Passano in formazione, allineate come
suggerisce l’esperienza e l’aerodinamica, e vanno altrove, dove le spinge la
natura con le sue stagioni. Hanno punti di riferimento che si raccontano come
sanno, e che noi possiamo solo immaginare, o sospettare.
Loro hanno una meta, uno scopo: vivere.
Pure un albero secolare o millenario ha lo
stesso scopo, e forse se ne chiede il motivo meno delle anatre, lui vive.
Pure io vivo, e non ne conosco lo scopo. Sono
arrivato per puro caso. Avrei potuto essere un altro in un diverso luogo,
oppure non vivere mai. Ora sono qui, ancora per un tempo limitato, e dopo? Dopo
l’anatra non lo sa, e neppure l’albero, e non se lo chiedono. Io sì.
Ti ho incontrata per caso o per destino, e
che differenza fa il saperlo, ora che tu hai finito il tuo tempo visibile, o
finito il tuo tempo e basta?
Un fastidio passeggero ad un occhio mi
richiama alla condizione assurda di sentirmi superiore alla materia e allo
stesso tempo di ritrovarmi suo schiavo.
Superato il fastidio il pensiero vola, più in
alto di quanto potranno mai arrivare le anatre, e tu manchi sempre.
Per quanto mi alzi, pur senza aver mai avuto
il coraggio di volare, non ti trovo se non in basso, dove so camminare, e
vicinissima, dentro di me.
Lascerei volentieri la consapevolezza se
potessi trovare la pace del momento senza tempo, la dimenticanza incolpevole,
la leggerezza di essere natura ma di non averne alcuna responsabilità.
Oltre mi perderei, e già così mi è difficile
mantenermi sano di mente (ammesso che per me una tale definizione abbia senso e
non sia ridicola).
Dovrei avere un ruolo definito, eseguire
ordini precisi dettati dalla mia posizione gerarchica, accettare sia il
sacrificio sia il successo come eguali estremi di un percorso neutrale ed
indifferente alla mia individualità.
Solo che non ragiono come una piccola ape
operaia o una mastodontica matriarca. Mi creo fantasie molto diverse dalle loro, o
almeno così mi illudo.
E mentre le anatre vanno in volo con una meta
precisa io non so dove andare. Cammino molto ma avverto che non ha alcun senso
farlo se non quello limitatissimo del camminare stesso, cioè del movimento. Camminando
penso, ma cosa mi impedirebbe di pensare anche da fermo? Camminando mi vengono pensieri
di tipo diverso? Forse è così, e questo dovrebbe bastare.
Camminando mi illudo di avvicinarmi a te,
alla fine. E chissà che questo non sia il vero scopo.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.