Da quello che oggi se ne può capire quando si
andrà al referendum, in autunno, ci sarà un quesito palese sulle riforme
costituzionali ed uno meno dichiarato ma ancora più coinvolgente, cioè mandare
a casa Renzi.
Si riproporrà cioè, in parte e stavolta senza obbligo di
raggiungimento del quorum, il teatrino dell’opposizione al governo che abbiamo
visto al recente referendum sul rinnovo delle concessioni sull’estrazione degli
idrocarburi.
Un’Italia divisa in due tra i favorevoli ed i
contrari ad un governo che ha deciso di affidare le sue sorti all’approvazione
della principale riforma messa in atto, cioè quella costituzionale.
Troppe personalizzazioni da entrambe le parti,
sfide e provocazioni, pure ricatti, da un certo punto di vista. Eppure nessuno
tocca la prima parte della nostra Carta, la più importante, che riguarda
diritti e doveri dei cittadini, ma le altre, quelle che già si erano previste
come modificabili, da aggiornare ai tempi, oggettivamente diversi rispetto al momento
della sua entrata in vigore. In effetti poi ci sono già state modifiche, a
partire dal lontano 1963.
Ricordo, a chi sostiene che tutto vi sia già scritto e sia immodificabile, che alcuni articoli della Costituzione sono completamente incomprensibili
se non si fa riferimento a leggi ordinarie, come ad esempio l’Art. 40, sul
diritto di sciopero, che non spiega nulla, se non un diritto assolutamente
generico.
L’assurdità dello stravolgimento del
significato referendario è palpabile quando si vede che tutte le
opposizioni sono a favore del SI’, contrarie alle modifiche (cioè vogliono il NO alle
modifiche), e quando si vede che pure l’ANPI scende in campo schierandosi con queste, mentre la Resistenza (che fu pluralista, con forze appartenenti a
tutto l’arco costituzionale) si batté per darci la possibilità di libera espressione
della nostra volontà, quindi anche di essere a favore, in questo caso. Gli
effetti di questa visione miope iniziano a mostrarsi nelle spaccature in seno alla
stessa ANPI, com'era logico attendersi.
Sorvolo su un partito a dir poco strano, quello
dei pensionati, che scende in campo quasi sempre con la destra quando tra i
pensionati, quelli veri, ce ne sono di ogni tendenza politica. Mi sfugge cosa
possa dire oggi sul referendum costituzionale, ma lo ritengo pleonastico.
Si andrà a votare col nostro solito spirito, e
cioè quasi mai entrando nel merito specifico, ma per altri motivi. In questo ci
perderemo tutti, immagino, perché siamo espertissimi di diritto
costituzionale, di nazionale di calcio, e di molte altre faccende, salvo non saper
leggere un periodo complesso con alcune frasi subordinate e continuare a far
riferimento al nostro colore di casacca politica indipendentemente da ogni
altra cosa (io non me tiro fuori, la critica è pure per me).
In questi giorni è mancato Pannella, che di
libertà personale ne sapeva abbastanza, e pure di referendum, e che sicuramente
non guardava in faccia a nessuno dei partiti o dei poteri quando intendeva
difendere una sua idea anche contro il buonsenso comune (o per meglio dire il
pregiudizio) e che, dopo la sua morte, ha ricevuto l’omaggio pure delle persone che
stanno in carcere. Come lui in Italia ne abbiamo avuti pochi.
Mi auguro che ci sia modo di approfondire le
ragioni del NO e del SI’ e che ognuno si faccia la sua idea, in piena libertà
di giudizio, senza accettare acriticamente le indicazioni che ci vengono dall’alto,
da qualunque parte sia.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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