È martedì, e come al solito Søren entra nel locale verso le
21. Passa il polso accanto al sensore dell’ingresso e si ritrova nel grande
atrio che in quel giorno non è mai molto affollato. Saluta con un cenno del
capo alcune persone che conosce di vista poi sale la scala verde, evitando
accuratamente l’ascensore. Troppi anni compiuti da poco lo spingono a tentare
di contrastare il tempo che avanza facendo esercizio fisico, e le scale sono un
ottimo allenamento.
Il corridoio al primo piano è illuminato con luci basse, e
lentamente lo percorre sino alla porta con la spia verde che lo attende. Entra
senza bussare ed è in quella spiaggia, identica, col sole delle 14 alto in
cielo a bruciare la pelle, il mare azzurro e la sabbia che scotta sotto i piedi.
Lei lo aspetta stesa su una stuoia, incurante dei rari bagnanti a distanza
discreta. Lo fissa, lui lo sa, attraverso le fessure di quel cappello di paglia
che è anche l’unico capo di abbigliamento che indossa. Pure lui del resto non
ha molto di più addosso, e si avvicina per ritrovarla ancora una volta.
Quando esce di nuovo all’aria aperta, sulla Klostergade,
sono ormai le 7 di mattina di mercoledì, e si dirige senza alcuna fretta verso
il suo studio di consulenza matrimoniale, l’ultimo rimasto in tutta la città e
sempre meno frequentato. I vecchi clienti-pazienti ormai si vedono sempre più
raramente, e le nuove coppie tendono a risolvere le problematiche che
incontrano nelle loro relazioni usando la realtà specchio invece di parlarne
tra di loro o rivolgersi ad esperti. In certi momenti, passeggiando per Aarhus,
probabilmente sono più gli specchi delle persone fisiche che si possono
incontrare.
Ancora anni prima la situazione non era così, e chi parlava
del pericolo che correva la società intera a permettere questa rivoluzione
apparentemente indolore veniva considerato un pazzo catastrofista. Oggi,
semplicemente, nessuno si lamenta più.
Søren capisce ormai quando ha a che fare con una persona
vera oppure con uno specchio, anche a distanza, senza alcun bisogno di toccarsi
il polso. Se quella ragazza ha un comportamento provocante, veste con abiti ed
accessori che lo eccitano e sembra guardarlo con interesse è con tutta
probabilità uno specchio. Quella donna apparentemente dimessa, vestita senza
richiami calibrati sul suo immaginario e che cammina senza degnarlo di molte
attenzioni è invece sicuramente vera, prova le stesse sue paure e desideri, è
come lui. Poi però è assalito da dubbi. Non è vero che sia così facile. Alcuni
specchi assomigliano a persone reali, si mimetizzano per poter arrivare a
tutti, e nessuno riesce ad individuarli se non con sistemi costosi.
Un buon antivirus offre qualsiasi tipo di protezione, e
permette di individuare ogni tipologia di specchio. I migliori sanno
individuare anche onde pericolose o positive provenienti da persona reali, ma
sono molto costosi, e quasi nessuno se li può permettere. La maggioranza si
dota della soluzione standard, e conduce in questo modo una vita in precario
equilibrio tra illusione e concreto, riportata alla condizione naturale e
primordiale, l’incertezza.
Lui, tutti i martedì, ritrova la sua Bente nello splendore
della sua giovinezza, su quella spiaggia o in altri luoghi rimasti scolpiti
dentro. Non cerca altro. Quando ha cercato altro, perché lo ha fatto, ha
provato un piacere nuovo, ha fatto cose che con lei non era mai riuscito a
fare, si è immerso nella profondità più nera della sua fantasia e dei suoi
desideri, ha realizzato quello che in altri tempi lo tormentava, e poi si è
ritrovato senza riferimenti, col corpo placato ma la mente insoddisfatta.
Quindi si è stancato, ed ha lasciato perdere.
Non ha problemi economici. Da quando Bente se n’è andata per
sempre, tanti anni prima, è rimasto solo. Anche i figli, tutti con una vita che
ignora la sua, stanno lontani. Il suo cospicuo capitale gli permette di vivere
nel modo migliore quel momento, e l’antivirus è uno strumento indispensabile
per addentrarsi nel mondo parallelo degli specchi che gli restituisce le
antiche emozioni.
Il solo problema, con gli antivirus, è che devono essere
aggiornati, e che bisogna pagare l’abbonamento, ad ogni scadenza. Søren questo
lo sa molto bene, e fa attenzione ai segnali che il polso gli manda.
Un paziente gli ha raccontato recentemente che lui non si
fida degli specchi, che alcuni di loro non cercano di procurarti piacere o di
recitare una parte con il solo scopo di ottenere un giusto compenso a favore
chi li controlla. Certi, pare, sono programmati per illudere e portare via ogni
cosa, uccidendo, alla fine. Secondo quel paziente, che sembra ben informato,
solo un buon antivirus è in grado di proteggere contro questo tipo di rischi. E
lui preferisce evitare, uno dei pochi rimarti, gli specchi.
Søren, circa sei mesi dopo la seduta con quel paziente,
manda una paio di messaggi ai figli con un generico saluto, come fa ogni tanto,
non in modo regolare. Poi decide consapevolmente di non rinnovare l’abbonamento
ormai scaduto. Quella sera stessa, è martedì, entra per l’ultima volta
nell’edificio sulla Klostergade.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
mi hai commosso.
RispondiEliminaspero in modo accettabile, piacevole. altrimenti te ne chiedo scusa...
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