venerdì 21 febbraio 2025

Non è andata come avrei voluto

Volendo si possono fare molte cose. Non tutto quanto piacerebbe ma sicuramente molto. E poi si potrebbero evitare errori e cattiverie, passi falsi e incidenti. La prudenza non salva sempre ma aiuta. Tra gli impegni inderogabili ci sono quelli che assunti volontariamente, non imposti ma scelti. Un figlio è un impegno di questo genere, succeda quel che succede rimane responsabilità inalienabile. Il figlio ha tutti i diritti di scegliere la sua vita, non deve realizzare nulla di ciò che interessa ai genitori se non lo desidera, mentre i genitori che lo hanno messo al mondo conservano sino alla fine un debito aperto con lui. Ci sono molte scuole di pensiero su questo, e alcuni sostengono che, arrivati ad una certa età, si ha il diritto di vivere la propria vita, godersi gli anni, viaggiare, uscire, visitare, e lasciare che i figli seguano la loro vita e si arrangino. Magari in parte non è tanto sbagliato, sembra che la vita sia una sola e che si debba pure goderla, ma oltre un certo limite non mi sembra corretto andare. Con la volontà si possono fare tante cose, come dicevo all’inizio, senza scordare il buonsenso e altre linee guida personali. In questo, Viz, sai benissimo dove vado a parare. Avremmo dovuto essere in due, avrei voluto che fossimo in due, ma non è andata così. Mandami un sorriso, aiuta.

                                                                                          Silvano C.©

                           (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

giovedì 20 febbraio 2025

Molto prima

Si tratta di una scala che sale al primo piano. Vi si accede dal cortile, da una porta che serve unicamente a quello, e arriva ad un appartamento con tre sole stanze: la cucina e due camere da letto. Nella cucina un grande tavolo, un camino e pochi altri mobili. Le sedie sono contate, non è previsto che arrivino ospiti. E poi? E poi nulla, tutto è lontano sia nel tempo sia nello spazio. Magari non esiste più niente di quelle case attorno al cortile, non c’è più il pozzo, non ci sono più da tempo quelle persone. I vecchi sicuramente sono morti, e i giovanissimi di allora magari se ne sono andati pure loro. Quindi io possiedo semplicemente il passato di quella casa, niente di più. Non una foto, non un oggetto, solo ricordi confusi. E che senso ha richiamare questi ricordi come se a qualcuno potessero interessare? A nessuno interessano, non sono avvenimenti storici quelli che li riguardano. Già allora qualcuno moriva, questo lo so perché ne fui partecipe, per quanto possibile. Erano anni nei quali si viveva senza invidia, io almeno vivevo senza invidia. Sapevo di essere in una certa condizione ma la trovavo naturale. Vedevo chi aveva di più e ne prendevo atto. Non ricordo libri, a casa nostra di un tempo non c’era spazio per loro. Negli anni che seguirono ebbi modo di scontrarmi con la realtà, ma si trattava del mio debutto, buffo e triste, allegro e inconsapevole, comico da vergognarsene, unico e uguale a quello degli altri, ma allora non capivo nulla. I momenti che ancora tornano riguardano una pompa per l’acqua potabile, una serata con un cielo stellato che mi fece paura, una lite tra bambini, le prime scoperte morbose in una soffitta dove sapevamo di non essere più innocenti, e poi le cadute, le lunghe giornate assolate estive, un maiale, le galline e i conigli. Era molto prima di incontrarti, Viz, molto molto prima. Ero già io? Non lo so, ero diverso. Ciao. Mi manca sempre il tuo sorriso.

                                                                                          Silvano C.©

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lunedì 17 febbraio 2025

Le lancette girano

L’orologio col quadrante analogico che ho davanti è mosso da un motore elettrico, non è digitale ma neppure un orologio analogico vecchia maniera. A suo modo rappresenta la transizione, una delle tante transizioni. È il mutamento che misura il tempo e dal tempo si fa invecchiare. Le antiche sveglie con ricarica a molla non so se le vendono ancora, magari sono oggetti da collezionisti. Quelle dozzinali sono da raccolta differenziata ma quelle di pregio è meglio conservarle. Anche se non funzionano più meritano di essere conservate. Tutto qui, Viz, non ho molto da dirti che tu non sappia già. M’invento interessi, lo so. Mi manca sempre il tuo sorriso.

                                                                                          Silvano C.©

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sabato 15 febbraio 2025

Questioni di vita o/e di morte

Quando arrivo a constatare che ricevo sempre meno telefonate, e magari che pure io ho diminuito il chiamare gli altri, non faccio che fotografare la realtà. Il processo è iniziato quasi in modo impercettibile quando alcuni hanno cominciato ad andarsene da questo mondo per sopraggiunta vecchiaia, malattia o incidente. Nei primi tempi non ne ho capito la portata, la consapevolezza è arrivata dopo. Prima pensavo a semplici fatti isolati, dolorosi ma isolati. Ora so che si tratta di un processo fisiologico, inarrestabile perché il tempo fa il suo lavoro con metodo, anche su di me. Una frase che ho letto di recente è che solo il passato ci appartiene, non il presente che sfugge in un attimo e tantomeno il futuro, imprevedibile e nel quale possiamo solo proiettare speranze e paure, illusioni e programmi da realizzare, se ne avremo tempo e opportunità. Si sopravvive e si vive, le due modalità a volte si confondono, serve un motivo per andare avanti, meglio se più di uno, interessi fondamentali che riguardano le persone che ci amano, legami con amici e con chi ci sta vicino, abitudini di ogni giorno, piccole mete soggettive e impegni da mantenere. Il telefono in fondo non è solo un mezzo ma svolge il ruolo che in chimica è affidato agli indicatori, e magari anche ai catalizzatori, certo, anche a quelli. Io so quello che ricordo del passato ma vivo ora e del futuro ho una visione come se mi trovassi nella nebbia in Valpadana. E di nebbia, lo so, qualcuno è morto, sulle strade. La risposta l’aspetto. Ciao Viz, mi manca un sorriso.

                                                                                          Silvano C.©

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giovedì 13 febbraio 2025

Quello che manca

Quando sarò morto. A chi importa quando questo avverrà e come mi si penserà? Julio Cortázar ha scritto di non pronunciare il suo nome quando lui sarà morto. Meglio dire altre parole e lasciarlo finalmente libero di riposare. Non sono Cortázar però, sarei già morto. Sarei uno dei massimi scrittori del XX secolo. Sarei ricordato come lui malgrado quelle sue parole. Ti scrivo adesso con meno assiduità, meno regolarità. Pensarti lo faccio sempre, non passa giorno. E passo anche. È solo questo mio dialogo scritto che non deve essere un impegno, non può esserlo. Quando sarò morto quindi non so se m’importerà più di quello che sono o sono stato. So che m’importa di te e di come è andata. Ho scavato con chi ha vissuto tratti di percorso con te, prima di me. Ho provato dolore. Non so se ti ho costretta a restare contro i tuoi desideri, magari non lo saprò mai. Il dolore però non dovrei cercarlo, quello è stupido farlo. Me lo hai spiegato chiaramente, poche volte ma in modo netto, impossibile fraintenderti. Quindi che ci posso fare se è così? Magari migliorarmi, cambiare, correggermi. Quella è la risposta, è solo quella. Ciao Viz, mi manca un sorriso, il tuo.

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martedì 11 febbraio 2025

Io son pazzo

Sono sicuro di essere pazzo, o comunque non normale. Mi arrivano come in un ingorgo mille citazioni possibili e, assieme a loro, le tante persone che hanno percorso con me un tratto della mia vita, a volte fondamentale altre volte marginale. Comunque nessun elogio alla normalità, inesistente a ogni latitudine e longitudine, a livello del mare o sotto o ad anni luce di altezza. Vorrei essere veramente un pazzo libero di esserlo, non in catene o rinchiuso. Libero di pensare assurdità che sono tali per troppi, e che quindi non possono migliorare il mondo. Pure io quando mi sono uniformato (indivisato, insomma) non ho fatto il bene degli altri, e neppure il mio. Se ho sbagliato, e ho sbagliato molto, talvolta non l’ho fatto per vera pazzia ma per danneggiare, offendere, rubare, dimenticare, arrabbiarmi stupidamente e mancare di rispetto. E ho fatto anche quello, certo che l’ho fatto, e me ne vergogno. Ma non serve vergognarsi e neppure promettere o ripromettersi di non farlo più. Quello che serve lo intravedo, ma occorre coraggio ad essere pazzi, non è da tutti, non è un lusso che si compra, ci si nasce o ci si diventa con il duro lavoro, con la perseveranza e tentando di ripagare, anche se troppo tardi, chi ci ha amato o ci ama ancora. Ciao, Viz. Queste sono parole, solo parole. Da te mi aspetto un sorriso e il perdono.

                                                                                          Silvano C.©

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sabato 8 febbraio 2025

Piangere

Piangere è un diverso modo di ridere, non è casuale che talvolta si rida sino alle lacrime, anche se è meglio non farlo ad un funerale, anche se qualcuno racconta episodi comici della vita di chi è partito, anche se in fondo tutto è naturale, anche se…

E poi la commozione può cercare uno sbocco come il fiume che cerca il mare per sparire, come se il materiale ferroso non attendesse altro che fondersi per assumere nuove forme, e lo sbocco finale e liberatorio della commozione è il pianto, o il riso.

Ho pianto, non me ne vergogno, a volte qualcuno mi ha detto di non farlo. E perché mai? Che peccato si fa piangendo? A chi si ruba, chi si uccide o solo si danneggia, chi si ferisce? Chi piange per un po' è nudo e questo scandalizza, è questo che non è accettato dal decoro e dalla buona educazione. Ma vaffanculo. Rivendico la libertà di riso e di pianto. Derido chi dice di non piangere, la libertà in questo è solo mia, assolutamente mia, privata e indiscutibile.

Magari qualcuno ritiene che sia meglio non farlo, e va bene, ma che non sia imposizione per nessuno, solo una propria opinione.

E poi cosa serve per piangere? A questo so rispondere, almeno in parte. Un bicchiere, o meglio due, di Müller Thurgau. La citazione legata ad uno scrittore che si è amato. Un luogo legato alla mia vita con te. Un pensiero che rompe gli argini. Una parola. Il ricordo che non lascia mai. Ciao, Viz. Queste sono parole, non lacrime, solo parole. Da te mi aspetto un sorriso.

                                                                                          Silvano C.©

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