Manuela da piccola fa i capricci, non vuole andare in quella brutta scuola di quartiere fredda e buia, con la maestra severa che la squadra attraverso le sue spesse lenti da miope e non perde occasione per sgridarla, ignorando a bella posta che lei non è come tutte gli altri.
Non sa che sono stati proprio i suoi genitori a dire
all’insegnante che la figlia del dottore non deve avere trattamenti di favore,
anzi, che da lei bisogna pretendere di più. Non lo sa, ed inizia ad odiare di
cuore quella povera maestra, orba e zitella, che vive solo per la sua scuola e
per i ragazzini. Perché ne ha visti passare a centinaia nella sua classe, nel
corso degli anni, e sotto la rudezza ed il pugno di ferro ha nascosto un vero
amore per tutti loro, in particolare per certi maschi impossibili da tenere
fermi al loro posto per più di quindici minuti. Li ha puniti, certo, tutti,
senza eccezioni. Ha assegnato loro intere pagine da copiare, di tabelline, di
poesie di Quasimodo, di prima guerra mondiale e di prodotti agricoli della
Puglia.
La cosa strana però, veramente strana, è che molti di questi
disgraziati e presi di mira come se fossero dei piccoli delinquenti, diversi
anni dopo, ormai sposati e con un buon lavoro, e anche quelli meno fortunati,
magari finiti pure dentro per certe idiozie che avrebbero potuto benissimo
evitarsi, incontrandola, in città, la salutano con rispetto ed evidente
piacere. E più li aveva puniti, più loro, per strada, le sorridono e tentano di
forare la sua corazza, ricordandole un brano di poesia, o tutte le battaglie
del risorgimento, o quella storia bellissima della Stele di Rosetta.
Manuela però non sa tutte queste cose, è solo molto
arrabbiata, e anche se le basterebbe un po’ di calma per vederle e capirle, non
ne ha assolutamente voglia.
In classe non fa amicizia con nessuno di quei puzzolenti
figli di contadini e operai della campagna vicina o del quartiere, che non è
neppure vero che puzzano, o almeno non tutti, e cerca solo la figlia della
farmacista o, nella classe di fianco, quella un anno avanti, il figlio del
maresciallo. Con loro si vede il pomeriggio e si trovano spesso per giocare
assieme. E quando non può, ed ha finito i compiti, legge, legge tutti i romanzi
che trova nella biblioteca di casa.
Un giorno che Manuela si trova a passare da sola con la sua
bicicletta su un piccolo ponticello diretta verso la villetta della zia, poco
fuori dalle mura, si distrae guardando un maggiociondolo fiorito, proprio
accanto al piccolo ponte, non vede un sasso sulla strada, lo investe con la
ruota anteriore e cade a terra. Si strappa il bel vestito, si sbuccia il
ginocchio destro e si ferisce pure un po’ la mano, sempre la destra, che ha
messo avanti per non cadere con la faccia. E la catena della bicicletta,
ovviamente, cade pure lei per dimostrare la sua solidarietà.
È ancora a terra, un po’ dolorante, mentre passa un
ragazzone un po’ più grande di lei, che conosce solo di vista, ma sa che è il
figlio di Gaspare, il calzolaio dove vanno anche i suoi. Lui si ferma, scende
dalla sua bicicletta, le chiede se si è fatta male e se ha bisogno di aiuto.
Lei, sempre con la risposta pronta in ogni occasione, stavolta diventa rossa
come un san Marzano, dice in modo confuso che va tutto bene, e comincia a
rialzarsi. Lui evita di aiutarla dandole la mano, forse è timido, ma vede la
bicicletta con la catena fuori posto. La prende, la capovolge appoggiandola
così sull’erba di lato alla stradina dopo il ponte, e poi, sporcandosi pure di
grasso le mani, le sistema la catena in pochi minuti.
-
Ecco, la bicicletta ora è a posto. Se non ti sei fatta nulla
puoi montare in sella e continuare…-
Lei prende la bicicletta che lui, dopo aver raddrizzato, le
porge. Dice un grazie inavvertibile, sorride abbassando gli occhi, monta in
sella e riparte, un po’ dolorante ma con addosso una sensazione strana. Alla
zia racconta della caduta ma non dell’incontro, si sistema un po’, si mette un
cerotto sul palmo della mano destra, e poi torna a casa.
Passano mesi prima che lei lo incontri di nuovo, per caso,
proprio accanto alla bottega del padre di lui e dal quale escono odori di pelle
conciata e di mastice. Un sorriso e poi entrambi proseguono per la loro strada.
Alcuni anni dopo, mentre lei ormai frequenta il liceo, un
giorno accompagna un’amica in profumeria, e per caso le capita vicino un aroma
che l’attrae, a base di cuoio. Non pensava di aver bisogno di nulla, ma compra
quella piccola boccetta. Non sa (o non ricorda) perché quel profumo l’attira, ma ora è suo.
Quel fine settimana nel quartiere c’è una festa in occasione
del giorno del patrono cittadino. È impedibile, e pure lei, con gli amici del
liceo, verso le nove di sera è nella piazzetta, dove un piccolo complesso
suona, alcuni ballano su una pista che non è altro che l’asfalto della zona
solitamente usata come parcheggio e ci sono poche bancarelle e molte luci.
Dopo neppure dieci minuti inizia ad annoiarsi, e cerca una
scusa per andarsene senza essere maleducata con gli amici. Non sono neppure le
nove e mezza che è già di ritorno verso casa, e sta passando accanato alla
pista improvvisata.
-
Ciao, ti ricordi di me? ti va di ballare?-
Lo riconosce, ovviamente, anche se non ricorda il tempo che
non lo vede. E, come la prima volta, assume il colore del San Marzano.
Non si tratta di dire sì o no, ma solo di ballare. Lei non
aspettava altro, da qualche anno, e quella sera ha messo il profumo dall’aroma
di cuoio.
Tra Manuela e Ignazio non servono molte parole, anche se da
quella sera si raccontano di tutto e sembrano due torrenti in piena. Ma non
sono parole che si devono dire, sono quelle che a loro fa piacere pronunciare, o
ascoltare.
Il problema che devono affrontare sono le famiglie, quando
la cosa diventa di dominio pubblico, ed entrambe tentano di opporsi a
quell’unione decisamente stramba tra una figlia della buona borghesia e il
figlio di un calzolaio. Ed entrambe le famiglie contano sul fatto che sono giovani, e che col tempo capiranno.
Meno di sei anni dopo sono sposati, lei lavora come
bibliotecaria curatrice, nella biblioteca comunale, e lui invece ha preso il
posto del padre nella calzoleria di famiglia, all’angolo tra via del Tralcio e
vicolo Leonida. Abitano un po’ distante entrambi dal loro posto di lavoro, e
tutte le mattine, dopo essersi salutati sull’uscio di casa, si separano e si
incamminano, a piedi, verso direzioni opposte.
Lei è sempre allegra, quando incontra i colleghi, e lui,
prima di arrivare ad aprire la serranda, si permette sempre due passi per
guardarsi attorno, scambiando due parole lungo la strada con le persone che
conosce.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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