Litigate
con urla da far tremare le pareti sottili e tali da farci sentire, ed un po’ compatire,
dal vicinato. Sfuriate spesso inutili e senza un seguito pratico, sfogo per
tensioni accumulate o utili per rompere magari una maniglia.
Arrivare
e trovare un biglietto, andar via e lasciare un biglietto, mettere un biglietto
sotto il tergicristalli, nascondere un biglietto sotto il cuscino, scrivere un
biglietto e metterlo in un pacchetto, ritrovare, ora, un biglietto scritto
undici anni fa.
I
piedi freddi, le mani caldissime.
Tre
lanterne cinesi, ancora nella loro confezione, che prima o poi lancerò per
venirti a cercare.
Fotografarti
mentre qualche cosa ti è andata di traverso e rischi quasi di soffocare. E tu
che ridi, pochi anni dopo, perché mi sono schiacciato un dito nella portiera
dell’auto.
Un
amore naturale, trasgressivo un po’, mai abbastanza a ripensarci, bello però,
anche se mutato col tempo, con nostalgie e conferme. Nulla mai come la prima
volta, nulla di fissato, nulla di ripetibile allo stesso modo. Cercare ogni
volta una novità, a volte trovarla, altre volte no.
Avvicinarsi,
allontanarsi, riavvicinarsi senza essersi allontanati troppo. Non esiste alcun
segreto, ora non lo potrei descrivere. È stata fortuna forse, o testa dura. E tanta
condivisione e complicità, e silenzi, tanti silenzi senza bisogno di parole. Oppure
tante, troppe parole, parole per descrivere ogni situazione, parole comuni per
capirci.
La
lista dei regali con le persone indicate a fianco. La lista delle visite
guardando il calendario. La lista della cose da fare prima del viaggio. La lista
degli abiti da caricare. La lista di quello che serve nella borsa per l’ospedale.
La lista delle buste con indicate le dimensioni. La lista delle liste.
Un
viaggio in Sardegna con inviti da parte di tutti i parenti e gli amici di
famiglia. Una sequenza di inviti senza fine ed il desiderio di recuperare pochi
giorni per noi. Finalmente liberi partiamo ma, sembra destino, ecco l’inizio
di una nevicata. E con la neve la notizia che ci poteva pure essere risparmiata
e che ci obbliga a tornare prima del tempo, inutilmente. Sua madre è stata
operata ma non sta per morire, malgrado tutto. Morirà molti anni dopo, e solo
quando avrà sepolto assolutamente tutti gli altri della sua generazione. Mio nonno,
invece, viene ricoverato. Io ne vengo informato solo al ritorno. Morirà circa
un mese dopo.
La
paura di perderlo, ancora bambino, in ospedale. Il terrore che rimane troppi
giorni, e che poi, lentamente, lascia il posto alla speranza e poi alla quasi
certezza di aver superato un pericolo mortale.
Vorrei
ripercorrere, in scala 1:1, esattamente ogni cosa. Forse eviterei alcuni errori,
forse li rifarei. Forse ti starei più vicino, in tutti sensi, o forse ripeterei
ogni mio gesto, come nelle repliche teatrali sempre uguali ma sempre diverse.
Ripartirei
dall’inizio, da quel primo giorno di tanti anni fa, e poi rivivrei i singoli
momenti senza sapere di averli già vissuti.
Dovrei
lasciare ogni cosa al suo posto. Impossibile
rendere tutto più bello. Ora che tutto è compiuto non potrei falsificare ciò
che è stato cambiandolo a mio comodo. Grazie, anche del dolore. Non del tuo,
certo. Quello lo annullerei. Ma il mio lo voglio tutto, e non mi basta ancora.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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