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Indossi la maschera,
prego.
Eseguo le istruzioni e
la ragazza mi si avvicina, sento le sua dita che sistemano meglio la periferica
sul mio viso, con un tocco leggero, mentre avverto il suo profumo, malgrado
ogni barriera. Per un attimo mi distraggo; non mi aspettavo che lei usasse
quell’essenza, ma poi non mi rendo neppure conto per quale motivo io non dovrei
aspettarmelo. Non l’ho mai vista prima, non so nulla di lei, quindi è assurdo
che io possa conoscere i suoi gusti.
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Come se la sente?
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Stringe, un po’, ma va bene.
Non dice altro, ed avverto i suoi passi che si
allontanano nel buio completo in cui mi ha recluso.
Trascorrono alcuni minuti di nulla, solo
attesa.
Sono nel cortile di casa, 25 anni fa, vedo mio
figlio giocare con mio padre, e sento l’odore che arriva dalla cucina. Mia
madre ha cucinato la pasta al forno, per il pranzo, ma io sono arrabbiato con
Luca perché è un idiota. Gli ho spiegato decine di volte la situazione, ma
finge di non capire. Ogni volta parla ignorando completamente le mie ragioni.
Oggi pomeriggio partirò, andrò via, non mi resta altra scelta. E continuo a
sentire l’odore della pasta al forno, quello mi rimane addosso, e dentro.
Varchiamo l’ingresso di quel ristorante di
infimo ordine, Il Merlo,
trovato su una guida. Siamo in quattro, e mi viene subito il desiderio di
fuggire. Non sopporto l’odore di varechina che aleggia nell’aria, anche nella
piccola saletta da pranzo. Due tavoli sono occupati, gli altri sei sono liberi
e possiamo sedere dove desideriamo. Io andrei via ma non posso. Ordino in modo
svogliato e l’odore della varechina mi avvolge, mentre gli altri non ci fanno
caso, ridono e fanno battute. Io fingo di sorridere, e non dico quasi nulla.
L’odore di lei mi rimane addosso, sulla bocca,
sul naso. È forte, ed ho l’impressione che tutti lo avvertano, ma non è così. È
solo mio, e mi segue, mantenendomi in uno stato di euforia, di leggerezza.
L’annuso ancora mentre cammino, e poi dopo, mentre guido, ritornando a un’ora
prima.
La morte, quella che arriva al momento giusto,
a volte in quello sbagliato, ne ha uno suo. Si mescola al profumo forte dei fiori,
a quello della cera che brucia o del legno verniciato di recente, ma il suo
odore rimane. La prima volta che l’ho avvertito non l'ho riconosciuto subito, ma stavolta non è la prima, e lo sento nitidamente. Stavolta mi
rimane dentro, ed è un odore freddo.
Il vento porta con sé l’acqua nebulizzata che mi
arrivano in faccia. Il salmastro, le alghe secche, la sabbia nell’aria e il
richiamo di qualche gabbiano. Il cielo è grigio, e le nuvole si muovono veloci.
Sono in piedi, sullo scoglio, e non mi rendo conto quanti anni ho. Il mare
sembra lo stesso, è certamente lo stesso. Chiudo gli occhi e immagino quel
posto in estate, non in autunno. Mi perdo ed annuso attorno a me.
-
Abbiamo finito. L’aspetto
domani, verso le 14, come da programma.
Velocemente mi libera, china il capo in segno
di saluto e mi volta le spalle per appoggiare la periferica sul ripiano. Io inizio
a capire solo ora dove sto andando.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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