C’è stato il tempo per viaggiare e, nel viaggio, avere giorni
nei quali perdere il senso della realtà e della contingenza. Essere stranieri e
anonimi ci ha permesso di diventare quasi invisibili, senza avere il nostro viso
associato a esperienze vissute da chi incontravamo. E le stesse persone
incontrate venivano dimenticate poco dopo, in un gioco reciproco di
cancellazioni. In questo genere di viaggiare si passa davanti a vetrine di ogni genere, si
trovano piazze e vicoli, si entra in musei, si scattano foto, si assaggiano
cibi particolari che a loro volta richiamano viaggi passati o si fissano per
essere riferimenti nel futuro. Si trova il sole e si trova la pioggia, capitano
smarrimenti, si riparano le cose rotte, a volte si deve anche riparare l’auto. La
lingua madre conosciuta da bambini in parte rimane privata, gli altri si
esprimono diversamente ma con loro ci si intende in mille altri modi, si
ricorda senza rimpiangere. Noi sapevamo che era una bolla, che poi ne saremmo
usciti, che gli impegni e i legami e i doveri sarebbero tornati, ma eravamo in
missione per conto della vita, avevamo la licenza di essere altri, potevamo
disporre diversamente anche se brevemente del nostro tempo. L’esistenza che
procede secondo un suo disegno e che non possiamo sfogliare in avanti per
vedere cosa succede dopo, anche solo poche ore dopo, sembrava sospesa. È stato
così, quel tempo lo abbiamo avuto e non per tutti è avvenuto così. Siamo stati
fortunati. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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