Cosa si immagina prima di
entrare nel nulla, prima di attraversare quella porta metaforica che alcuni
chiamano morte? Si ha paura, si crede di trovare una forma diversa di esistenza,
o si ha invece la certezza di sparire nel nulla? Immagino restino le mille cose
incompiute, le persone che resistono ancora tra i vivi, il desiderio di vedere
alcuni anni più avanti e di esserci comunque in qualche modo, perché quando
arriva il momento è sempre prematuro.
Tu cos’hai immaginato, temuto,
sperato? Ti vengo a cercare in modo costante dove non sei perché così mi fingo,
ed ho bisogno di credere, ma so che sei altrove. Il corpo fisico è dissolto, la
voce rimane solo nel ricordo, le immagini sono di un tempo non presente e fanno
male, gli odori, i suoni, la sensazione intera non ha più modo di realizzarsi.
A me resta orgoglio e
tristezza, e troppo altro. Potrei scriverti queste parole ogni giorno, più
volte al giorno, ogni volta uguali ed un po’ diverse. Non lo faccio perché continuo
a dirtele, ed anche perché tento di scrivere altrove, di trovarmi interessi che
mi distraggono, come scoprire una storia di cento anni fa o un punto di una
città che dovrei conoscere e che invece mi sfugge.
Oggi spaghetti con le vongole,
quelli bianchi, senza pomodoro. Oltre non dico, sai ogni cosa.
Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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