giovedì 11 giugno 2015

Ferrara non è antisemita





Ercole I d’Este
Ferrara nacque fra il VII e l'VIII secolo e raggiunse solo attorno all’anno mille una dimensione ed una importanza tali da far immaginare quello che poi sarebbe divenuta. La prima presenza ebraica documentata negli archivi, e riportata in un’opera fondamentale sul tema che poi citerò, è della prima metà del XIII secolo. Quindi in città gli ebrei, ancora non in grande numero, vivevano, lavoravano e conducevano una vita sociale, integrati tra gli altri pur nella loro particolarità.

Occorre aspettare il 1492 ed i grandi mutamenti epocali per vedere il signore di Ferrara,  Ercole I d’Este, accogliere in città gli esuli ebrei cacciati dalla cattolicissima Spagna, come testimonia una epigrafe posta in via Vittoria.

Epigrafe in via Vittoria
Ercole I aveva un sogno, come si direbbe oggi, e lo realizzò con la forza della quale ormai gli Estensi erano in grado di disporre, su molti piani. Fu lui a rendere Ferrara la prima città moderna d’Europa, che fu moderna, a mio parere, non solo dal punto di vista urbanistico, grazie al genio dell’architetto di corte Biagio Rossetti, ma anche per l’accoglienza e l’apertura verso le altre culture.
La Ferrara estense quindi non era antisemita.

Con la ripresa di possesso del ducato da parte dello Stato Pontificio, nel 1597, le cose mutarono, e già nel 1964 venne istituito il ghetto, una divisione tangibile tra cristiani ed ebrei, non più accettati, questi ultimi, al pari degli altri abitanti la città. Il potere non era più nelle mani ferraresi, ma di Roma.   Il ghetto venne riaperto durante la parentesi napoleonica, poi richiuso sino all’unità d’Italia.  Passarono quindi secoli di segregazione durante i quali gli ebrei riuscirono comunque a mantenere la loro fede, a produrre  cultura, ad esempio con personalità come Isacco Lampronti, sino ad arrivare alla prima guerra mondiale.

Gli ebrei ferraresi erano talmente integrati, in quel periodo, che molti di loro si dichiararono apertamente interventisti, e partirono per il fronte, spesso volontari. 
Venne poi il periodo del fascismo, al quale tanti ebrei
Italo Balbo
aderirono, sicuramente non immaginando quello che in seguito sarebbe avvenuto, in particolare, dalla seconda metà degli anni trenta, con la promulgazione delle leggi razziali e poi con la formazione della Repubblica di Salò, che portò a deportazioni ed inasprimento delle persecuzioni antisemite.

Giorgio Bassani criticò aspramente la borghesia ebraica per l’atteggiamento nei confronti della dittatura, ma qui occorre ricordare che il massimo esponente del fascismo ferrarese, Italo Balbo, sicuramente uomo con molte colpe e responsabilità, non fu un antisemita.
Uno dei suoi amici ferraresi più cari infatti fu un ebreo, Renzo Ravenna, fascista come lui, podestà della città per dodici anni. Questa “anomalia” ferrarese era talmente conosciuta che non pochi ebrei, in quel periodo, si trasferirono a Ferrara sperando nella protezione del gerarca locale, anche se nel frattempo questi aveva assunto il governatorato della Libia. Il fascismo ferrarese, cioè, non fu antisemita, se non, in modo evidente, a partire dal 1943.

Anche la cultura postbellica cittadina, dopo un necessario periodo di ripensamento riguardante i fatti del ventennio, non fu antisemita.
Il massimo studioso espresso da Ferrara nel novecento, il maestro Adriano Franceschini, autore di questo libro citato all’inizio, era amico di Paolo Ravenna, ebreo, figlio del podestà Renzo. Fu lo stesso Ravenna a curare l’edizione postuma del lavoro di Franceschini.


il MEIS, a Ferrara
La città stessa, nella sua amministrazione recente, non è antisemita, e da alcuni anni, a Ferrara, con la collaborazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del  CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), di Ferrara Fiere e Congressi, della Provincia di Ferrara, delle Comunità Ebraiche in Italia, della Comunità Ebraica di Ferrara, della Regione Emilia Romagna e dell’Università degli Studi di Ferrara favorisce la preparazione del Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) e l’organizzazione, ogni anno, della Festa del Libro Ebraico in Italia



                                                                                                         Silvano C.©   

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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