Non sa coltivare neppure una pianta grassa senza farla
seccare, ora, e sicuramente se potesse avere un prato o una spazio suo, dove
piantare qualche cosa, andrebbe incontro a delusioni e insuccessi. Manca di
costanza ed ha perso da tempo il legame con la terra che sino a suo padre in
famiglia era una conoscenza scontata, acquisita. Lui ha studiato, vive in
condominio, ama passeggiare nel verde, se capita, e gli piacciono gli alberi, o
i ruscelli, o le macchie di verde. Prova rabbia quando vede il degrado causato
dai vandali o dagli incivili che spaccano i lampioni dell’illuminazione
pubblica, buttano lattine o altri rifiuti volutamente per far capire che sono
passati in quel posto. Disprezza chi scrive NOTAV su un muro prima pulito e
bello da vedere e si rende conto che nessuno ci salverà se prima noi non ci
salviamo da coloro che non sanno rispettare il luogo dove viviamo tutti.
Malgrado questo amore per la natura un po’ sentimentale ed un po’ razionale non saprebbe che farsene di un orto, o di un pezzo di terra. Innaffierebbe troppo o farebbe seccare quello che ha appena seminato.
Ma tanti anni prima non era così, lui viveva a contatto con
la fatica dei campi, e vedeva benissimo come si fanno crescere fiori e
pomodori, zucche e viole del pensiero. Suo padre, suo nonno e sua nonna
sapevano le cose, che lui non ha mai imparato o ha colpevolmente dimenticato o
rimosso.
Quando era piccolo in famiglia allevavano polli, conigli e
un maiale.
E coltivavano la verdura e la frutta che servivano per il pranzo. Per
molti anni i due uomini di casa avevano gestito il grande terreno coltivato ad
orto di un salumiere che non aveva tempo per farlo direttamente, e poi si
spartivano in proporzioni che a loro stavano bene i frutti del lavoro, e quello
spazio aveva viti e altri alberi da frutto. C’era pure un fico micidiale sul
quale ricorda che si era arrampicato e, una volta sceso a terra, non aveva più
smesso di grattarsi per il prurito fortissimo che non andava via da tutta la
pelle, scoperta o coperta che fosse. E poi c’erano rose, e ortiche, e fiori che
allora non conosceva, ma che emanavano un profumo buonissimo, che stordiva. E
le fragole, che raccoglieva direttamente da terra e mangiava senza lavare, o le
marasche, che accidenti, sembravano proprio ciliegie, ma non erano buone,
troppo aspre.
Bei tempi quelli dell’orto, di famiglia o in gestione. O
forse belli solo nel ricordo, perché la vita era dura, e sulla terra ci si
moriva di fatica, o ci si ammalava di cuore.
Eppure a lui il mondo sembrava più
umano, e quel salumiere una volta li aveva portati tutti al mare, con la sua
Fiat Giardinetta. Il mare di quella volta mica lo ricorda più, ma gli è rimasto
dentro il piacere di quel primo viaggio in auto seduto dietro, nel bagagliaio,
un posto piccolo, forse, ma perfetto per lui, con una vista magnifica sulla
strada, sul retro però, non davanti. Allora la sicurezza stradale era garantita
dalle poche auto in circolazione, non dalle cinture e altre protezioni moderne.
Il vero rischio era quello di rimanere bloccati sulla via per un guasto, o per
la foratura di uno pneumatico. In ogni modo quel giro in auto a lui, abituato ad andare solo in bicicletta, rimase impresso.
Il mondo era veramente più umano, ci si conosceva, ci si
fidava delle persone, e se si aveva bisogno il salumiere prestava senza
cambiali un milione di lire per comprare una casa che si era liberata ed era
un’occasione. E quel prestito poi veniva restituito a costo di sacrifici e
rinunce, senza che le banche ci guadagnassero nulla. Lui ricorda ancora quel
salumiere, e quella sua bottega antica, con i banconi alti, e dietro i vetri le
tante cose preziose che non tutti potevano permettersi.
Ma quel salumiere non era solo benestante, era pure
generoso, anche se mai direttamente con lui, come bambino. E quelli erano i
tempi nei quali i sogni si potevano ancora realizzare, in Italia. Recuperando
quello stesso spirito sarebbero probabilmente realizzabili anche oggi, chi lo
sa.
Mentre pensa all’orto, che coltivava specialmente suo nonno,
si rende conto che lui non ha mai dovuto subire quello che hanno dovuto vivere
invece i suoi genitori, che sono passati attraverso la guerra per poter arrivare
agli anni del boom economico. Ricorda che la prima auto di suo padre è stata una Fiat 600
usata. Vedendone per caso una d’epoca parcheggiata in strada capisce
quanto era piccola e scomoda. Molto più bassa, stretta e corta delle utilitarie
di oggi.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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