domenica 19 aprile 2015

mettiamo quell'uomo in una vetrina del museo


È da un po’ che vorrei parlare ancora di uomini che uccidono donne, e di femminicidio.
Poi non ho trovato le parole giuste, ed ho lasciato perdere, continuando però a pensarci.
Il termine non mi piace, questo credo di averlo già scritto, e vorrei evitare di ripetermi anche sul resto. Tuttavia, poiché le tragedie non si fermano, e nuovi casi si aggiungono quasi giornalmente, io penso sempre a questa cosa. Non ne posso parlare ogni momento, ovviamente, ma ci penso.

Sono arrivato alle considerazioni che sintetizzo qui di seguito, più che altro per chiarire a me stesso, e capire se hanno una loro logica.

Alcuni passaggi sono necessari, prima di arrivare al punto.
Credo che il maschio, per sua natura, sia più violento, almeno sul piano fisico, della donna. Questo per motivi evolutivi, genetici, storici e sociali.
Penso che pure la donna possa essere violenta ed uccidere l’uomo, o i figli ed altri. Le cronache non nascondono questi casi.
Aggiungo che un uomo, talvolta, può uccidere una donna ma non perché è donna. E comunque è maggiore il numero di omicidi perpetrati da uomini rispetto a quelli realizzati da donne.

Un femminicidio, per arrivare al punto, è l’uccisione di una donna da parte dell’uomo per solo fatto, o per la motivazione prevalente, che è una donna. A compierlo è chi si sente in qualche modo “autorizzato” dalla sua condizione di maschio che deve dominare, che non può essere lasciato, che deve ottenere comunque la realizzazione del proprio desiderio sessuale, che non è disposto a cedere ad altri ciò che “possiede”.

Prevenirlo, oggi, è praticamente impossibile. La prevenzione richiede tempi lunghi, vuole educazione lenta e costante, cerca piena ed uguale dignità sul piano sociale, religioso, lavorativo, economico e politico. Per prevenirlo occorrerebbe una famiglia che fa crescere i figli con modalità nuove, altrimenti il ciclo non si interrompe. La scuola poi deve supplire alle carenze delle famiglie, ma deve essere quella pubblica statale, non una parificata confessionale, che, per il fatto stesso di essere confessionale, ha un peccato originale da scontare. Dove non arrivano famiglia e scuola dovrebbero fare la loro parte i mezzi di informazione, che però certamente non lo fanno, anzi diseducano. Infine toccherebbe al livello politico imporre con la legge quello che il buon senso sembra non capire. Ma anche qui ci si scontra con posizioni tradizionali, quando non chiaramente omofobe, che rifiutano il pieno riconoscimento di ciascuna persona in ogni sua espressione.

Quindi? Quindi sono pessimista, perché famiglia, scuola, informazione e politica sono carenti, sotto questo aspetto. Ma credo pure che, malgrado non sia alla portata attuale una soluzione radicale, sia però possibile fare piccoli ed importanti passi in ognuno di questi settori. Alternative non ne vedo.


                                                                                                         Silvano C.©   


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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