martedì 4 marzo 2014

Martedì grasso


Ne - Urologia
Ultimo giorno di carnevale, per fortuna
In(m)paziente attesa

Tre titoli per un post sono troppi, lo so, ma ognuno di loro mi piace, e non so decidermi. Quindi li tengo tutti (“Martedì grasso” non lo considero il vero titolo).
Io subisco da anni il carnevale, solo raramente sono entrato nel suo spirito, e il pomeriggio di oggi mi ha confermato nelle mie convinzioni. Dovevo fare un controllo di ruotine, e mi sono recato con un piccolo anticipo per sbrigare le pratiche burocratiche prima di andare nella zona degli ambulatori. Sulle prime tutto bene, coda minima, e quindi posso arrivare con circa 15 minuti di anticipo alla zona di attesa. Qui molti sono seduti, ad aspettare, e la cosa quindi inizia a prospettarsi un po’ più lunga del previsto. Appoggio giaccone e documentazione clinica su una delle sedie vuote e passeggio piano vicino al muro. Molti vanno da altre parti, e quindi non sono tutti in coda davanti a me, penso, e in quel momento arriva un uomo con un ragazzino abbondante e con un gran ciuffo. Iniziamo a scambiare alcuni commenti, per passare il tempo. Io racconto una piccola cosa, e lui mi risponde ma non lo capisco molto bene. Annuisco per non fare il maleducato e cerco di intervenire a tono.
Mi racconta di un amico che ha avuto un incidente sugli sci, anni prima, e che lui colpevolmente è andato a trovare in ospedale circa quindici giorni dopo il fatto. Quell’incidente si è poi rivelato una fortuna per quella persona perché successivamente si era scoperto che aveva un tumore alle ossa in una fase ancora curabile, e che quindi quell’incidente gli aveva salvato la vita.
Mentre lo ascolto, e rifletto sui casi dell'esistenza che a volte si manifestano sotto mentite spoglie, vedo un uomo avanti negli anni seguito da una giovane che ha tutta l’aria di essere la sua badante. Mi passa accanto poi gira sicuro, va all’ambulatorio 1 ed entra senza bussare né essere chiamato, mentre la ragazza resta ad una certa distanza, senza intervenire. Pochi secondi dopo vedo l’infermiera che lo fa uscire con cortesia e gli spiega che non si entra così e che deve aspettare il suo turno. Il signore riesce però a consegnare una prenotazione con impegnativa all’infermiera prima che questa rientri. E poi resta di guardia davanti alla porta. Io resto allibito dal comportamento di questo personaggio, e lo guardo con attenzione mentre ascolto anche il mio vicino, che però non sembra interessato alla cosa. Quel signore non è molto presente a sé stesso, mi pare, anzi, è un po’ perso a dirla tutta, e poco autonomo. Dopo poco esce la coppia che era prima nell’ambulatorio, l’infermiera chiama un altro in attesa e spiega ai due che fanno la guardia davanti alla porta che possono andare a sedersi, che li chiamerà lei.
Il mio vicino col figlio abbondante col ciuffo intanto viene chiamato a sua volta, ed io mi guardo attorno, di nuovo solo.
“Ecco, lo vedi, quello è il mio professore di matematica”, e sento il mio nome. Mi giro. Vedo un quarantenne con un bambino sui dieci - undici anni. Mi avvicino, è stato mio alunno a metà degli anni ’80. Mi racconta chi è, perché io non lo avrei mai riconosciuto. Mi confessa che ha sempre avuto difficoltà in matematica, gli chiedo se ero severo, ma non sembra darmi colpe, e lo dice tranquillo, come di chi ora ha trovato il suo spazio nella vita. Mi racconta però che due suoi compagni di allora, due miei ex alunni cioè, sono morti per droga e vita buttata via. Mi dice i loro nomi, e provo una sorta di brivido. Di uno sapevo già. Schiantato in moto su una strada di montagna durante un sorpasso azzardato. Dell’altro morto di overdose non sapevo nulla. Rimango ammutolito. Morti prima di arrivare a trent’anni. Non è possibile. Non è giusto. Io dico che purtroppo un incidente può capitare a chiunque, e lui conferma. Suo padre infatti, più o meno della mia età, è caduto qualche mese prima su un sentiero in montagna, ed è morto così. Io non so più cosa rispondere, cerco di spiegare che mi spiace. Lui chiede se ricordo un collega di quei tempi, anche lui più o meno mio coetaneo, che abitava vicino a lui. Era andato in pensione molto prima, quando ancora si poteva, anche perché aveva scelto di fare la libera professione. Morto pure lui. Rimango ammutolito.
Nel frattempo entrano a turno nei vari ambulatori le persone in attesa. Esce anche l’infermiera di prima, chiama l’uomo anziano un po’ perso, gli dice di non alzarsi, e gli spiega che lui non deve andare in urologia, ma in neurologia, per il rinnovo della patente.
Sconvolgente, non so che faccia fare, guardo le persone che hanno sentito, tutti speriamo che la patente non possa in alcun modo riottenerla, ma intanto l’infermiera è tornata dentro la sua stanza. Io scambio ancora due parole col mio ex alunno, e poi sento chiamare il mio nome…

Ecco un normale pomeriggio di martedì grasso.

(Dove ho trovato l'immagine che illustra il post)
                                                                                       Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.

Post più popolari di sempre

Post più popolari nell'ultimo anno

Post più popolari nell'ultimo mese

Post più popolari nell'ultima settimana