martedì 2 luglio 2024

Un particolare sguardo

So di farmi male e tu, se puoi, evitalo. Nessuno ti costringe a leggere. Pure io dovrei evitare di pensare a queste cose, ma ugualmente lo faccio, ci penso invariabilmente e le affronto ogni giorno da punti di osservazione leggermente diversi sapendo che non portano a nulla se non al dolore, senza soluzione possibile. Sono autolesionista, lo ammetto. Il fatto è che ciò che è stato non si può mutare. Si può dimenticare, minimizzare, superare e metabolizzare, si può affrontare con mille diversi atteggiamenti, ma rimane quello che è stato. E arrivo al dunque, se ancora mi leggi. Lo sguardo di un piccolo cane ferito a morte mi rimanda ad oltre cinquant’anni fa, e sono costretto ancora adesso a rivederlo perché su quella strada di Mori dove lo vidi allora ci passo abbastanza spesso. Lui ritorna, come allora, ancora vivo mentre aspetta la fine. E mi rimane un’altra testimonianza che conosci bene, che tendo a rimuovere ma conservo gelosamente e non mostro a nessuno. Magari la cito ma non la faccio vedere. Uno sguardo triste che sente il peso dell’inarrestabile e che per un attimo smette la maschera dell’allegria e del sorriso per pensare a quello che arriverà, troppo presto e non voluto. È diverso finire quando la vecchiaia ha prosciugato molti degli impegni presi, dei progetti, delle forze residue, quando la vita si è vissuta sfruttandola sino all’ultimo. È come alzarsi da tavola a metà del secondo piatto senza poter assaggiare nulla di quello che sarebbe stato servito dopo, senza neppure sapere cosa aveva preparato il cuoco. Quel particolare tipo di sguardo nessuno merita di essere costretto a farlo, nessuno, assolutamente nessuno. Ciao, Viz.

                                                                                                 Silvano C.©

                           (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

lunedì 1 luglio 2024

Come finirà, chi è l’assassino?

Da lettore amatoriale di gialli ammetto che l’idea di indovinarlo prima di vederlo scritto il nome dell’assassino di turno mi interessa relativamente. Non cerco neppure di cogliere gli eventuali indizi messi nella successione delle pagine che leggo prima dell’ultima, e non sempre la scelta dello scrittore è quella di fornire questi suggerimenti nascosti. Solitamente mi piace leggere come è ambientata la vicenda, come agiscono i personaggi, quali stimoli o informazioni mi restituisce lo scrittore su città o luoghi che non conosco. In ogni modo, quando un caso poliziesco reale è chiuso, quando non esistono più dubbi di alcun tipo sull’identità del colpevole, allora è possibile raccontarlo, a chi non lo ha seguito in cronaca, come se si trattasse di un giallo appena pubblicato. Ma il gioco in quel caso è scoperto, chi racconta sa come finirà e la sua abilità è solo quella del simpatico affabulatore che però non ha inventato nulla. Lo scrittore di gialli invece deve inventare, magari partendo da fatti realmente successi, ma poi quando scrive sa cose che il lettore non sa ancora, cioè come finirà. Nella vita è lo stesso, come ad una cena al buio, come partecipando ad una gita organizzata da altri e con sorpresa finale. Chi la può raccontare a cose fatte conosce il finale, sa il nome dell’assassino, del commensale ignoto o gli è noto da prima il regalo strano. A volte, capita, non piace come è finita, si accetta non volendo ma continua a non piacere. Ecco. Di gialli ne ho letto tanti, e tanti non li mai letti. Tu cosa ci capisci di tutto questo? L’essenziale, è evidente. Ciao, Viz.

                                                                                                 Silvano C.©

                           (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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