Ritorna dopo 35 anni e ricorda che già vi era passato,
un giorno, esattamente il lunedì dell’Angelo, e già in quelle poche ore nulla o
quasi gli tornava esattamente come era stato.
Che bastardo sei, Tempo. Crei immortalità effimera e te la
godi nel vedere lo spaesamento di chi non ha più la possibilità di recuperare dai
bagagli quelle poche cose, o di rivedere quelle persone, o di annusare i
profumi, di sciogliersi in slanci nuovi ed incoscienti. Ma te lo hanno detto in tanti, lo so, quindi
è inutile che lo ripeta io, che non conto nulla.
Lui ritorna, dicevo, e dopo aver riportato alla
mente quelle poche ore scava, torna indietro, a vari anni prima, quando su
quella sabbia ci andava con amici, ed è costretto a ripassarli in ordine, perché
alcuni di questi sono stare vere meteore, bruciate ancor prima di toccare il
suolo. Altri sono stati meteoriti. Cadendo hanno prodotto piccole o grosse
ferite (dovrei dire crateri, ma è un gioco degli scambi, è chiaro), e non sono
stati dimenticati in modo indolore. Pochi altri non se ne sono andati, e lui,
quelli, non li vuole lasciare andare. E per quale motivo poi? Chi ci segna
lascia un segno, come una nuova ruga sul viso, ed è la nostra nobiltà vissuta. Comunque
sia stata non è mai finita.
Poi, precipitando all’indietro sempre di più,
vuole ritrovare un bambino con la madre, il sole di allora, l’acqua salata e la
piccola barca di legno colorata in giallo e rosso, con la vela di stoffa. I luoghi
sono mutati ma non è impossibile sovrapporre ieri ad oggi, anche se non
fisicamente, con immagini reali.
Il suo ieri è l’oggi di molti bambini, tanto
lontani dalle sue esperienze però, e ugualmente vicini nei loro timori, nelle
loro cattiverie e vendette, nei loro entusiasmi facili da creare e da scordare.
Il tempo rallenta ed accelera, gioca, non si fa misurare
neppure se ci si prova con grandi mezzi. Rimane soggettivo, in quello che
conta. Le separazioni schematiche e di comodo lui si diverte ad arruffarle,
metterle in disordine, a sovrapporre in modo inestricabile.
Ma ti ricordi, ora, da dove tutto è iniziato? Quale
è stato il primo errore che ha innescato tutti gli altri, ammesso sia possibile
leggere in tal modo la piccola storia senza importanza di una sola donna o di
un solo uomo? Sei così, ora, anche grazie a quell’errore, e non sai neppure
dire se alla fine sia stato un vero errore, o semplicemente una scelta casuale,
neppure tua, o, ancora meglio, un caso, non scelto, senza l’intervento della
volontà di nessuno.
Hai paura che ti vengano tolte cose e persone. Tutti
ne hanno paura. Hai conosciuto maestri, nel senso pieno della parola, ed hai
incontrato veri e propri stronzi, ed anche loro ti hanno insegnato molto.
Ma il bambino che giocava col trenino a pile, con quei
binari sempre troppo corti per raggiungere le mille città lontane, le montagne
che si vedevano solo nelle giornate più limpide e per infilarsi dentro le
gallerie scavate nel buio della roccia continua a giocare senza pensare ai tuoi
problemi. Lui non ha i tuoi problemi e tu li hai scordati i suoi, quelli importanti. Adesso
ti viene in mente soltanto che quella locomotiva nera aveva un fumaiolo con un
bastoncino infilato e nascosto dentro, e faceva fumo sul serio, se si
accendeva. O che la preziosissima batteria si consumava prestissimo, e tutto il
trenino, tristemente, si fermava, su un binario inutile. Quella batteria, poi,
avvicinata alle braci del camino, riprendeva un po’ di energia, ed il trenino
faceva un altro giro, e, forse, dopo, un altro ancora.
L'immagine (da me modificata) viene dal profilo Pinterest di Anna Maria
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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