Partono la sera e viaggiano di notte, perché di notte c’è
meno caldo e meno traffico. Il guaio è che lui di notte preferirebbe dormire,
ma fa niente, si va in gruppo, e si devono mediare le rispettive idee.
Destinazione il porto di imbarco per le Tremiti: Termoli.
Niente prenotazioni, ovviamente, del resto non siamo ai nostri giorni, nei
quali la vacanza prima si vive in rete e poi si parte e si manda in rete in
diretta e al ritorno si rivede finalmente in rete quello che si è visitato. E
viene magari il dubbio di esserci stati.
Partono, e prendono l’autostrada, ma l’amico alla guida
della seconda auto usa il metano e i distributori di metano non si trovano
comodamente come quelli della normale benzina, quindi occorre andare a
cercarli, con uscite dai caselli sbagliati e deviazioni demenziali che gli fanno sicuramente consumare in benzina
più di quanto l’amico risparmi col metano. Oltretutto rallentando i
tempi ed arrivando con ore ed ore di ritardo sulla tabella ideale di marcia.
Dopo un pollo arrosto mangiato di notte, usando come tavolo improvvisato il
cofano dell’auto, arriva una sonnolenza che si cerca di
nascondere con qualche battuta. Alcuni immancabili momenti di
nervosismo e si arriva finalmente al parcheggio di Termoli. Manca un po’ di tempo
all’imbarco, c’è tempo per fare i biglietti e organizzarsi.
Problema bagagli. Nessuno lo aveva focalizzato, e quando si
presenta è il panico. Ci sono troppe piccole borse, e poi i due pesanti sacchi della tenda, e le
valigie, e le buste di plastica, e le attrezzature da campeggio e da cucina. Si contano, sono pochi, e guardano le cose da portare, sono troppe. E si può salire
sulla nave che collega alle isole solo con quello che si porta con sé. Non sono
previsti facchini o altro tipo di servizio bagagli. Il problema si risolve
usando tutte le corde a disposizione per assemblare macrozaini e, alla fine,
carichi come animali da soma, ogni cosa ha il suo portatore.
Lui è soddisfatto. Il primo intoppo apparentemente
insolubile è stato superato.
Ci si imbarca, finalmente, ed il viaggio, breve, diventa
subito un piccolo inferno.
Il mare diventa presto molto mosso, la piccola nave balla e
tutti i turisti loro compagni di disavventura soffrono di mal di mare. Lui resiste
rimanendo sul ponte, e guardando le onde, sentendo aria salmastra e spruzzi sul
viso, altri due suoi amici resistono come possono, accanto a lui. Un paio però
sono fuori gioco, stanno nel bagno a vomitare, e non c’è verso di farli salire
in coperta. Va a vedere come stanno ma deve lasciarli, altrimenti inizia a
vomitare pure lui.
Non si sa come la nave ormeggia al porto dell’isola di San
Domino, dove c’è il campeggio. Un attimo di sollievo, sino a quando si vede la
strada che porta alla destinazione finale, sotto il sole d’agosto, attorno a
mezzogiorno, tutta in salita.
Qualcuno inizia a cedere. Discussione. Chiamiamo un taxi. No
costa troppo. Non ci sono taxi. Io non ci salgo, muoio. Siamo arrivati sin qui
e molliamo così? Ci si incammina cercando di non sentire i lamenti, si tentano
battute, qualcuno ride per la disperazione, ma nessuno cede. Si registra
qualche piccolo scambio di pesi, perché le ragazze veramente non ce la fanno.
Ma vogliono tutti arrivare e farla finita. Quindi si stringono i denti, si
suda, si impreca ma si sale.
Come finalmente trovino posto in campeggio è un piccolo
miracolo. È strapieno, quasi non volevano farli entrare, ma trovano una
piazzola dove in passato probabilmente c’era una costruzione, ed infatti
i picchetti trovano subito residui di murature e di pavimenti.
Anche la tenda infine è montata, nessuno ci crede, ma è in
piedi. Ci si rilassa, finalmente, dopo ore di fatica. I panini preparati
qualche ora prima di partire finiscono in un attimo, e le vacanze possono
ufficialmente iniziare.
La disposizione all’interno della tenda a casetta rispetta
la privacy delle ragazze, un po’ meno quella dei maschi, ma sono arrivati,
hanno tutti il posto per dormire, e li attendono giorni di mare e di sole.
Lui va a vedere il supermarket del campeggio. La mortadella
costa come il prosciutto San Daniele. Il pane sembra abbordabile. L’acqua dei
rubinetti del campeggio è potabile. Perfetto. Quello che conta è esserci. Non
tutti hanno visto o sono stati sulle Tremiti.
Le giornate iniziano a prendere un’aria più leggera, cominciano a divertirsi, anche se i malumori non si placano mai del tutto. Con la
cassa comune non si capisce perché qualcuno mangi banane, allora le mangio
anche io. E la Nutella è proprio necessaria? Anche io voglio la Nutella.
E poi perché voi venite a letto quando io già mi son quasi addormentato?
Normale vita da campeggio, insomma, in un gruppo eterogeneo con una sola coppia
ufficiale, e altri semplicemente e “felicemente” spaiati. La notte non mancano
liti anche con i vicini. Qualcuno in un'altra tenda russa. Uno del gruppo si lamenta e chiede di
smettere. Iniziano a volare parole grosse e si arriva alle offese personali ed
ai congiunti. Ci si minaccia di venire alle mani. Poi in realtà nessuno ne ha voglia, e si ricomincia
a dormire, con qualcosa di nuovo di cui parlare il giorno dopo.
Scopre che c’è un vecchio campo di bocce, tra le tende,
e addirittura le bocce lasciate a disposizione liberamente dalla direzione del
campeggio. Fanno una partita, tanto per passare il tempo. Lui ha una mira
pessima e con un lancio, invece di colpire una boccia avversaria, centra una batteria
di pentole stesa ad asciugare sul muretto basso di recinzione del campo.
Tragedia. I proprietari insorgono, una padella in effetti ha una bozza non
indifferente. Lui si scusa, ammette che è colpa sua, che non voleva creare
fastidi a nessuno, ma i danneggiati non mollano. Alla fine, anche se gli costa
e non sa neppure se ha i soldi sufficienti, risolve la questione con un’offerta
alla controparte: “Le chiedo di nuovo scusa, ma mi dica quanto le devo per il
danno. Io le pago come nuova la padella ammaccata e la terrò io. Così chiudiamo
la faccenda”. Sono le parole magiche. Qualcuno riflette che la padella si può
aggiustare con poco, basta un colpetto dalla parte opposta, e non serve quindi
mettersi a cercare un nuovo attrezzo da cucina. Gli animi si calmano, si
rinnovano le scuse e si continua la vacanza.
Il mare è freddo, ma è fantastico. Con la maschera il
fondale è magnifico. Girano tutta l’isola, che è piccola piccola. I panorami
sono da cartolina. Gli odori della macchia mediterranea entrano attraverso la
pelle, che intanto diventa sempre più scura. A nuoto o con i materassini
arrivano all’isola Cretaccio, poco più di un grosso scoglio che spunta delle
acque, ma con una rispettabile altezza sul mare. Lui un giorno la scala, in
costume da bagno e ciabatte. Quando è a metà altezza si rende conto che tutto è
friabile, e basterebbe nulla a farlo precipitare verso il basso a sfracellarsi
dopo essersi scartavetrato sulla parete poco amichevole. E così scende con un
maggior rispetto per il luogo.
Le giornate passano pigramente. Lui guarda l’isola Capraia,
che scorge in lontananza, ma che tutto sommato sembra a portata di bracciate.
Un giorno prendono la barca che fa la spola tra l’isola di San Domino e quella
di San Nicola, e vanno a visitare il vecchio paese che da il nome all’isola. Da
quella postazione privilegiata Capraia sembra veramente vicina, e lui è
abituato a nuotare a lungo, a rana, senza stancarsi. Ed è in quel momento che
gli viene l’idea e decide di realizzarla. Non dice nulla agli altri, ma inizia ad
organizzarsi. Il giorno dopo ha pronti un paio di panini, una mela, una
borraccia d’acqua e la macchina fotografica ermeticamente racchiusi in alcuni
sacchetti di plastica. Saluta dicendo che intende andare a farsi una nuotata e
che rimarrà fuori sino a dopo mezzogiorno e scende sulla spiaggia. Con sè ha
portato pure il materassino sul quale di notte dorme. Si lega al fianco una
corda. L’altro capo lo assicura al materassino, sul quale appoggia, ben legato,
il bagaglio minimo e le immancabili ciabatte. Il materassino gli deve servire
come boa e come emergenza nel caso di un malore. Il resto non lo valuta. Gli
sembra una cosa fattibile, e quindi da fare.
Parte a nuoto, lentamente, con gli occhialini, e
vede il fondo che poco a poco scompare alla sua vista. Costeggia il Cretaccio,
poi il suo piccolo scoglio, e quindi si dirige verso Capraia, tenendo una rotta parallela
alla costa di San Nicola, che sembra sorvegliarlo a distanza. Lui nuota senza
fretta mentre il Sole diventa sempre più alto, e di tanto in tanto guarda sotto
la superficie del mare appena increspato e vede i suoi raggi perdersi,
convergendo, nella profondità oscura. La cosa un po’ lo inquieta, ma ormai è
arrivato a quel punto, a metà del percorso, e continua puntando verso la sua meta
che poco a poco si avvicina.
Quando finalmente vede il fondo avvicinarsi, e Capraia ormai
quasi raggiunta, sa di non aver sbagliato i calcoli. Guadagna la riva, porta
all’asciutto ogni cosa, e mangia, finalmente, per aver poi il tempo della
digestione prima di rituffarsi per il ritorno. Sistema per bene ogni cosa
al sicuro, prende la macchina fotografica e parte alla scoperta dell’isola.
Percorre a piedi, dall’alto, tutto il suo perimetro. Impiega alcune ore, e non
incontra praticamente nessuno, neppure le mitiche capre. Solo in una piccola
baia vede una donna che prende il sole nuda, tranquilla, e ovviamente la
fotografa, ma senza teleobiettivo e da una distanza impossibile. Non vede
barche o gommoni nelle sue vicinanze, e lui non ha tempo per restare oltre.
Prosegue nella sua esplorazione, scatta altre foto, poi ritrova di nuovo il
punto esatto dove ha lasciato il suo materassino e scende verso il mare. Si
sistema con calma. Beve l’acqua che è rimasta poi si reimmerge ed inizia il
lento viaggio di ritorno. Ha previsto che le correnti potessero rallentarlo, ma
alla fine tutto procede senza alcun incidente, ed i suoi tempi sono rispettati.
Quando si rifà vivo con gli amici
racconta dove è andato, loro gli dicono che è uno scemo, lui sorride però,
tutto soddisfatto, e si stende un po’ al sole, a riposare.
Una sera comprano diverse patate,
poi vanno in spiaggia, accendono un fuoco, cosa ora vietatissima, mettono le
patate sotto la cenere, le controllano di tanto in tanto, mantengono vivo il
fuoco e aspettano, parlando tra loro. Quando sono pronte le tolgono dalla
cenere e si scottano pure per sbucciarle, ma, una volta ripulite, si rivelano di
una bontà incredibile. La sera dopo, nello stesso posto, notano altri che si sono accesi fuochi per cuocersi patate.
Arriva l’ultimo giorno di
permanenza, tristezza ma anche soddisfazione, ricordi e consapevolezza di
esserci.
Uno del gruppo, che ha sempre
rifiutato di nuotare ed è rimasto puntigliosamente aggrappato ad un materassino
ogni volta che entrava in acqua compra una maschera subacquea e mette finalmente
la testa sotto.
“Ma è bellissimo!”, dice appena
emerge.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
rileggere ora, lentamente, mentre l'estate muore, riempie di malinconia...
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