domenica 22 febbraio 2015

Donato ma non profumato



Avviso: Lettura sconsigliata a chi non ama le puzzette e vuole evitare temi così volgari.



Donato, come tutti, vive gli anni infantili senza far molto caso al problema delle flatulenze, anzi, viene normalmente incoraggiato dai genitori ad espletare con gioia tutte le sue funzioni fisiologiche comprendenti cacca, pipì, ruttini, peti e quant’altro.



Un po’ più tardi, per quanto inizi a ricordare, certe sue manifestazioni cominciano ad essere meno gradite, anche alle persone a lui più care e vicine. Ricorda ancora con nostalgia il giorno nel quale la nonna, passando nelle sue vicinanze ed annusando l’aria da lui decisamente ammorbata, se ne esce con una frase che stampa nella memoria: “As sent c’at magni dla sustanza!” (traduzione simultanea: “Si sente che ti nutri con alimenti sostanziosi!”). In tal modo intendeva fargli notare come il benessere, che lei in fondo non sapeva apprezzare rimanendo legata ai suoi piatti poveri della tradizione contadina, lui invece lo sfruttava a suo vantaggio, mangiando bene e di tutto.



Durante l’infanzia e l’adolescenza certe battute, in particolare riguardanti le emissioni più rumorose ed odorose, tra maschi forti ed abituati a tutto, diventano motivo di risate e di prese in giro, ma nulla di più.

Solo qualche anno più tardi, con alcuni amici, andando in giro in auto, ha luogo un piccolo salto di qualità. Quasi per gioco uno di loro, un giorno, mentre il bel tempo permette di tenere i finestrini abbassati, con voce allarmata dice: “Chiudi, chiudi!”, e alza velocemente il vetro dal suo lato subito imitato dall’amico seduto a fianco. A quel punto, nell’abitacolo sigillato, si concreta (termine ben meditato e adatto alla descrizione) una puzza assolutamente incredibile ed insostenibile, quasi emetica.



In una memorabile serata che risale a quegli anni, Donato, un amico e un’amica stanno discutendo di filosofia e di fatica di vivere, di massimi sistemi e di solitudine, di teatro, di progetti ed ambizioni per il futuro. Stanno parlando un po’ di tutto, insomma, e di nulla, quando lui se ne esce, rivolto all’amica, con: “Sai che non ho mai parlato di scoregge con una ragazza?”. A quelle parole l’amico per poco non si strozza per la risata che non riesce a trattenere, e l’amica abbozza imbarazzata e con un sorriso di circostanza, senza sapere cosa rispondere. In effetti non serve risposta. E’ un modo di comunicare un’emozione, per così dire, non è neppure una domanda retorica.



Con la maturità, le esperienze e la sistemazione affettiva il tema non viene dimenticato. Stavolta è la sua compagna che condivide con lui, in modo forse più delicato, la naturalezza della loffia, la poesia del peto, la complicità del vento. Tutto sembra andare al suo posto, infine, senza drammi o enfatizzazioni inutili. Eppure, ancora adesso, è un argomento del quale non è educato parlare, almeno in pubblico. Lui se ne fa una ragione, e sorride.



“Quando io scoreggio è lui a puzzare” Georges BenjaminClemenceau, in una discussione, indicando il suo capo di gabinetto.

                                                                                             Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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