Ho, abbiamo, sempre avuto una certa attitudine nel dare a persone, cose o situazioni nomi di fantasia, a volte ironici, a volte per prendere decisamente in giro, altre semplicemente per condividere un nostro vocabolario privato. Non credo sia eccezionale, molti lo fanno. Personalmente ricordo ancora Trombetto, il Lupo, il Mona, la Slasticiarna, il Pollo. Il Lupo, col suo particolare incedere, lo incontro ancora di tanto in tanto, ma lui non sa perché lo abbiamo soprannominato così, e a me spiace che tu non sia ancora qui con me a vederlo. Il suo vero nome non l’abbiamo mai saputo. Paglicodis invece non è frutto della nostra fantasia ma di quella di Licia, e non era riferito ad una persona specifica ma a qualcuno che avesse manifestato il particolare atteggiamento di chi ha la coda di paglia. In fondo si tratta solo di questo, di parole che creano una bolla di inclusione e condivisione, nessuna cattiveria vera ma il desiderio di parlare e comunicare in modo meno formale, più intimo. Chissà quante volte, del resto, noi stessi siamo stati oggetto, a nostra insaputa, di simili privati appellativi. Ciao, Viz. Nella vita capita anche di peggio.
Silvano C.©
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