Prima sembrava che quasi
non fosse possibile far nulla senza vederci. Le giornate erano scandite da
impegni normali ma, a far da filo conduttore, un’amicizia-condivisione di uno
stile di vita, di una visione del mondo.
Dopo ecco temi da non
toccare, un privato che è evidente debba restare privato, ed incontri e storie
dai quali si è esclusi.
È normale fare quanto
si può, come ad esempio dare una mano nel trasloco, o assistere per una notte
in ospedale. È normale anche dare un passaggio auto, ma il normale finisce
quando non si è accettati per una gita (se non per l’intercessione di un’amica
alla quale non si può dire di no) e neppure ricevere un rifiuto quando si
chiede un favore perché, ancora, non si ha un telefono in casa.
Quella che sembrava un
inizio, una nuova prospettiva di futuro (l’adolescenza accettata tra le altre
adolescenze) non si può interrompere per pochi chilometri di distanza, improvvisamente divenuti un ostacolo. Eppure questo
avviene. Anni trascorsi assieme vengono ignorati, superati, gettati alle
spalle. E tutto, anche se sembrava impossibile, si concretizza. La vita va avanti
ma sembra, per un po’, dimenticarsi di te.
Nulla è più precario
del tentativo di curare una ferita ed un distacco se nel frattempo ci si è
corazzati contro il dolore. Nulla è mai definitivo, ovviamente, e la
contraddizione in queste righe è evidente, ma come le stratificazioni
geologiche, inizialmente incoerenti e friabili, poi mutano in calcare, così la
stessa mente si stratifica, impara dagli errori, aggiunge informazioni, diventa
sempre meno disposta a mutare. La mutazione è già avvenuta.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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