Molte cose vanno mutate, forse, nella scuola, e non è vero che il progetto governativo sia sbagliato, o tutto sbagliato, questo lo riconosco.
Tuttavia la cosa che sulle prime mi destabilizza è come
puntualmente ogni esecutivo modifichi la scuola e le sue regole con una propria
riforma, spesso vanificando il lavoro appena iniziato in osservanza della
riforma precedente.
Non mi piace poi che sia dato sempre più spazio alle
scuole pubbliche parificate, che un tempo, in modo meno ipocrita, venivano
definite private. La mutazione nel nome del resto ha un motivo: rendere
inapplicabile l’art. 33 della Costituzione, che è (sarebbe?) chiarissimo, sotto
questo aspetto: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed
istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” Ragionando in questo modo le
uniche scuole private in Italia restano le scuole guida (e poche altre
sfortunate), e non credo che i Costituenti la pensassero così. Ad esempio mi
facevo oggi una domanda apparentemente provocatoria: “Quando è stata l’ultima
volta che è caduto un soffitto in una scuola parificata?” (non serve
rispondere, ovviamente, è quasi una questione retorica).
Il potere enorme attribuito ai Dirigenti, fatta salva la
loro correttezza sino a prova contraria, rischia poi di creare piccoli feudi
nel nostro paese che tradizionalmente è nepotista, e di traghettare sempre di
più la scuola verso la sponda delle aziende, e non degli enti pubblici
destinati alla formazione dei cittadini ed alla cultura.
Non mi piace poi il giudizio sull’insegnante da parte di
alunni e genitori, oltre che, giustamente, da parte del Dirigente e degli
organi della struttura scolastica, primi tra tutti gli Ispettori.
Affidare tale giudizio agli alunni ed alle famiglie quando a
sua volta l’insegnante lavora con la classe è pericoloso, potrebbe arrivare ad
una forma di controllo ai limiti del ricatto. Il lavoro dell’insegnante è anche
un’opera di semina, di preparazione alla vita, e quindi il giudizio dovrebbe
essere richiesto a quegli stessi alunni ed ai loro genitori solo qualche anno
dopo, quando si fosse finalmente capito il senso dell’azione del maestro o del
professore. L’emotività deve essere allontanata in un sistema valutativo serio.
La mia buona scuola infine vorrebbe vedere riconosciuto il
lavoro di tanti giovani insegnanti non ancora di ruolo ma in servizio da molti
anni, che si sono sottoposti a corsi di preparazione seri, difficili e
selettivi, e che vengono dimenticati nel recente piano di assunzioni.
Altre cose potrei aggiungere, ma mi fermo. Rischierei di
annoiare. Non eviterò tuttavia di rispondere alle critiche o alle domande che
mi verranno esposte qui in eventuali commenti, che sono sempre graditi, purché
non offesivi, anche se in disaccordo con le mie idee.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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