Quando sto per addormentarmi, negli attimi
che precedono la perdita della coscienza, vago in modo sempre meno controllato
tra le stanze della mente, e ritrovo ricordi, rivedo persone, vivo situazioni,
mi immergo in paure superate e ritrovo ciò che ho perduto. E non devo
impuntarmi sul fatto il tempo passa ed io devo dormire, se lo faccio allontano
il sonno invece di avvicinarlo, resto con le paure invece di scordarle, resto
attaccato alla vita che conosco e non posso abbandonarmi all’altra, quella
inconscia.
E poi, in un momento imprecisato, io sparisco
e ricompaio solo diverse ore dopo, o parzialmente sveglio, pronto a riprendere
subito dopo il sonno, oppure sveglio completamente o deciso ad esserlo. A quel
punto anche se tento di ricostruire il momento nel quale sono sparito
addormentandomi quasi mai arrivo ad una risposta che mi convinca, e quell’attimo
rimane indistinto.
Io ora vorrei che tu mi dicessi cosa hai
provato partendo, se te ne sei resa conto, cosa hai vissuto nei momenti che
hanno preceduto il passaggio, quali sono stati gli ultimi pensieri coscienti
prima di addormentarti e se poi, prima di andar via per sempre, sei tornata in
parte, almeno in sogno, alla tua vita precedente, la sola che hai condiviso con
me, sino ad ora.
Come mai mi viene questa curiosità, perché ora,
dopo tanti mesi, quasi quindici? So cosa mi hai detto prima di coricarti, so
che in quel momento sapevi ciò che succedeva anche se velato da una nebbia
indotta. Ed anche io vedevo la realtà come se non la vivessi, come attraverso un
filtro analogo al tuo, quasi costruito per simpatia, in modo isterico.
Questa curiosità mi viene perché mi sono
messo a guardare le cose che vedevi tu, quello che io ho modificato solo in
minima parte, e stavo nella tua posizione, osservavo contenitori, scaffali,
armadio e altri mobili, oggetti sulla scrivania. E non so spingermi oltre a
modificare, ancora non so farlo, e vedo il tuo nome, e so che dentro ogni
piccolo spazio restano i tuoi segni, e mi sento in dovere di non fare ciò che
tu non volevi che facessi, anche se ora avrei mille giustificazioni per farlo. Ma
tu non mi hai mai detto che adesso potrei farlo, non ci hai pensato, ed io non
te l’ho chiesto. Era sbagliato chiedertelo. Non c’è stato il tempo, e, se pure
ci fosse stato, non lo avrei mai fatto. Avrei preferito mille volte litigare
con te perché eri tu a non spostare una valigetta, mentre se devo farlo io
quella mi sembra pesare troppo, e non ne ho la forza.
Ma ti ripeto la domanda: cosa hai provato
negli ultimi momenti prima di addormentarti e partire? Ti è successo quello che
succede a me un attimo prima di cadere nel sonno, senza paura perché poi mi
risveglio?
Ed è questo il motivo che illude qualcuno che
poi ci si risveglia, altrove, dopo essere partiti per sempre? Ma tu sei da
qualche parte, altrove, e svegliandoti non hai più potuto ritornare indietro? Io
non so spostare gli oggetti, i tuoi, sono un uomo di poca o nessuna fede,
eppure credo sempre che tu sia pronta ad arrabbiarti se tocco quella tua penna,
o quel tuo asciugamano, o quel libro che stavi leggendo… e l’ho fatto. Ho
spostato la penna, e quel libro. Dovevo farlo, riordinare un po’, togliere
anche un po’ di polvere, solo per questo motivo. Tutto ciò che ti interessava
non mi azzardo a spostarlo se non per metterlo in ordine o proteggerlo meglio. Forse
sbaglio, perché così mi contraddico. Ma ne ho bisogno, ancora. E se puoi fammi
capire cosa è successo quando sei partita.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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