Inizio a capire, sto solo
iniziando a capire, e non sono neppure certo di capire veramente, ma in ogni
caso la differenza è minima. Che sia vero oppure no il risultato finale non
cambierà.
Ho cominciato a leggere tanti libri
che, per un qualsiasi motivo, ho abbandonato senza mai arrivare alla fine. In qualche
caso erano di autori stranieri tradotti da cani (cioè da traduttori incapaci di
scrivere in un italiano corretto). In altri casi erano libri difficili, densi
di riferimenti culturali e non solo, libri importanti ma sopra le mie capacità
di comprensione. Alcuni erano solo fastidiosi, oppure del tutto inutili, ed in
alcuni casi mi sono pentito di averli comprati. E poi ci sono loro, quelli che
forse mi hanno creato la reazione più spiacevole, quella del rifiuto perché non
accettavo le cose che vi stavano scritte.
Forse ogni libro, anche il più
stupido, raccontava una parte di me. Più o meno significativa. Dall’impegnata
alla futile, dalla morbosa alla curiosa, dall’infantile all’attenta alla
realtà.
Però, e a volte mi scattava la
rabbia, per quale cazzo di motivo un autore deve costringere i suoi
protagonisti a subire la realtà quando mentre scrive dovrebbe essere Dio, col potere,
solo con la sua fantasia e solo nelle sue pagine, di decidere cosa succede?
Alcune volte l’ho fatto al
cinema. Sono entrato nella sala, ho aspettato che la magia iniziasse quando si
spegnevano le luci e si accendeva lo schermo. Sono diventato uno di loro, sono
entrato nelle loro esistenze oppure sono stato di fianco a guardarli mentre
soffrivano o provavano gioia, mentre vivevano la rappresentazione della vita.
Poi, lentamente, ho capito che
non accettavo quello che vedevo, che ero stato ingannato dalla pubblicità o
dalle informazioni o anche solo dalle fotografie e dal titolo. Ed a quel punto
mi alzavo ed uscivo. Non mi interessava più vedere la fine della pellicola, e
dovevo dimostrarlo rifiutando di dare a quel regista, oltre ai miei soldi,
anche la mia attenzione e le mie emozioni.
Un paio di volte anche a
teatro. Una volta sono uscito da una piccola sala perché mi ero addormentato (segno
che ero molto stanco oppure che non mi interessava per nulla lo spettacolo) e
improvvisamente sul palco si è acceso un riflettore puntato sulla platea. Se lo
scopo era infastidire gli spettatori con me hanno avuto pieno successo.
Ma se la vita io posso
scriverla come ora, Viz, per quale motivo devo accettare la realtà reale che, per
dirla gentilmente, è di merda? Se la vita è un film, o un romanzo, voglio che
proceda come piace a me. Altrimenti esco dalla sala oppure butto il libro nella
spazzatura, o meglio, nel bidone della carta da riciclare.
Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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