Cerco
l’infinito, in un attimo, una fotografia, un’antica stampa, un oggetto
qualsiasi che mi riporti il presente di ieri. E confondo i tempi, le stagioni e
anche ciò che è avvenuto.
Credo
possa essere naturale questo, ma i filari di robinie ancora non li
accetto, fanno parte di un’età nella quale non mi piacevano, ed ora ancora non
mi vanno. Quell’albero è sbagliato, anche se non è colpa sua, ma è sbagliato.
Credo
che anche alcune persone possano essere sbagliate, per altre persone, e che il
giudizio sia sempre e comunque diverso, mai uniforme e condiviso.
Un
infinito comprende gli odi e gli amori, un infinito, e gli altri? Non è che
magari l’infinito è talmente grande che non solo ci è impossibile comprenderlo,
ma addirittura non è l’unico?
Un
segno che vedo è quello dei ragni, quello che lasciano tra gli angoli dei
mobili o in alto, sulle pareti. Loro mi fanno capire che un giorno è passato,
loro vivono nel presente, un presente che ne segue sempre un altro. Io a volte
le tolgo, le ragnatele, ma solo a volte. Ora ne guardo una, che è lì da giorni,
e la lascio.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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