…Si scioglie in bocca,
e l’amaro che era arrivato subito ai recettori viene sostituito da un gusto più
pieno e morbido nel quale non manca il dolce...
Quando
si sveglia di soprassalto dal dormiveglia gli rimane addosso questa stranissima
immagine di lui che viene mangiato e giudicato con parole simili a quelle usate
da un sommelier.
Ma quando mai io sono
stato un cioccolatino? A me il cioccolato piace mangiarlo, mi piace moltissimo,
mentre odio le caramelle, inutili concentrati insulsi di zuccheri senza anima e
aromatizzati spesso in modo improbabile e pieni di coloranti. Anche se il
cioccolato sembra la stessa cosa un abisso lo separa dallo zucchero fuso, più o
meno ammorbidito.
E
l’omino biscottino? Non c’entra nulla, semplice assonanza. L’uomo cioccolatino magari non sa neppure
di poterlo essere, oppure vorrebbe ancora esserlo, ritornando ad un tempo
totipotente e molto deludente. In quegli anni, dalle mille possibilità ipotetiche
e molto fantasiose, il senso di inadeguatezza era troppo forte per poterli
vedere come un periodo da rimpiangere. Se
potessi tornare indietro con l’esperienza di oggi, ha appena ricordato da un
frammento di discorso rubato in strada solo ieri.
Ma come si fa a dire
una tale ovvietà, a non sentirla banale, espressa e pensata milioni di
volte, e poi da parte di un uomo anziano, che dovrebbe evitare di pronunciare
simili inutilità, visto il poco tempo che gli rimane da vivere?
Ma dove sarebbe meglio
vivere?
gli viene subito da pensare in un attimo di pazzia possibilista. Nel nord profondo, con lunghissimi mesi
invernali da far trascorrere inventandosi una solitudine operosa e caldi
contatti umani resi indispensabili pena il suicidio o nel sud della vita all’aria
aperta, dello stare assieme o separati ma sempre tra gli altri, tanti altri, e
col sole, il mare, gli odori della vegetazione di alcune mie vacanze? Vivrò dove
dovrò, dove mi spingerà il vento e la disperazione della scoperta, la curiosità
del nuovo e la ricerca di mia madre dimenticata, il ricordo assoluto e il
bisogno impossibile di riaverti.
Essere
un cioccolatino, rimanere nella confezione sino al momento giusto, finire in
una esplosione di colori e suoni come quelli di una banda dixieland. Essere mangiati
è nel destino. Sfuggire al destino è impensabile. La sola alternativa è essere
dimenticati nella scatola, rinsecchirsi, ingiallire, degradarsi già da vivi. Un
fuoco artificiale, anche quello sarebbe bello. Pericoloso ma bello.
Quando
tu hai chiuso con questa nostra commedia in parte credo tu ne abbia
inconsciamente scelto alcune modalità. Ad altre, troppe altre, ti sei piegata perché
non ti era possibile alcuna opposizione. Credo che la sofferenza stessa alla
fine abbia pietà di noi e decida quando cessare, anche se ci illudiamo di
poterla controllare e restare padroni di noi stessi.
Se io sono un uomo cioccolatino in fondo non mi va
neppure male, credo. Il cioccolatino, insomma, pur avendone il colore, non è
cacca.
Silvano
C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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