Ricordi come nei nostri brevi o
lunghi soggiorni all’estero non ci piaceva far capire immediatamente la nostra
provenienza. Amavamo mimetizzarci, nei limiti del possibile. Cercavamo di
evitare chi sentivamo parlare italiano. La nostra scelta era di libertà da ciò
che eravamo in Italia, non di rifiuto in assoluto della nostra nazionalità. Se vacanza
doveva essere, che lo fosse anche come distacco dal resto delle nostre
abitudini nazionali.
Quindi mai cercato un piatto
di spaghetti, o una pizza, o altri piatti irrinunciabili per molti italiani all’estero.
Cercavamo di arrivare, quando ce lo potevamo permettere, alla cucina locale, io
rischiando molto più di te. A volte ordinavo cose improbabili, solo perché il
loro nome mi attirava, in menù senza fotografie e, spesso, senza le traduzioni
in italiano. Ricordo i piccoli dizionarietti usati in quei casi e le mille
situazioni che si creavano quando arrivava l’imprevisto.
Era la Grecia la nazione più
amata per i nostri soggiorni al mare. Lontanissima da raggiungere in auto,
quando ancora esisteva la Jugoslavia, e il vino resinato, che trovavamo appena
superata la frontiera.
Sorridevi pure tu quando ordinavo
il caffè come lo facevano a Creta, o ad Atene o nella Calcidica. Se mi sfuggiva
“caffè turco” erano occhiatacce dei camerieri. Ed abbiamo pure comprato quel
piccolo pentolino per farlo da noi, il caffè alla greca. Da alcuni giorni l’ho
ritrovato, e bere quel liquido nero, non mescolato e con sospesi piccoli
granelli di caffè mi fa tornare indietro di decenni.
Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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