Le
esigenze fortissime e inconciliabili sono due.
La
prima, che sento come irrinunciabile, è quella di mantenerti con me. Lo devo a
te ed a me stesso, lo devo a nostro figlio. Quello che gli altri ricorderanno,
di te, mi riguarda solo in parte. Io intendo ricordarti e mantenere i segni,
anche quelli minimi, che mi hai lasciato in casa e fuori, nei luoghi che
abbiamo visto e vissuto, in quelli della felicità e della sofferenza, della speranza
e della perdita di ogni speranza. La cosa non è assolutamente indolore, come è
facilmente intuibile, ma l’avverto come un dovere che non posso tradire, pena
lo stare pure peggio.
Mi
auguro sia come dicono e come leggo, che il tempo stenda un velo di pietà, che
nulla sparisca ma che ogni attimo da vivere mi diventi meno faticoso e
distruttivo. Non ci sono regole da seguire né consigli validi universalmente,
sembra. Bisogna vivere e andare avanti, ed aspettare che le cose accadano, come
vorranno e verranno.
La
seconda è ovvia, necessaria, già anticipata logicamente. Occorre che riprenda a
vivere dopo il tremendo colpo ricevuto in modo da rendere giustizia e valorizzare
il regalo e l’onore della vita. Per fare una battuta, su un sito dove si parla
di elaborazione del lutto, si dice più o meno chiaramente che è da evitare il
suicidio. E vorrei pure vedere. Il suicidio mi sembra una soluzione un po’ troppo
drastica, anche se ha l’indubbio merito di essere definitiva. No, la via deve
essere diversa, ovviamente, ed occorre andare avanti, trovare cose nuove,
abbandonare eccessivi richiami al passato. Rimuovere le macerie e ricostruire
nuovamente come dopo un sisma.
Ed
allora ecco il dubbio: quale delle due esigenze appena illustrate deve avere la
priorità? Io non intendo rimuovere più
di tanto. Non voglio evitare i luoghi. Non intendo far finta di non vedere e modificare
il mio consueto percorso in strada, oppure lasciare abitudini, obiettivi di
fondo e modo di pensare. Non intendo neppure cambiare casa o auto. Intendo aggiornare
tutto quello che naturalmente sarà da aggiornare, sostituire i fogli del calendario,
buttare un mobile se sarà da buttare, comprare quello che di nuovo mi potrà
servire, ma non intendo cancellare il ricordo di una vita per superare prima il
dolore. Che il dolore resti, se non posso evitarlo, e che mi resti il dubbio su
cosa sarebbe giusto fare, in mancanza di altre soluzioni praticabili. Se queste
col tempo arriveranno, e le giudicherò ragionevoli e rispettose per te,
andranno bene. In caso contrario aspetterò ancora, e vedrò di capire meglio,
ovviamente quando io, e solo io, lo deciderò.
E
i consigli, le parole degli amici? Sono regali, sono suggerimenti, sono vie possibili, sono sicuramente stimoli positivi e mi fanno
capire che non vivo un’eccezione nel panorama delle sventure che possono
capitare.
Io
però, e sempre lì torno, aspetto e ti chiedo ancora consiglio, Viz.
Silvano
C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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