Le
attese sotto la pioggia mi fanno male. Non nel senso che mi prendo qualche
malanno, ma perché mi guardo attorno e confronto le immagini che vedo con
quelle immagazzinate nella memoria a lungo termine.
Il
risultato è che rischio sempre di rimpiangere il tempo che è ormai trascorso e
non tornerà più, cosa tra le più stupide in assoluto che si possano fare.
Ma
se pure tu, ora, sei in questa predisposizione di spirito, ti devo raccontare i
fatti oggettivi, quelli separati dalle opinioni, e poi magari anche un'osservazione soggettiva, discutibile.
L’inizio
riguarda una casa a più piani, che comincio ad osservare incuriosito dalle
prime luci accese dietro un paio di finestre. Poi le imposte di una di queste
finestre si chiudono, e rimangono le luci solo dell’altra, che stranamente si
accendono e si spengono, in modo irregolare, alcune volte.
Poi,
a luci tutte definitivamente spente, guardo l’altezza delle finestre stesse,
diversa da piano a piano. E così vedo vecchie case con soffitti altissimi, e
case più recenti, con soffitti molto più bassi. È solo la mia esperienza
personale? Ne dubito. Molti vecchi edifici, pubblici e privati, avevano vani
interni con altezze mediamente maggiori a quelli attuali.
Poi
mi metto ad osservare un paio di pilastri che danno accesso ad un cortile
privato, un tempo probabilmente un vero cortile, cioè spazio vuoto, ora
trasformato in un parcheggio, pieno di auto. Il confronto col passato nella
memoria è già anticipato. L’uso degli spazi è mutato. Ci sono meno vuoti
liberi, è aumentato il pieno, l’occupato, l’utilizzato. Ci stiamo
specializzando e restringendo le nostre aree. La cosa è evidente confrontando
qualsiasi vecchia foto di una citta negli anni 50 e 60 con le foto delle stesse
piazze e delle stesse strade oggi.
E
poi di nuovo i due pilastri. Ma cos’hanno di strano da attirare la mia
attenzione? Ed ecco la risposta. Non hanno alcun cancello. Sono esattamente
come tantissimi pilastri della mia infanzia che non avevano la funzione di
chiudere, ma di segnalare un punto di passaggio, un’entrata, e di evitare a chi
non faceva attenzione di entrare in un fosso invece che nel cortile. Anche allora
molti pilastri avevano cancelli, è chiaro, ma io ricordo in particolare solo i
cancelli di ville, di proprietà private di persone ad un certo livello sociale.
La gente comune non ne aveva bisogno, difficilmente aveva cancelli se non per delimitare
spazi pericolosi o per chiudere orti e pollai. Ora invece tutti o quasi
racchiudono con cancelli la loro proprietà. Il dentro ed il fuori vengono
definiti in modo visibile, tangibile. E non è solo un fatto di sicurezza, ma, e
qui esprimo la mia opinione, è l’individualismo che prende il sopravvento. Sono
spariti del resto i grandi spazi dove i ragazzi giocavano liberamente e
sono sempre più diffusi gli impianti sportivi pubblici o privati delimitati,
chiusi, recintati.
Ecco,
è finito il tempo degli zingari nomadi, che potevano muoversi e trovare ovunque uno spazio
utilizzabile, anche se per un tempo limitato. Pure i circhi ed i luna park
itineranti hanno sempre minori opportunità di soste. Io rimpiango quegli anni? Non
lo so. Non so se ci tornerei volentieri. Vedo solo che le cose, e gli spazi,
mutano.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Mi hai fatto pensare a mia nonna materna (classe 1900),non chiudeva mai l'uscio di casa perché,a suo dire,tutti dovevano trovare rifugio e ristoro.Come un barbone al quale diede pane carasau e pecorino,ed io ricordo ancora come era sporco e maleodorante. Lui mangiò e salutando se ne andò. Ci lasciò le pulci e mia madre sgridò mia nonna che replicò "A casa mia troverá rifugio chiunque avrá bisogno"
RispondiEliminaNon ha mai chiuso la sua porta a chiave.
Altri tempi :) ciao Silvano...e grazie
ciao Antonella, grazie a te...:-)
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