domenica 26 marzo 2017

la brevità




Non ci si abitua, sembra innaturale, si pensa di essere eterni mentre chi ci stava vicino sino a pochi giorni, mesi o anni prima ora non c’è più. Questo, se la logica deve portare a qualche considerazione, dovrebbe farci capire che siamo qui per caso, per gentile concessione, in scadenza anche se non sempre la data di scadenza è visibile.
Tuttavia la logica non basta. Verrebbe voglia di invidiare l’incoscienza presente nel mondo animale e vegetale (che i tassinomisti mi perdonino), ma si è ciò che si è, non ci sono alternative.

È il senso del limite che dovrebbe prevalere in ogni nostra considerazione, la consapevolezza che il tempo da vivere, fosse anche lunghissimo, sarebbe sempre breve. In un momento di ottimismo mi viene da pensare a che cosa è rimasto di chi è già andato via. Cosa è restato dei comuni mortali intendo, che non hanno scritto opere memorabili, non costruito cattedrali, non scalato vette impossibili, non raggiunto gloria in terra.

Nella loro (e nostra, ovviamente) brevità hanno lasciato dentro di noi la loro memoria, tanto più forte quanto più ci sono stati accanto. Di alcuni conserviamo ricordi piacevoli, abbiamo un’opinione positiva, e siamo molto vicini a quello che erano, proviamo empatia, vorremmo mantenere vive le cose che loro amavano, seguirne le orme, dimostrare di averne appreso la lezione.
Con altri, capita, che abbiamo criticato, non capito e giudicato male, non siamo per nulla disposti a scordare. Alcuni erano stronzi in vita, perché non dovremmo pensare che lo fossero ora che sono morti?

E si ritorna al senso della brevità, e di quello che la rende meno breve. Vivere in modo da curare solo il proprio io ed il proprio interesse a cosa porta se non a restare nella memoria come dei perfetti egoisti? Una persona che conoscevo viveva sopra le righe, senza limitarsi e sprecando inutilmente. Non era ricca, ma viveva come se lo fosse. Non si curava di mangiare e bere in modo sano e moderato, e una sua frase che ricordo è: ma perché devo vivere da malato per morire sano? Alla fine però è riuscita a far impazzire quasi tutti quelli che le stavano accanto, che la dovevano sopportare. Ed ha avuto, oltretutto, una lunga vita da rompiscatole. Un’altra persona che ora ricordo per contrasto ha vissuto preoccupandosi di lasciare qualche cosa, ha accettato sacrifici e si è concessa pochi lussi. Per ironia della sorte ha vissuto meno a lungo della prima, a dimostrazione che non esiste alcuna giustizia in questo; la sola che ci rimane possibile è come noi ricordiamo.

Ed allora, se solo questo mi è concesso, io mi permetto di pensare che non tutti i morti meritino lo stesso mio rispetto. Alcune persone non le ricordo con piacere neppure dopo anni, e mi lasciano ben poco dolore dentro per la loro perdita. Per altre la nostalgia, il dolore ed il rimpianto non sono mai sufficienti. C’è una morale in tutto questo? Non lo so. Tu trovala, se ti va.


                                                                                           Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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