giovedì 6 marzo 2014

Tremiti


Partono la sera e viaggiano di notte, perché di notte c’è meno caldo e meno traffico. Il guaio è che lui di notte preferirebbe dormire, ma fa niente, si va in gruppo, e si devono mediare le rispettive idee.
Destinazione il porto di imbarco per le Tremiti: Termoli. Niente prenotazioni, ovviamente, del resto non siamo ai nostri giorni, nei quali la vacanza prima si vive in rete e poi si parte e si manda in rete in diretta e al ritorno si rivede finalmente in rete quello che si è visitato. E viene magari il dubbio di esserci stati.
Partono, e prendono l’autostrada, ma l’amico alla guida della seconda auto usa il metano e i distributori di metano non si trovano comodamente come quelli della normale benzina, quindi occorre andare a cercarli, con uscite dai caselli sbagliati e deviazioni demenziali che gli fanno sicuramente consumare in benzina più di quanto l’amico risparmi col metano. Oltretutto rallentando i tempi ed arrivando con ore ed ore di ritardo sulla tabella ideale di marcia.
Dopo un pollo arrosto mangiato di notte, usando come tavolo improvvisato il cofano dell’auto, arriva una sonnolenza che si cerca di nascondere con qualche battuta.  Alcuni immancabili momenti di nervosismo e si arriva finalmente al parcheggio di Termoli. Manca un po’ di tempo all’imbarco, c’è tempo per fare i biglietti e organizzarsi.

Problema bagagli. Nessuno lo aveva focalizzato, e quando si presenta è il panico. Ci sono troppe piccole borse, e poi i due pesanti sacchi della tenda, e le valigie, e le buste di plastica, e le attrezzature da campeggio e da cucina. Si contano, sono pochi, e guardano le cose da portare, sono troppe. E si può salire sulla nave che collega alle isole solo con quello che si porta con sé. Non sono previsti facchini o altro tipo di servizio bagagli. Il problema si risolve usando tutte le corde a disposizione per assemblare macrozaini e, alla fine, carichi come animali da soma, ogni cosa ha il suo portatore.
Lui è soddisfatto. Il primo intoppo apparentemente insolubile è stato superato.
Ci si imbarca, finalmente, ed il viaggio, breve, diventa subito un piccolo inferno.
Il mare diventa presto molto mosso, la piccola nave balla e tutti i turisti loro compagni di disavventura soffrono di mal di mare. Lui resiste rimanendo sul ponte, e guardando le onde, sentendo aria salmastra e spruzzi sul viso, altri due suoi amici resistono come possono, accanto a lui. Un paio però sono fuori gioco, stanno nel bagno a vomitare, e non c’è verso di farli salire in coperta. Va a vedere come stanno ma deve lasciarli, altrimenti inizia a vomitare pure lui.
Non si sa come la nave ormeggia al porto dell’isola di San Domino, dove c’è il campeggio. Un attimo di sollievo, sino a quando si vede la strada che porta alla destinazione finale, sotto il sole d’agosto, attorno a mezzogiorno, tutta in salita.
Qualcuno inizia a cedere. Discussione. Chiamiamo un taxi. No costa troppo. Non ci sono taxi. Io non ci salgo, muoio. Siamo arrivati sin qui e molliamo così? Ci si incammina cercando di non sentire i lamenti, si tentano battute, qualcuno ride per la disperazione, ma nessuno cede. Si registra qualche piccolo scambio di pesi, perché le ragazze veramente non ce la fanno. Ma vogliono tutti arrivare e farla finita. Quindi si stringono i denti, si suda, si impreca ma si sale.
Come finalmente trovino posto in campeggio è un piccolo miracolo. È strapieno, quasi non volevano farli entrare, ma trovano una piazzola dove in passato probabilmente c’era una costruzione, ed infatti i picchetti trovano subito residui di murature e di pavimenti.
Anche la tenda infine è montata, nessuno ci crede, ma è in piedi. Ci si rilassa, finalmente, dopo ore di fatica. I panini preparati qualche ora prima di partire finiscono in un attimo, e le vacanze possono ufficialmente iniziare.
La disposizione all’interno della tenda a casetta rispetta la privacy delle ragazze, un po’ meno quella dei maschi, ma sono arrivati, hanno tutti il posto per dormire, e li attendono giorni di mare e di sole.

Lui va a vedere il supermarket del campeggio. La mortadella costa come il prosciutto San Daniele. Il pane sembra abbordabile. L’acqua dei rubinetti del campeggio è potabile. Perfetto. Quello che conta è esserci. Non tutti hanno visto o sono stati sulle Tremiti.
Le giornate iniziano a prendere un’aria più leggera, cominciano a divertirsi, anche se i malumori non si placano mai del tutto. Con la cassa comune non si capisce perché qualcuno mangi banane, allora le mangio anche io. E la Nutella è proprio necessaria? Anche io voglio la Nutella. E poi perché voi venite a letto quando io già mi son quasi addormentato? Normale vita da campeggio, insomma, in un gruppo eterogeneo con una sola coppia ufficiale, e altri semplicemente e “felicemente” spaiati. La notte non mancano liti anche con i vicini. Qualcuno in un'altra tenda russa. Uno del gruppo si lamenta e chiede di smettere. Iniziano a volare parole grosse e si arriva alle offese personali ed ai congiunti. Ci si minaccia di venire alle mani. Poi in  realtà nessuno ne ha voglia, e si ricomincia a dormire, con qualcosa di nuovo di cui parlare il giorno dopo.
Scopre che c’è un vecchio campo di bocce, tra le tende, e addirittura le bocce lasciate a disposizione liberamente dalla direzione del campeggio. Fanno una partita, tanto per passare il tempo. Lui ha una mira pessima e con un lancio, invece di colpire una boccia avversaria, centra una batteria di pentole stesa ad asciugare sul muretto basso di recinzione del campo. Tragedia. I proprietari insorgono, una padella in effetti ha una bozza non indifferente. Lui si scusa, ammette che è colpa sua, che non voleva creare fastidi a nessuno, ma i danneggiati non mollano. Alla fine, anche se gli costa e non sa neppure se ha i soldi sufficienti, risolve la questione con un’offerta alla controparte: “Le chiedo di nuovo scusa, ma mi dica quanto le devo per il danno. Io le pago come nuova la padella ammaccata e la terrò io. Così chiudiamo la faccenda”. Sono le parole magiche. Qualcuno riflette che la padella si può aggiustare con poco, basta un colpetto dalla parte opposta, e non serve quindi mettersi a cercare un nuovo attrezzo da cucina. Gli animi si calmano, si rinnovano le scuse e si continua la vacanza. 
 
Il mare è freddo, ma è fantastico. Con la maschera il fondale è magnifico. Girano tutta l’isola, che è piccola piccola. I panorami sono da cartolina. Gli odori della macchia mediterranea entrano attraverso la pelle, che intanto diventa sempre più scura. A nuoto o con i materassini arrivano all’isola Cretaccio, poco più di un grosso scoglio che spunta delle acque, ma con una rispettabile altezza sul mare. Lui un giorno la scala, in costume da bagno e ciabatte. Quando è a metà altezza si rende conto che tutto è friabile, e basterebbe nulla a farlo precipitare verso il basso a sfracellarsi dopo essersi scartavetrato sulla parete poco amichevole. E così scende con un maggior rispetto per il luogo.
Le giornate passano pigramente. Lui guarda l’isola Capraia, che scorge in lontananza, ma che tutto sommato sembra a portata di bracciate. Un giorno prendono la barca che fa la spola tra l’isola di San Domino e quella di San Nicola, e vanno a visitare il vecchio paese che da il nome all’isola. Da quella postazione privilegiata Capraia sembra veramente vicina, e lui è abituato a nuotare a lungo, a rana, senza stancarsi. Ed è in quel momento che gli viene l’idea e decide di realizzarla. Non dice nulla agli altri, ma inizia ad organizzarsi. Il giorno dopo ha pronti un paio di panini, una mela, una borraccia d’acqua e la macchina fotografica ermeticamente racchiusi in alcuni sacchetti di plastica. Saluta dicendo che intende andare a farsi una nuotata e che rimarrà fuori sino a dopo mezzogiorno e scende sulla spiaggia. Con sè ha portato pure il materassino sul quale di notte dorme. Si lega al fianco una corda. L’altro capo lo assicura al materassino, sul quale appoggia, ben legato, il bagaglio minimo e le immancabili ciabatte. Il materassino gli deve servire come boa e come emergenza nel caso di un malore. Il resto non lo valuta. Gli sembra una cosa fattibile, e quindi da fare.

Parte a nuoto, lentamente, con gli occhialini, e vede il fondo che poco a poco scompare alla sua vista. Costeggia il Cretaccio, poi il suo piccolo scoglio, e quindi si dirige verso Capraia, tenendo una rotta parallela alla costa di San Nicola, che sembra sorvegliarlo a distanza. Lui nuota senza fretta mentre il Sole diventa sempre più alto, e di tanto in tanto guarda sotto la superficie del mare appena increspato e vede i suoi raggi perdersi, convergendo, nella profondità oscura. La cosa un po’ lo inquieta, ma ormai è arrivato a quel punto, a metà del percorso, e continua puntando verso la sua meta che poco a poco si avvicina.
Quando finalmente vede il fondo avvicinarsi, e Capraia ormai quasi raggiunta, sa di non aver sbagliato i calcoli. Guadagna la riva, porta all’asciutto ogni cosa, e mangia, finalmente, per aver poi il tempo della digestione prima di rituffarsi per il ritorno. Sistema per bene ogni cosa al sicuro, prende la macchina fotografica e parte alla scoperta dell’isola. Percorre a piedi, dall’alto, tutto il suo perimetro. Impiega alcune ore, e non incontra praticamente nessuno, neppure le mitiche capre. Solo in una piccola baia vede una donna che prende il sole nuda, tranquilla, e ovviamente la fotografa, ma senza teleobiettivo e da una distanza impossibile. Non vede barche o gommoni nelle sue vicinanze, e lui non ha tempo per restare oltre. Prosegue nella sua esplorazione, scatta altre foto, poi ritrova di nuovo il punto esatto dove ha lasciato il suo materassino e scende verso il mare. Si sistema con calma. Beve l’acqua che è rimasta poi si reimmerge ed inizia il lento viaggio di ritorno. Ha previsto che le correnti potessero rallentarlo, ma alla fine tutto procede senza alcun incidente, ed i suoi tempi sono rispettati.
Quando si rifà vivo con gli amici racconta dove è andato, loro gli dicono che è uno scemo, lui sorride però, tutto soddisfatto, e si stende un po’ al sole, a riposare.
Una sera comprano diverse patate, poi vanno in spiaggia, accendono un fuoco, cosa ora vietatissima, mettono le patate sotto la cenere, le controllano di tanto in tanto, mantengono vivo il fuoco e aspettano, parlando tra loro. Quando sono pronte le tolgono dalla cenere e si scottano pure per sbucciarle, ma, una volta ripulite, si rivelano di una bontà incredibile. La sera dopo, nello stesso posto, notano altri che si sono accesi fuochi per cuocersi patate.
Arriva l’ultimo giorno di permanenza, tristezza ma anche soddisfazione, ricordi e consapevolezza di esserci.
Uno del gruppo, che ha sempre rifiutato di nuotare ed è rimasto puntigliosamente aggrappato ad un materassino ogni volta che entrava in acqua compra una maschera subacquea e mette finalmente la testa sotto.
“Ma è bellissimo!”, dice appena emerge.

                                                                Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

1 commento:

  1. rileggere ora, lentamente, mentre l'estate muore, riempie di malinconia...

    RispondiElimina

I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.

Post più popolari di sempre

Post più popolari nell'ultimo anno

Post più popolari nell'ultimo mese

Post più popolari nell'ultima settimana