Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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Mi manca sempre il tuo sorriso, quello senza pensieri però, non quello che fa intuire altre cose. Non voglio più tristezza spacciata per memoria bella, finzione di allegria per non confessare ciò che non si vorrebbe affrontare. Un tempo sentivo la solitudine come un peso, a volte come una vergogna da non confessare né ammettere, piuttosto preferivo la fuga. Ora, dopo tanti anni, pur mantenendo il bisogno di avere qualcuno al quale dedicarmi, stare da solo in certi momenti lo apprezzo come un regalo anche perché solo non sono più da molto tempo. L’apparenza potrebbe essere altra, certi bisogni a volte riescono ad emergere e vanificano parte di quanto dico, ma il senso mi appare evidente, netto, anche nell’attesa dell’ultima mitica notte dell’anno. Ogni sera è l’ultima notte dell’anno, alla sera i giochi si sono fatti, null’altro rimane che aspettare il giorno dopo, che casualmente coincide anche con l’anno dopo. Nei primi giorni troverò strano scrivere la nuova data, poi mi ci abituerò. Gennaio sarà come al solito freddo. Febbraio sarà ancora freddo ma farà capire che si avvicina la primavera. E dopo, poco alla volta, le cose mi appariranno in discesa. Vedi di non fami mancare troppo il tuo sorriso. Ciao Viz.
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Se è possibile mai deludere un’attesa
Stupisci quando puoi, anticipa e spiazza
Meglio essere imprevedibili con un regalo che latitanti con chi aspetta
Se sei di umore nero vai a camminare da solo
Quando sembra che ogni cosa sia al suo posto condividi un po'
Un libro aiuta, certo, ma due parole giuste servono di più
La pietà, quando la usi, fai in modo che arrivi mascherata, lascio a te la scelta
Se poi non è pietà ma è amore, che non saprei definire ma mi sembra più completo, sei vicino al giusto
Quando non puoi evitarlo, sbaglia. Meglio così che non agire
Per cancellare qualcuno elimina ogni oggetto o immagine o regalo che lo ricordi. Alcuni non meritano spazio neppure in soffitta o in cantina
Una delle sole certezze è che non si è mai sicuri di nulla, né di cosa avverrà domani. Quindi, domani, spero che tu sia ancora qui con me. Ciao Viz.
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Mento sapendo di mentire e so che non sempre mi si crede, sono solo compatito o, nella migliore delle ipotesi, perdonato. Fingo tuttavia di essere serio, tento di salvare la faccia, come si usa dire. Quanti lo fanno? Non ne ho idea, forse non molti, e magari tra questi ci sono gli inconsapevoli. Cercare aiuto nell’astrologia non è logico, ma se anche gli astrologi consigliano di affidarmi ad un bravo psicologo forse pure l’astrologia fa qualcosa di buono. Del resto è dall’astrologia che è nata la moderna astronomia, l’osservazione scientifica con strumenti sempre più potenti dell’immensità che ci circonda. Tra le cose comiche (non cosmiche), astrologicamente parlando, sembra che potrei innamorarmi ogni giorno di cinque nuove persone, esattamente cinque. Però così non siamo seri. Magari infatuarmi, magari guardare qualche donna che passa o che incontro, magari spiare un profilo social, ma innamorarmi? L’amore è cosa seria, e quando le cose si fanno serie i giochi e le illusioni devono lasciare il passo. Anche mentire serve a nulla nel caso specifico, perché in amore la menzogna genera solo edifici dalle fondamenta fragili mentre è vitale che abbiano tutte le migliori caratteristiche antisismiche. Mentire tuttavia ha una sua forza generatrice, una motivazione, una causa scatenante che parte dall’egoismo. Si tratta del sano e irrinunciabile egoismo che non esclude gli altri ma assegna solo una scala di priorità. Se sto bene sono in grado di aiutare gli altri, e a quel punto divento anche generoso. Altrimenti rimugino, covo sentimenti sbagliati o di rivalsa o d’invidia. Magari è così, magari no. Il fatto è che non sono sicuro di nulla, malgrado gli anni accumulati resto in parte l’ingenuo che ero e devo ammettere che posso modificare abbastanza poco di quello che mi circonda. Spero molto negli altri, malgrado tutto. Ciao Viz. Meglio tentare di essere sani.
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Una tra le tante idee prive di senso comune è quella di pensare di comunicare con chi è partito e non è più possibile trovarlo tra i vivi. Magari qualche pazzo immagina di parlare con Giuseppe Garibaldi o con un proprio bisnonno morto oltre mezzo secolo prima e che non ha mai conosciuto, magari altri mantengono vivo un dialogo con chi invece hanno conosciuto. In questa seconda tipologia di pazzi è più facile ritrovare diverse persone, e ritrovarsi (come il sottoscritto). Ma arrivare sino al punto di scrivere una lettera, o magari solo una semplice cartolina? Ecco, qui si rischia una situazione assurda ai limiti del patologico, anche se inoffensiva per gli altri. Si potrebbe essere derisi e compatiti da chi se ne accorgesse, ed è consigliabile non dirlo o confessarlo a nessuno. Io immagino un postino che si ritrova a recapitare una busta con il nome scritto chiaramente e l’indirizzo preciso, completo di codice di avviamento postale e correttamente affrancata. All’indirizzo segnato però non risulta abitare nessuno con quel nome, o quantomeno nessuno ci abita più. Forse resta una famiglia che porta quel cognome, ma al citofono rispondono che non conoscono quella persona. Al postino potrebbe capitare pure di dover recapitare questa lettera a un ufficio pubblico, a un’azienda, a un istituto scolastico o a un grande museo. In quel caso il nome del detinatario sulla busta potrebbe essere quello di un ex dipendente, e sicuramente la lettera verrebbe recapitata ma ovviamente senza poi poter essere consegnata alla persona indicata. Quante saranno le lettere che così non saranno mai aperte, che siano consegnate o meno? Penso poche, ma se qualcosa si può pensare e immaginare credo che, pur se in percentuale minima, abbia la probabilità di essere realizzata. Ciao Viz. Meglio non pensare di essere pazzi e illudersi di essere sani.
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Nel mese di dicembre tradizionalmente cerco i calendari per l’anno nuovo
Alcuni li compro, altri li trovo in omaggio
Per quasi tutti loro ho uno spazio preparato
Ognuno poi ha un compito assegnato
Su un paio segno certi impegni, o i compleanni, e devono avere spazi bianchi, non solo i nomi dei santi
Uno mi ricorda Ferrara com’era una volta, e ci leggo alcuni proverbi e vecchie ricette
Un altro ha foto di gatti del gattile, e comprarlo è un modo per
dare una mano a quei volontari
Qualcuno mi capita di non usarlo, di non appenderlo. Magari fosse possibile mettere da parte quei giorni come il calendario non utilizzato
I calendarietti profumati del barbiere non li ho più trovati dopo che sono venuto via da Porotto. E nel mese di dicembre chissà perché avevo sempre i capelli da aggiustare
I tuoi calendari li ho conservati, ma non so se li terrò ancora. Ci segnavi cose serie, dolorose, vorrei scordarle
Non te vorrei scordare, non mi sarebbe possibile, solo certi giorni che quelle pagine di calendario mi ricordano
Calendari, lunari, agende e giorni futuri. Quando sono passati andrebbero buttati.
Ciao Viz. Non so cosa darei per invitarti ad uscire in un posto che tu non hai mai visto. Lo vorrei segnare sul calendario
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Con i mezzi adatti nessuna impresa è impossibile, tranne immagino tornare dalla morte. Forse però neppure quella sarebbe impossibile se il mezzo adatto ci fosse messo a disposizione. Meglio però allontanare pensieri neri in giorni che dovrebbero essere di festa e di regali, di auguri e di progetti. Da sempre amante della guida, a volte sono stato temerario ai limiti dell’incoscienza, ora posso ammetterlo. Nei momenti di difficoltà alla guida quasi mai mi sono lasciato abbattere da quello che mi capitava. E ho trovato spesso chi mi ha aiutato a togliermi dalle situazioni nelle quali mi ero cacciato, come una volta a Sorrento e, molti anni dopo, sulla costa dalmata. Poiché posso ancora raccontare quei momenti evidentemente li ho superati.
Prima di conoscerti, a Levico venne una nevicata epocale. Praticamente la circolazione era quasi bloccata ma io decisi che, se montavo le catene alla 850 Fiat che avevo in quel momento, potevo avventurarmi sulle strade. E così salii lungo la provinciale verso Panarotta completamente bianca sia sul fondo sia ai lati, e anche sugli alberi attorno. Feci sbandate e ripresi ad andare diritto, e dopo la salita ridiscesi verso casa. Non ricordo per quanto guidai, ma mi divertii. Molti anni dopo tu avevi bisogno di andare ogni giorno da Rovereto a Mezzolombardo. Avevamo una sola auto, una Panda rossa, e per sicurezza montammo per il periodo invernale pneumatici chiodati. Con quelle gomme la velocità massima era di 90 km/h ma l’auto restava inchiodata letteralmente alla strada, anche in situazioni estreme. Quando pure io potevo guidare mi divertivo a cercare le strade ghiacciate. Con due amici che erano venuti a trovarci da Rovereto salimmo a Folgaria e da lì prendemmo una stradina secondaria tra gli abeti innevati. L’asfalto era gelato ma con l’auto di allora potei fare cose che ora, con le gomme termiche, mi sogno. Si tratta, come dicevo, di avere i mezzi adatti, e delle necessità che spingono ognuno di noi a dotarsi di ciò che più conta. Ora ho altre priorità, che tu capisci meglio di me. Ciao Viz.
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Nelle notti stellate e serene le stelle ormai morte ci mandano ancora la loro luce, e quelle che sono nate adesso non le vediamo tutte. Così come le stelle siamo anche noi, restiamo dopo essercene andati per chi può vederci se alza gli occhi ed è sereno. E in molti non ci hanno ancora visto ma saremo nel loro futuro perché le scelte, alcune scelte, avranno effetti anche sugli altri. Quindi Viz? La mia idea è che ancora mi resta da capire almeno il 99% di quello che ho vissuto, e magari sono pure ottimista.
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Sotto il pero sarò sincero, ci andrò quando sarò sicuro che potrò dire ogni cosa senza ferire nessuno, senza procurare dolore, quando verrà il tempo giusto.
Sotto la vite dovrò stare basso, quasi in ginocchio. Magari mi si potrà scambiare per qualcuno che prega, o forse per chi ha perduto qualcosa, o qualcuno, chi può dirlo? Ma quando mai chi ha perduto qualcuno lo cerca sotto una vite?
Sotto il fico resterò semplicemente all’ombra. Se ci arriverò facilmente prenderò qualche frutto, oppure mi accontenterò di guardarlo dal basso. Da bambino salii molte volte su un fico, a Porotto, ed ogni volta mi urticai con le sue foglie.
Sotto i piccoli aranci non ci potrò stare, troppo bassi. Se ricordi, in Grecia, la nostra tenda in quel campeggio spuntava sopra quegli alberelli. Che nostalgia, e poi quel cagnetto che ci rubava le ciabatte? Cose passate.
Ed ora sotto quale albero potremmo andare? Un’idea sarebbe il tasso del tasso del Tasso. Ecco l’albero del tasso, quello mi piacerebbe, stando attento alle sue bacche non propriamente salutari, in particolare il loro seme. Con grande attenzione quindi, sempre, e con amore. Ciao, Viz.
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Hai capito? Chiamiamola Gianna, e non Intelligenza Artificiale. Non ti piace Gianna, allora va bene Luisa, Ermenegilda, Deosolinda, oppure anche Franco, perché non Franco? Il fatto è che questa Intelligenza Artificiale non esiste come viene raccontata, è semplicemente (semplicemente?) un programma in continua evoluzione e miglioramento, un algoritmo per dirla con altre parole, una successione di istruzioni per eseguire un certo compito. Ha una potenza inimmaginabile alcuni anni fa, sa fare cose tra le più diverse, e molte di queste non sono di dominio comune, ma è pur sempre un prodotto dell’intelligenza umana. Sa migliorarsi da sola, sa imparare dai propri errori, si adatta, magari diventerà ancora più evoluta, anzi, certamente lo diventerà, ma resterà sempre un algoritmo. Dobbiamo temere l’algoritmo? Certo, ma dipende da chi lo usa e perché. Del resto queste scelte che decidono della nostra vita o della nostra morte sono già affidate ad alcuni programmi, come pure la possibilità di trovare lavoro o di avere il giusto prezzo per un titolo di viaggio. Allora, Viz, io la chiamo Gianna (anche se sono più di una), e che gli altri la chiamino come desiderano. So già che la Gianna di oggi però non sa ancora fare cose che la Gianna domani avrà imparato a fare.
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Ora mi piace ritornare a nostre antiche avventure. Antiche perché io sono antico. Appartengo al secolo scorso, alla fine della prima metà del secolo scorso per essere preciso. Tu sei stata meno antica, appartenendo alla seconda metà del secolo scorso, ma questa relativa giovinezza non ti ha impedito di partire prima di me. E questo non era preventivato. Adesso però vengo al tema. Durante le vacanze estive molti anni fa ci recammo in una grande città europea che non voglio citare, parcheggiammo l’auto poi ci allontanammo di poco per vedere cosa succedeva attorno. Alcune persone cominciarono a muoversi in modo sospetto vicino alla nostra auto e a quelle accanto. Ritornammo sui nostri passi e ci spostammo in un altro quartiere, poi rimanemmo ancora di guardia ad una certa distanza, guardammo quello che succedeva poi ritornammo indietro e ci spostammo nuovamente. Lasciammo l’auto parcheggiata solo quando, finalmente, ci sembrò che il posto fosse tranquillo. Prima di partire ci avevano avvisato che i furti sulle auto erano frequentissimi in quella città, e a noi non andava di farci danneggiare l’auto e farci rubare i bagagli mettendoci in difficoltà lontani da casa. Fummo fortunati perché quando tornammo dopo quel viaggio non registrammo nessun problema particolare mentre ad una coppia di nostri amici, lo stesso anno, andò peggio. E indirettamente anche noi ne fummo danneggiati. Loro avevano alloggiato in un albergo e l’auto l’avevano messa nel parcheggio riservato dell’albergo; la direzione tuttavia escludeva la sua responsabilità per eventuali furti e danneggiamenti, segno che la cosa non era tranquilla. Fatto sta che l’auto fu aperta e a loro rubarono alcune borse, in particolare quelle con abiti sporchi e con i regali per gli amici. Quindi, quell’anno, non avemmo i loro regali di viaggio. Non sempre però fummo tanto attenti e fortunati. Un giorno, in quel periodo e in Italia, parcheggiammo su un lungomare prima di andare in spiaggia per trascorrervi la giornata. Al ritorno ci avevano rotto un finestrino e rubato poche cose. Il danno maggiore fu il finestrino rotto, non il furto. Poi per ripulire dai vetri all’interno dell’abitacolo mi tagliai pure un dito. Ecco, non sempre le vacanze sono state tranquille e spensierate, ma questa sembra sia la vita. Ciao Viz, il Natale continua ad avvicinarsi.
Silvano C.©
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Lo so che in alcuni giorni i pensieri vanno in zone dove il dolore staziona e non si vuole spostare, lo so. Però adesso ti voglio parlare di una gatta, perché mi sembra giusto, e perché penso che ti avrebbe fatto piacere conoscerla. Nelle sue vite precedenti magari l’hai pure conosciuta, chi può dirlo, io certamente no. Lei è elegante, nera con la pancia e le zampette bianche, i lunghi baffi e un po' cicciotta. Da alcuni anni vive con noi, richiede attenzione, ha i suoi gusti non da gatta perché preferisce alcuni cibi che mangiamo noi umani e non le scatolette per gatti. Ama il pollo e il tonno. E pure sui suoi croccantini ha le idee chiare, alcuni tipi non le piacciono. Ha occupato i suoi posti, in parte tuoi, in parte nostri, e non gradisce essere spostata quando ha trovato una sistemazione che le va a genio. Non ama stare sulle ginocchia, si spaventa quando sente rumore di sacchetti di plastica o si accende un’aspirapolvere, mentre le piace stare sulla lavatrice in funzione, magari anche quando fa la centrifuga. Mi avrebbe fatto piacere che ti avesse fatto compagnia in alcuni giorni, lei lo avrebbe fatto certamente. Ciao Viz, il Natale si avvicina.
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Ho ricevuto l’invito indiretto ad ascoltare una canzone. L’autore e cantante l’ho amato a lungo ma, lo ammetto, quella canzone non la conoscevo e se l’avevo già ascoltata non la ricordavo più. Non mi ha trasmesso molte emozioni però malgrado il testo mi richiamasse immagini già conosciute attraverso altre sue canzoni. In sintesi una bella canzone alla quale non ho la possibilità di associare nulla, non un viaggio in Liguria di moltissimi anni fa né una serata con te o con altre persone. Una canzone sprecata, isolata, dimenticata dalle mie esperienze perché nessun amico l’ha legata a qualcosa che ci ha unito brevemente o lungamente.
È semplice. Nulla, nessun oggetto che insisto a trattenere accanto a me, assurdamente per alcuni, avrebbe valore se non mi ricordasse te, nostro figlio, i nostri genitori, i nostri amici comuni o qualcuno in qualche momento della mia vita. Una foto, un quadro, un soprammobile, una semplice presina da cucina servono solo a riportarmi le persone, a costringerle a restare e a non dar loro la possibilità di andarsene senza la mia approvazione. E infatti è con un sottile e perfido piacere personale che a volte ho buttato e continuo a buttare oggetti che mi riportano chi non m’interessa più. Sono io il sommo giudice che decreta l’oblio o la perpetua memoria associata alla riconoscenza. Io e nessun altro, ed è quello il motivo che mi rende prezioso uno strofinaccio e odioso un grande vassoio. A proposito, quello devo decisamente riciclarlo, proverò a disfarmene. Ciao Viz, tra poco è Natale e con calma mi sto preparando.
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Una cosa penso sia evidente, che uso il blog invece di andare da uno bravo, e gli effetti di questo immagino siano visibili anche ad un lettore distratto. Tuttavia continuo, e mi lascio andare a pensieri che potrebbero apparire come parziali confessioni, o anche solo ammissioni, o ricordi. Ad esempio le parole che non ho mai detto: a volte ho fatto bene a non dirle, è stato meglio, altre volte invece le davo purtroppo come sottintese, ed ho fatto male a non pronunciarle. Alcuni non li cercavo ma poi, se non c’erano, dovevo andare da loro, e mi riferisco in particolare ai miei. Come si fa a parlar male della famiglia, come talvolta mi capitava, e poi a sentirne la mancanza? E come potevamo noi due pensare di trascorrere assieme le feste di Natale se le nostre famiglie vivevano lontane tra loro e non avevamo una casa, come avevano alcuni nostri amici, con stanze in grado di ospitare tutti? Ricordi come stabilivamo i turni di permanenza a Ferrara e a Carpi, come misuravamo il peso dei singoli giorni e come a volte, per stare con i nostri, eravamo noi due che rinunciavamo a stare assieme? Ogni periodo di festività che arriva non posso fare a meno di pensare a quei tempi ormai lontani. E che mi mancano. Ma se mi facevano stare male come posso dire che ora mi mancano? È semplice, so che spesso mi contraddico. Ciao, Viz, sorridi, tra poco è Natale.
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Armadi per scheletri e mobili dotati di sottofondo. L’arredamento potrebbe iniziare da queste tipologie fondamentali. Prima dovrebbe venire la scelta della casa però, essenziale, perché influenzerà ogni cosa a venire. E anche le condizioni per abitarci: in affitto o di proprietà? Ecco perché mi faccio distrarre da alcuni momenti vissuti, ritornando al momento di alcune scelte che facemmo assieme. Tu hai capito perfettamente cosa intendo, gli altri non so, amo alludere e non dire, far intuire ed evitare chiarezze. Ma qualcuno mi conosce meglio di come possa pensare, o ha di me immagini precise e non campate in aria che in parte ignoro io stesso. Tu mi intuivi, accettavi, spiegavi. Mi lasciavi sfogare e poi mi rimettevi sul percorso che avevo perduto. E sapevi che per natura raccontavo storie, e sapendolo raccontavi a me storie diverse, così che ci credevo. Non è stato inutile, nulla, anche gli errori mi hanno tenuto legato a te, quelli che hai saputo me li hai perdonati. Ma io cosa ti potrei mai perdonare? Troppo facile per te vincere a punteggio pieno, e lo dico a quasi otto anni da quando sei partita, e così non ho alcuna possibilità di rivincita. I giochi sono stati fatti, le scommesse sul tavolo ormai accettate e i dadi hanno dato le loro risposte, quasi tutte. Restano ancora alcuni dubbi e l’anno nuovo che verrà porterà qualche risposta. Strana l’idea di pensare alla vita come ad un gioco d’azzardo, anche se certamente contiene una parte di vero. Ciao, Viz.
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Ci sono giornate destinate a restare, quando il calendario arriva alla data quella giornata ritorna. È così per tutti, io non faccio eccezione. Quella giornata prima non aveva valore, non si differenziava dalle altre, poi è diventata un punto di riferimento, l’occasione per un regalo e una festa. Regali potenzialmente ne avrei pronti molti, uno in effetti è impacchettato già da anni, e nel frattempo ho persino scordato esattamente il titolo del libro che nasconde. Quando il tempo passa alcuni particolari spariscono, assieme alle persone. Resta al loro posto qualche ombra, restano sorrisi a volte tirati, resta vera allegria depositata sotto strati di altro, sempre più in basso. E fare geologia dei sentimenti non sembra possa produrre effetti positivi. Non si recupera nulla di concreto, solo memoria, un patrimonio immateriale personale provvisorio. Quindi, ad essere onesti, io faccio un’operazione senza fini pratici, destinata a rinnovare nostalgia e dolore, che non mi arricchisce di denaro del quale non ho immediato bisogno ma che non mi basta mai, temendo di averne bisogno in futuro. Ma smetto, piuttosto apro una bottiglia di bollicine, una piccola, e faccio un brindisi con lui dedicato a te. Ciao, Viz.
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