mercoledì 4 aprile 2018

non ho finito



Ci ha ripensato allora, è tornato. Significa che ora ha le idee più chiare rispetto a due giorni fa?  Io avevo inteso diversamente, pensavo che mi avesse salutato definitivamente…

Avevo usato il condizionale, non l’indicativo. Lei non sa quanto sono condizionale io in questo periodo. Molto di quello che ora faccio o penso alcuni anni fa non mi avrebbe neppure sfiorato. A volte la vita cambia e neppure ce ne accorgiamo, altre volte invece arriva una cesura esistenziale drammatica, totalizzante, invasiva ed ineludibile. Mi perdoni, uso parole che solitamente non pronuncio, ma veramente servono, e ne servirebbero tantissime altre. Sostantivi per dare un senso, una sostanza tangibile, e aggettivi per spiegare uno stato d’animo, o viceversa. Ma con le parole io ritrovo in parte, solo in parte, mi creda, quello che cerco. Quindi le uso e non mi soddisfano mai. In più talvolta temo di diventare logorroico.

Questo lo avevo capito già nel nostro incontro precedente. Cos’è successo in questi due giorni da spingerla a tornare?

Nulla, in realtà. Io continuo a cercare senza trovare, sembra una coazione che i clinici vedono con sospetto e gli analisti esplorano, ed intanto affronto il contingente che, lo ammetto, mi distrae. Inoltre dopo ogni incontro, e quindi anche dopo il nostro, ricordo sempre particolari che non ho riferito, piccole curiosità che avrei voluto condividere… ad esempio quando le dicevo che piuttosto bevo qualche bicchiere di Vermentino fresco avrei dovuto aggiungere che è meglio che mi fermi a quello, perché il Cannonau mi darebbe alla testa.
Ma capisce bene, se mi intende, che quando sono venuto per il primo colloquio io in realtà non speravo di realizzare alcunché, non mi illudevo di riportare nessuno, e purtroppo non certamente lei. Forse mi ha frainteso, o io non sono stato chiaro. Certamente ero e sono confuso.
Eppure lei aveva la vittoria nel nome, e il nome tradiva le sue origini e la sua essenza. Ora dire che l’ho perduta è vero e falso. E riportarla è in parte impossibile (nessuno può) ed in parte inutile (non è mai andata via).

Sia più chiaro, così pure io alla fine soddisferò qualche mia curiosità, e non le faccio domande precise perché potrebbero essere del tutto fuori tema.

Le spiego perché penso sia inutile. Oggi, quando piego un asciugamano, penso a come lo faceva lei, e che centinaia di volte quello stesso asciugamano lo ha piegato lei. Quando mangio una fetta di salame di Felino, sempre più raramente, penso che lo compravo per lei. Quando vado a trovarla e la vedo sorridente ho l’impressione di aver appena commesso qualche cosa di sbagliato e che lei mi guardi in modo da farmi capire che in fondo lo sapeva già, e di aver sempre avuto ragione. Oppure quando cammino attorno a casa, nei luoghi soliti, quelli dove lei stessa ha camminato, magari quando ripasso in quei corridoi dove ha sofferto, la ritrovo, la sento accanto.

Forse capisco, ma non so che dirle.

Non deve dirmi nulla. Credo sia questo il segreto definitivo. Ma poi mi chiedo: com’è possibile che una pallina di naftalina ormai quasi tutta consumata me la riporti ancora adesso? Una stupidissima pallina di naftalina avvolta con cura in un pezzetto di carta igienica e messa dentro la tasca di una giacca, a sua volta protetta in un sacchetto per conservare abiti…e non ho finito, non ho assolutamente finito, quindi non ci provo neppure a tentare di capire dove sto andando. E lei non deve dirmi nulla.

                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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