venerdì 2 settembre 2011

Una madre



Conosco Ada quando mi trasferisco nel nuovo appartamento. Lei abita col marito e la figlia al primo piano, noi invece stiamo al quarto. All’inizio sono vicini come tanti altri, senza contatti diretti, neppure per rumori che potrebbero infastidirci reciprocamente. Io vedo Anna, la figlia, e penso che potrebbe essere una possibile amica per Giuseppe, mio figlio, ma nella nuova casa ci sono molti e grossi problemi, e non ho tanto desiderio di lasciarmi andare e rilassarmi cercando nuovi contatti. Loro sembrano una coppia normale, una coppia come tante. Poi la bambina inizia ad avere comportamenti strani. La vedo camminare con difficoltà, non essere in grado di raccogliere una palla, sino a non riuscire a stare in piedi. Poi va in giro su un passeggino, anche se ormai troppo grande per usarlo.
Anna ha una malattia rara, degenerativa, inarrestabile. La coppia inizia a litigare, li sento passando accanto alla loro porta mentre salgo le scale, o addirittura dall’atrio. Il tempo scorre lento. l due genitori smettono di andare in giro assieme, la bambina non esce più di casa. I mesi si fanno pesantissimi, sino ad arrivare alla tragica conclusione: Anna muore. Il funerale è straziante, perché quando muore un bambino, un figlio, non si sa più nulla, tutto cessa. Da questo momento la situazione della coppia prende una svolta accelerata, inconcepibile per un osservatore esterno. L’appartamento viene messo in affitto, loro si separano e Ada, una maschera di dolore, distrutta, viene praticamente lasciata fuori dall’appartamento senza aver neppure modo di recuperare i suoi abiti in un armadio. Lei si aggrappa all’unica cosa che le rimane, il suo lavoro. Lui si trasferisce nel capoluogo, si rifà una vita, chiude con l’esperienza precedente, dimentica Anna, e soprattutto Ada. Trova una compagna più giovane, ha un figlio. Lo incontro, tranquillo, pochi anni dopo, per caso, in giro, e poi non lo vedo più. Lei invece resiste, anche se trasformata per anni in un’ombra, col viso che racconta la sua tragedia. La vedo ogni tanto, perché abita in una zona più lontana. Non trovo vitalità nei suoi occhi, sino ad ora. Oggi l’incontro per caso, ed è diversa, mostra un viso più tranquillo, maturo, consapevole e calmo. Parla nuovamente di futuro, delle difficoltà che tutti viviamo. Spazza via cattiveria ed egoismo. Li conosce, certo, ma vuole vivere.

                                                                                             Silvano C.©

( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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