martedì 2 giugno 2015

profumo di cuoio


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Manuela da piccola fa i capricci, non vuole andare in quella brutta scuola di quartiere fredda e buia, con la maestra severa che la squadra attraverso le sue spesse lenti da miope e non perde occasione per sgridarla, ignorando a bella posta che lei non è come tutte gli altri.
Non sa che sono stati proprio i suoi genitori a dire all’insegnante che la figlia del dottore non deve avere trattamenti di favore, anzi, che da lei bisogna pretendere di più. Non lo sa, ed inizia ad odiare di cuore quella povera maestra, orba e zitella, che vive solo per la sua scuola e per i ragazzini. Perché ne ha visti passare a centinaia nella sua classe, nel corso degli anni, e sotto la rudezza ed il pugno di ferro ha nascosto un vero amore per tutti loro, in particolare per certi maschi impossibili da tenere fermi al loro posto per più di quindici minuti. Li ha puniti, certo, tutti, senza eccezioni. Ha assegnato loro intere pagine da copiare, di tabelline, di poesie di Quasimodo, di prima guerra mondiale e di prodotti agricoli della Puglia.

La cosa strana però, veramente strana, è che molti di questi disgraziati e presi di mira come se fossero dei piccoli delinquenti, diversi anni dopo, ormai sposati e con un buon lavoro, e anche quelli meno fortunati, magari finiti pure dentro per certe idiozie che avrebbero potuto benissimo evitarsi, incontrandola, in città, la salutano con rispetto ed evidente piacere. E più li aveva puniti, più loro, per strada, le sorridono e tentano di forare la sua corazza, ricordandole un brano di poesia, o tutte le battaglie del risorgimento, o quella storia bellissima della Stele di Rosetta.
Manuela però non sa tutte queste cose, è solo molto arrabbiata, e anche se le basterebbe un po’ di calma per vederle e capirle, non ne ha assolutamente voglia.
In classe non fa amicizia con nessuno di quei puzzolenti figli di contadini e operai della campagna vicina o del quartiere, che non è neppure vero che puzzano, o almeno non tutti, e cerca solo la figlia della farmacista o, nella classe di fianco, quella un anno avanti, il figlio del maresciallo. Con loro si vede il pomeriggio e si trovano spesso per giocare assieme. E quando non può, ed ha finito i compiti, legge, legge tutti i romanzi che trova nella biblioteca di casa.

Un giorno che Manuela si trova a passare da sola con la sua bicicletta su un piccolo ponticello diretta verso la villetta della zia, poco fuori dalle mura, si distrae guardando un maggiociondolo fiorito, proprio accanto al piccolo ponte, non vede un sasso sulla strada, lo investe con la ruota anteriore e cade a terra. Si strappa il bel vestito, si sbuccia il ginocchio destro e si ferisce pure un po’ la mano, sempre la destra, che ha messo avanti per non cadere con la faccia. E la catena della bicicletta, ovviamente, cade pure lei per dimostrare la sua solidarietà.

È ancora a terra, un po’ dolorante, mentre passa un ragazzone un po’ più grande di lei, che conosce solo di vista, ma sa che è il figlio di Gaspare, il calzolaio dove vanno anche i suoi. Lui si ferma, scende dalla sua bicicletta, le chiede se si è fatta male e se ha bisogno di aiuto. Lei, sempre con la risposta pronta in ogni occasione, stavolta diventa rossa come un san Marzano, dice in modo confuso che va tutto bene, e comincia a rialzarsi. Lui evita di aiutarla dandole la mano, forse è timido, ma vede la bicicletta con la catena fuori posto. La prende, la capovolge appoggiandola così sull’erba di lato alla stradina dopo il ponte, e poi, sporcandosi pure di grasso le mani, le sistema la catena in pochi minuti.
-         Ecco, la bicicletta ora è a posto. Se non ti sei fatta nulla puoi montare in sella e continuare…-
Lei prende la bicicletta che lui, dopo aver raddrizzato, le porge. Dice un grazie inavvertibile, sorride abbassando gli occhi, monta in sella e riparte, un po’ dolorante ma con addosso una sensazione strana. Alla zia racconta della caduta ma non dell’incontro, si sistema un po’, si mette un cerotto sul palmo della mano destra, e poi torna a casa.

Passano mesi prima che lei lo incontri di nuovo, per caso, proprio accanto alla bottega del padre di lui e dal quale escono odori di pelle conciata e di mastice. Un sorriso e poi entrambi proseguono per la loro strada.

Alcuni anni dopo, mentre lei ormai frequenta il liceo, un giorno accompagna un’amica in profumeria, e per caso le capita vicino un aroma che l’attrae, a base di cuoio. Non pensava di aver bisogno di nulla, ma compra quella piccola boccetta. Non sa (o non ricorda) perché  quel profumo l’attira, ma ora è suo.
Quel fine settimana nel quartiere c’è una festa in occasione del giorno del patrono cittadino. È impedibile, e pure lei, con gli amici del liceo, verso le nove di sera è nella piazzetta, dove un piccolo complesso suona, alcuni ballano su una pista che non è altro che l’asfalto della zona solitamente usata come parcheggio e ci sono poche bancarelle e molte luci.

Dopo neppure dieci minuti inizia ad annoiarsi, e cerca una scusa per andarsene senza essere maleducata con gli amici. Non sono neppure le nove e mezza che è già di ritorno verso casa, e sta passando accanato alla pista improvvisata.
-         Ciao, ti ricordi di me? ti va di ballare?-
Lo riconosce, ovviamente, anche se non ricorda il tempo che non lo vede. E, come la prima volta, assume il colore del San Marzano.
Non si tratta di dire sì o no, ma solo di ballare. Lei non aspettava altro, da qualche anno, e quella sera ha messo il profumo dall’aroma di cuoio.

Tra Manuela e Ignazio non servono molte parole, anche se da quella sera si raccontano di tutto e sembrano due torrenti in piena. Ma non sono parole che si devono dire, sono quelle che a loro fa piacere pronunciare, o ascoltare.

Il problema che devono affrontare sono le famiglie, quando la cosa diventa di dominio pubblico, ed entrambe tentano di opporsi a quell’unione decisamente stramba tra una figlia della buona borghesia e il figlio di un calzolaio. Ed entrambe le famiglie contano sul fatto che sono giovani, e che col tempo capiranno.

Meno di sei anni dopo sono sposati, lei lavora come bibliotecaria curatrice, nella biblioteca comunale, e lui invece ha preso il posto del padre nella calzoleria di famiglia, all’angolo tra via del Tralcio e vicolo Leonida. Abitano un po’ distante entrambi dal loro posto di lavoro, e tutte le mattine, dopo essersi salutati sull’uscio di casa, si separano e si incamminano, a piedi, verso direzioni opposte.
Lei è sempre allegra, quando incontra i colleghi, e lui, prima di arrivare ad aprire la serranda, si permette sempre due passi per guardarsi attorno, scambiando due parole lungo la strada con le persone che conosce.

                                                                                                         Silvano C.©   


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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