Prima di tutto l’umanità. Chiunque ha diritto
al minimo per vivere, anche se nel mondo si muore di fame e di malattie per
alimentazione eccessiva.
In un Paese come il nostro nessuno deve (o
dovrebbe) morire di fame, e la recente sentenza della nostra massima Corte lo
ha stabilito, dichiarando non costituire reato, in quelle particolari
condizioni, il furto (o il tentato furto) di cibo di fronte alla necessità di nutrirsi,
e ciò considerando lo stato di necessità. (Qui si può leggere la sentenza originale della Cassazione)
È stato tutto sbagliato, sin dall’inizio
probabilmente, quando si è fatta partire la macchina della giustizia per soli
quattro euro.
In altre occasioni simili un cliente, un
poliziotto o un carabiniere, lo stesso titolare del supermercato o qualcuno che
ha assistito è intervenuto, ha pagato, ha bloccato ogni inutile accanimento
contro uno sfortunato che semplicemente voleva mangiare.
Non so neppure immaginare quanto è costato
tutto questo, ma è stata una sentenza importante, memorabile, e questo
probabilmente giustifica ogni spesa.
Ci hanno
insegnato la meraviglia
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame
(Fabrizio De Andrè e Giuseppe Bentivoglio)
Io tuttavia non scomoderei troppo De Andrè e la
sua visione anarchica (anche se affascinante, romantica, e ispirata appunto all’umanità)
della vita. Io non accetto l’anarchia, da qualsiasi parte venga. Io cerco la
giustizia e, appunto, l’umanità unita alla civiltà, che nel corso dei millenni
si sono date regole, le hanno modificate, le hanno aggiornate, ed hanno poco a
poco reso meno soggette tutte le persone alla legge del più forte, o del più
violento. Non è vero, ovviamente, che i risultati attuali siano soddisfacenti,
ma vivere nella preistoria non credo fosse molto più giusto, seppure certamente
più naturale.
Quindi, fatte salve tutte le premesse, e
precisato che io per primo avrei offerto quanto necessario per far risolvere
pacificamente la questione aiutando chi aveva fame, non accetto che si
giustifichi in qualche modo un furto, o che si generalizzi in modo deviato il
fatto. Un supermercato non è un ente benefico, ma un’impresa commerciale. Ancor
meno lo sono una piccola bottega o una bancarella al mercato che vende generi
alimentari.
Se chi ha fame non ha lavoro e non ha un posto dove vivere può rubare-prendere ciò di cui ha bisogno dove lo trova significa che noi tutti abbiamo accettato una società ingiusta.
Non esiste il dovere, da parte di nessuno, di dare a chi chiede. Esistono la pietà laica e quella religiosa, esiste uno Stato che deve dare assistenza agli ultimi, esistono associazioni di volontariato, ma non esiste il dovere da parte di chi vende cibo di lasciarselo portare via da chi ha fame senza pagarlo.
Se chi ha fame non ha lavoro e non ha un posto dove vivere può rubare-prendere ciò di cui ha bisogno dove lo trova significa che noi tutti abbiamo accettato una società ingiusta.
Non esiste il dovere, da parte di nessuno, di dare a chi chiede. Esistono la pietà laica e quella religiosa, esiste uno Stato che deve dare assistenza agli ultimi, esistono associazioni di volontariato, ma non esiste il dovere da parte di chi vende cibo di lasciarselo portare via da chi ha fame senza pagarlo.
Io vedo piccole botteghe che rischiano ogni
giorno la chiusura, e vedo anche piccoli supermercati che lottano ogni giorno
per non soccombere di fronte alla concorrenza di grandi gruppi o grandi catene. E penso anche a queste persone, che non devono necessariamente farsi carico,
solo loro, di un problema enorme che tocca tutti.
Anni fa ricordo che ci fu un terremoto, in
Italia. Uno dei tanti. Allora la nostra protezione civile non era organizzata
come oggi, e si pensò di requisire la roulotte a chi la possedeva per far
fronte all’emergenza. Allora pensai che l’idea era profondamente ingiusta perché
toccava solo una certa categoria di persone chiamata a farsi carico dei bisogni
di altri, mentre il resto della popolazione non veniva coinvolta direttamente dall’emergenza. Non venivano toccati ad esempio i vacanzieri
ben più ricchi in possesso di case o ville per le ferie, o i frequentatori di
alberghi, certamente più cari dei campeggi per roulotte.
Ecco quello che non mi piace in tutto questo. E
cioè che questa sentenza si possa intendere, da parte di alcuni, come la giusta
reazione ad un’emergenza. Io non voglio emergenze, ma programmazione e
condivisione. Uno Stato serio non fa morire di fame i suoi cittadini né i suoi
ospiti più o meno temporanei ma possiede le strutture adatte per fornire a chi
è in questo tipo di difficoltà l’aiuto indispensabile senza che qualcuno sia
costretto a rubare. E tutti noi dobbiamo contribuire, ad esempio pagando le
tasse in modo progressivo e non rubando a nostra volta.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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