Il terremodo a l’Aquila di 10
anni fa, quello dell’Emilia di quasi 9 anni fa, la tua partenza per l’ignoto ormai
quasi 28 mesi fa, altre perdite e tante crepe, le paure e le speranze di tante
persone che mi sono vicine e conosco… i terremoti dentro e fuori,
destabilizzanti, da affrontare con coraggio e col sorriso, perché solo i grandi
lo sanno fare, ed io non lo sono. Il mio viso è spesso scuro, e se sorrido è perché
a volte dimentico, oppure fingo. Ma ammetto che a volte sorrido senza fingere e
senza scordare, succede…
Ora non so dire se un lutto
sia assimilabile ad un terremoto o se il terremoto non solo porti lutti, ma sia
un lutto in sé. Pensavo che anche chi ripara come i meccanici, chi cura come i
medici, chi recupera come restauratori probabilmente sa che il lavoro svolto è
inutile, una battaglia di retroguardia per rallentare il tempo, mai per
fermarlo. L’auto riparata ieri domani sarà da demolire. Il paziente curato poco
tempo fa ormai non c’è più. La tela restaurata dopo l’alluvione tra qualche
secolo sparirà perché rubata o finita in un incendio o semplicemente consumata
dal tempo.
Accettare le assenze senza
permettere che lo diventino è la vera sfida. Una piccola vittoria in una guerra
nella quale perderemo, e dipende solo da noi se questo avverrà con l’onore
delle armi. E, sopra ogni cosa, mi piace pensare che un ateo ed anarchico
grande genovese abbia cantato: “che la pietà non vi rimanga in tasca”
Ciao,
Viz, a volte straparlo, oppure sono allegramente un diversamente instabile.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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