
con voce allarmata dice: “Chiudi, chiudi!”, e alza velocemente il vetro dal suo
lato subito imitato dall’amico seduto a fianco. A quel punto, nell’abitacolo
sigillato, si concreta (termine ben meditato e adatto alla descrizione) una
puzza assolutamente incredibile ed insostenibile, quasi emetica.
In una memorabile serata che risale a quegli anni, Donato,
un amico e un’amica stanno discutendo di filosofia e di fatica di vivere, di
massimi sistemi e di solitudine, di teatro, di progetti ed ambizioni per il
futuro. Stanno parlando un po’ di tutto, insomma, e di nulla, quando lui se ne
esce, rivolto all’amica, con: “Sai che non ho mai parlato di scoregge con una
ragazza?”. A quelle parole l’amico per poco non si strozza per la risata che
non riesce a trattenere, e l’amica abbozza imbarazzata e con un sorriso di
circostanza, senza sapere cosa rispondere. In effetti non serve risposta. E’ un
modo di comunicare un’emozione, per così dire, non è neppure una domanda
retorica.
Con la maturità, le esperienze e la sistemazione affettiva
il tema non viene dimenticato. Stavolta è la sua compagna che condivide con
lui, in modo forse più delicato, la naturalezza della loffia, la poesia del
peto, la complicità del vento. Tutto sembra andare al suo posto, infine, senza
drammi o enfatizzazioni inutili. Eppure, ancora adesso, è un argomento del
quale non è educato parlare, almeno in pubblico. Lui se ne fa una ragione, e
sorride.
“Quando io scoreggio è lui a puzzare” Georges BenjaminClemenceau, in una discussione, indicando il suo capo di gabinetto.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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