Tanti
anni fa studiai ed applicai le teorie di Robert F. Mager, in particolare quelle
contenute nel suo testo Analisi degli obiettivi, tradotto in italiano già nel
lontano 1982, come si vede QUI. Quel testo fu innovativo, senza dubbio, e molto
di quanto vi si può leggere è utile ancora oggi, tuttavia riguarda teorie
didattiche valide circa 40 anni fa, ed oggi parzialmente superate, o quantomeno
integrate e completate da nuove indagini e scoperte.
Fa
impressione quindi che ancora qualcuno applichi quasi alla lettera, come se
fossero novità, tali datate teorie. Ad esempio QUESTO sito, nel quale la cosa
più comica che mi viene da notare è che, in fondo, si diffida dal copiare e
riprodurre i contenuti (non originali, ma copiati pure da chi lo gestisce) in
qualsiasi forma senza espressa autorizzazione. Ai limiti della correttezza
insomma. Basta vedere QUI, per rendersi conto che il contenuto in italiano non
è per nulla originale, come non lo è la tabella, che è semplicemente tradotta,
come si può dedurre dall’immagine del post.
Uno
dei danni peggiori prodotti da tale impostazione logica sta nel non mettere in
modo esplicito, al primo posto, la persona e non l’obiettivo da raggiungere. Tutto
sembra logico e tassonomicamente corretto, con caselline da riempire, con processi
verificabili, esattamente cose se si trattasse di produrre un’autovettura, e
senza valutare che tutte le sue componenti, se non perfette, vengono scartate in fase di catena di montaggio, mentre noi non possiamo mai scartare un alunno a
scuola, un figlio a casa, una persona in qualsiasi posto di lavoro si trovi, e
neppure, mi sembra un'ovvietà, dimenticare chi un lavoro non lo ha.
Questa
logica ha creato indicazioni didattiche sbagliate nella scuola, specialmente in
un periodo storico non troppo lontano nel tempo, quando al posto del ministro
competente sembrava fosse arrivato un manager industriale con le idee da manager
industriale. Le parole d’ordine erano “efficienza” e “risultati”, e questo a
scapito di alunni, famiglie ed insegnanti, oltretutto con tagli notevoli alle risorse, perché occorreva
“razionalizzare” (leggi: risparmiare), e produrre meglio con meno soldi e
personale a disposizione.
Ora
sinceramente quando ancora leggo certe teorie che si rifanno a questi tempi io
non posso che essere diffidente. Per fortuna le cose sono mutate, negli anni,
molti insegnanti hanno fatto scelte di buon senso salvando quanto andava salvato ma
adattandolo alle nuove esigenze, pur se con mezzi sempre più scarsi, perché in
Italia non si vuole ancora capire che l’istruzione è un investimento sul nostro
futuro, non una spesa inutile. Ora si parla di competenze, certo, ma si tiene
conto della persona, a volte forse con troppa indulgenza, ma certamente è preferibile
questo al confondere un bambino con la portiera di un’auto.
Ogni
bambino è un individuo da capire e valorizzare per quello che è, quindi non è
inseribile in alcuna tabella preconfezionata, e sicuramente non potrà mai
corrispondere, in toto, a quanto riportato in ogni singola cella.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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