Non
ci si abitua, sembra innaturale, si pensa di essere eterni mentre chi ci stava
vicino sino a pochi giorni, mesi o anni prima ora non c’è più. Questo, se la
logica deve portare a qualche considerazione, dovrebbe farci capire che siamo
qui per caso, per gentile concessione, in scadenza anche se non sempre la data
di scadenza è visibile.
Tuttavia la logica non basta. Verrebbe voglia di invidiare l’incoscienza presente nel
mondo animale e vegetale (che i tassinomisti mi perdonino), ma si è ciò che si
è, non ci sono alternative.
È
il senso del limite che dovrebbe prevalere in ogni nostra considerazione, la consapevolezza
che il tempo da vivere, fosse anche lunghissimo, sarebbe sempre breve. In un
momento di ottimismo mi viene da pensare a che cosa è rimasto di chi è già andato
via. Cosa è restato dei comuni mortali intendo, che non hanno scritto opere
memorabili, non costruito cattedrali, non scalato vette impossibili, non
raggiunto gloria in terra.
Nella
loro (e nostra, ovviamente) brevità hanno lasciato dentro di noi la loro
memoria, tanto più forte quanto più ci sono stati accanto. Di alcuni conserviamo
ricordi piacevoli, abbiamo un’opinione positiva, e siamo molto vicini a quello
che erano, proviamo empatia, vorremmo mantenere vive le cose che loro amavano,
seguirne le orme, dimostrare di averne appreso la lezione.
Con
altri, capita, che abbiamo criticato, non capito e giudicato male, non siamo
per nulla disposti a scordare. Alcuni erano stronzi in vita, perché non
dovremmo pensare che lo fossero ora che sono morti?
E
si ritorna al senso della brevità, e di quello che la rende meno breve. Vivere in
modo da curare solo il proprio io ed il proprio interesse a cosa porta se non a
restare nella memoria come dei perfetti egoisti? Una persona che conoscevo
viveva sopra le righe, senza limitarsi e sprecando inutilmente. Non era ricca,
ma viveva come se lo fosse. Non si curava di mangiare e bere in modo sano e
moderato, e una sua frase che ricordo è: ma
perché devo vivere da malato per morire sano? Alla fine però è riuscita a
far impazzire quasi tutti quelli che le stavano accanto, che la dovevano
sopportare. Ed ha avuto, oltretutto, una lunga vita da rompiscatole. Un’altra persona
che ora ricordo per contrasto ha vissuto preoccupandosi di lasciare qualche
cosa, ha accettato sacrifici e si è concessa pochi lussi. Per ironia della sorte
ha vissuto meno a lungo della prima, a dimostrazione che non esiste alcuna
giustizia in questo; la sola che ci rimane possibile è come noi
ricordiamo.
Ed
allora, se solo questo mi è concesso, io mi permetto di pensare che non tutti i
morti meritino lo stesso mio rispetto. Alcune persone non le ricordo con
piacere neppure dopo anni, e mi lasciano ben poco dolore dentro per la loro
perdita. Per altre la nostalgia, il dolore ed il rimpianto non sono mai
sufficienti. C’è una morale in tutto questo? Non lo so. Tu trovala, se ti va.
Silvano
C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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