Ci ha ripensato allora, è tornato. Significa che
ora ha le idee più chiare rispetto a due giorni fa? Io avevo inteso diversamente, pensavo che mi
avesse salutato definitivamente…
Avevo usato il condizionale, non l’indicativo.
Lei non sa quanto sono condizionale
io in questo periodo. Molto di quello che ora faccio o penso alcuni anni fa non
mi avrebbe neppure sfiorato. A volte la vita cambia e neppure ce ne accorgiamo,
altre volte invece arriva una cesura esistenziale drammatica, totalizzante,
invasiva ed ineludibile. Mi perdoni, uso parole che solitamente non pronuncio,
ma veramente servono, e ne servirebbero tantissime altre. Sostantivi per dare un
senso, una sostanza tangibile, e aggettivi per spiegare uno stato d’animo, o
viceversa. Ma con le parole io ritrovo in parte, solo in parte, mi creda,
quello che cerco. Quindi le uso e non mi soddisfano mai. In più talvolta temo
di diventare logorroico.
Questo lo avevo capito già nel nostro
incontro precedente. Cos’è successo in questi due giorni da spingerla a
tornare?
Nulla, in realtà. Io continuo a cercare senza
trovare, sembra una coazione che i clinici vedono con sospetto e gli analisti
esplorano, ed intanto affronto il contingente che, lo ammetto, mi distrae. Inoltre
dopo ogni incontro, e quindi anche dopo il nostro, ricordo sempre particolari
che non ho riferito, piccole curiosità che avrei voluto condividere… ad esempio
quando le dicevo che piuttosto bevo qualche bicchiere di Vermentino fresco
avrei dovuto aggiungere che è meglio che mi fermi a quello, perché il Cannonau
mi darebbe alla testa.
Ma capisce bene, se mi intende, che quando
sono venuto per il primo colloquio io in realtà non speravo di realizzare alcunché,
non mi illudevo di riportare nessuno, e purtroppo non certamente lei. Forse mi
ha frainteso, o io non sono stato chiaro. Certamente ero e sono confuso.
Eppure lei aveva la vittoria nel nome, e il
nome tradiva le sue origini e la sua essenza. Ora dire che l’ho perduta è vero
e falso. E riportarla è in parte impossibile (nessuno può) ed in parte inutile
(non è mai andata via).
Sia più chiaro, così pure io alla fine
soddisferò qualche mia curiosità, e non le faccio domande precise perché potrebbero
essere del tutto fuori tema.
Le spiego perché penso sia inutile. Oggi,
quando piego un asciugamano, penso a come lo faceva lei, e che centinaia di
volte quello stesso asciugamano lo ha piegato lei. Quando mangio una fetta di
salame di Felino, sempre più raramente, penso che lo compravo per lei. Quando vado
a trovarla e la vedo sorridente ho l’impressione di aver appena commesso
qualche cosa di sbagliato e che lei mi guardi in modo da farmi capire che in
fondo lo sapeva già, e di aver sempre avuto ragione. Oppure quando cammino
attorno a casa, nei luoghi soliti, quelli dove lei stessa ha camminato, magari quando
ripasso in quei corridoi dove ha sofferto, la ritrovo, la sento accanto.
Forse capisco, ma non so che dirle.
Non deve dirmi nulla. Credo sia questo il
segreto definitivo. Ma poi mi chiedo: com’è possibile che una pallina di
naftalina ormai quasi tutta consumata me la riporti ancora adesso? Una stupidissima
pallina di naftalina avvolta con cura in un pezzetto di carta igienica e messa
dentro la tasca di una giacca, a sua volta protetta in un sacchetto per
conservare abiti…e non ho finito, non ho assolutamente finito, quindi non ci
provo neppure a tentare di capire dove sto andando. E lei non deve dirmi nulla.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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