mercoledì 22 aprile 2015

Uno spazio per vivere


Cosa rimane dello spazio che si è scelto per vivere, se si è stati fortunati e si è potuto averlo, quello spazio?
Forse quello spazio è solo una costruzione mentale, possiede una dimensione ideale, non fisica. Sicuramente è anche così. Ci si adatta all’ambiente che ci accoglie, che si ruba, che si ottiene per un breve momento, che ci viene proposto, offerto, venduto anche.

E poi, quando noi non ci saremo più, quello spazio vuoto, vuoto di noi, che destino avrà? Io non trovo risposte convincenti, solo nuove domande, o riesco a formulare ipotesi sulla base di quello che ho visto, ma non su quello che non vedrò.
E non è detto che il passato si ripeta, esattamente con le modalità già osservate almeno.

Gli spazi urbani, a partire dalle piccole situazioni dei paesi per arrivare alle grandi realtà metropolitane sono quasi entità autonome, piccoli o grandi formicai nei quali il singolo individuo si perde, e lascia ben poco di suo. Rimangono i segni potenti di momenti storici particolari, a volte contrassegnati da enormi demolizioni e altrettanto importanti costruzioni o ricostruzioni. Capita che qualcuno imponga il suo nome ad una di queste trasformazioni, mentre in altri casi sia il risultato di un lavoro continuo e collettivo, meno personalizzato ma sempre invasivo.
Il tempo cioè impone la sua legge, il suo pensiero dominante anche se momentaneo, e l’individuo non può che assecondarlo. Non serve accettarlo o condividerlo, tanto sarà così ugualmente e ci si dovrà solo abitare, abituandosi.

Tutto cambia tuttavia quando si tratta di una singola casa, che può essere un appartamento o un edificio completo e più importante.
Queste mura si riempiono della presenza delle persone molto di più, perché vi hanno dormito e giocato, gioito e sofferto, hanno vissuto l’amore e l’odio, a volte la violenza, e la noia, o la tranquillità che allora non si percepiva come normalità, e sembrava destinata a durare, in modo indefinito.
Quelle persone hanno colorato le pareti, scelto mobili, messo quadri o stampe, usato calendari, accumulato documenti, fotografie, libri o musica, attrezzi, abiti. Hanno coltivato piccole o grandi piante, hanno cucinato ed impregnato le cose.

Le cose, sempre le cose, quelle inutili cose che non valgono come le persone, ma che sono ciò che le persone fisicamente lasciano, oltre al ricordo ed all’assenza.

Sembra, vivendo altrove e vedendo un amico molto raramente, che lui rimanga inalterato. Un po’ come l’immagine interna che abbiamo di noi che non sempre corrisponde a quella che ci restituisce lo specchio. Ma anche per lui il tempo passa.
Allo stesso modo il gioco del bambino che chiude gli occhi e fissa l’immagine che ha appena visto, e la mantiene esattamente immobile.
Oppure, all’opposto, immagina che tutto sparisca, che nulla esista più.

Tutto questo è la lontananza, che non capisce sino in fondo il tempo che passa, che confonde l’assenza con una semplice distanza spaziale colmabile usando un mezzo diffuso come l’auto, o, ma questo è più immediato, il telefono. 
Il telefono è il più duro, perché obbliga a capire immediatamente. Ma ancora offre scappatoie logiche. Non sembra definitivo.

L’auto invece (o il treno, o l’aereo, il senso non cambia) permette di pensare nell’attesa. Ma poi, trovando il vuoto, le cose senza le persone, la realtà si impone, e la domanda iniziale riemerge.
Ora, questo spazio vuoto di loro, dove hanno vissuto, cosa diventerà?


Nella foto parte del chiostro dell'antico ospedale Sant'Anna, a Ferrara, costruito attorno al 1443 su un convento preesistente per volere degli Estensi. Tutta l'area, negli anni '30 del secolo scorso, subì una vera rivoluzione urbanistica, l'ospedale venne trasferito vicino alle mura, in corso Giovecca, e in quest'area sorsero il museo di storia naturale, il conservatorio Frescobaldi, il centro Boldini e le scuole elementari Alda Costa.
La piazzetta Sant'Anna nel sito del Comune di Ferrara
                                                                                                         Silvano C.©   


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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