lunedì 20 giugno 2016

Sindaca sapiens

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La lingua è viva, muta nel tempo, si adatta all’uso, e fa dimenticare termini non più pronunciati o letti sempre meno. La lingua è fatta di parole, e di regole che dicono come si legano le parole tra loro. Noi siamo le parole che pensiamo e pronunciamo. Noi stessi cambiamo nel tempo e con noi cambia il vocabolario che usiamo. La nostra storia come esseri umani comincia con le parole, prima era solo preistoria, anche se eravamo già umani ma ancora indecisi su cosa avremmo voluto essere, forse semplicemente restare in vita.

Ed ora, in Italia, siamo di fronte ad una lenta ma inesorabile mutazione che intende rimettere in discussione il potere della parola maschile pensata nell’ottica maschile e che valorizza il lavoro e l’importanza maschile.
Nulla di drammatico o, peggio, di tragico, ma semplicemente un salutare ripensamento alle incrostazioni pregiudiziali e dovute alla tradizione secolare.
Compaiono parole brutte, come femminicidio, che tuttavia descrivono una realtà della cronaca quotidiana che si vorrebbe confinare nel normale, mentre non è normale uccidere una donna solo perché la si ritiene una proprietà. Si usano parole come sindaca, che ancora i dizionari non accettano, ma è solo questione di tempo, poi anche l’Accademia della Crusca certificherà che sindaca vale mille volte più di petaloso, petaloso sparirà inghiottito nell’oblio e sindaca avrà la stessa dignità di avvocata, medica, operaia e così via.

Ora i sostantivi nei vocabolari spesso riportano la voce maschile, e la variante femminile è solo citata. Per andare all’origine del tema-problema, succede lo stesso per la parola uomo. Se uomo viene bilanciato da donna tutto è perfetto, ed equilibrato. Se invece uomo significa specie umana si crea un circolo vizioso di significati che si confondono e si sovrappongono.
Quando Linneo pensò alla sua classificazione binomia definì la specie Homo Sapiens, ma non credo che per sapiens intendesse solo l’uomo, per lui era sapiens pure la donna, ma non scelse Femĭna sapiens.

Non so se il Rano si pone questo problema semantico, visto che appartiene al genere Rana ed il nome è femminile sia in italiano che in latino. Ho l’impressione (non confermata da prove) che lui viva benissimo anche senza questa distinzione, forse consolandosi per il fatto che tutte le rane femmine nascono girini.

Riflessione seria sul sito della Treccani:


L’immagine che ho scelto per il post è di Goya, ma se vuoi vedere una donna ed un uomo nudi (con un bambino) guarda qui: Homo sapiens su Wikipedia.

                                                                                                                            Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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